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L’ASCESA DI ZEUS – 4 – LA CHIAMATA DEL DESTINO

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Zeus, figlio di Crono e di Rea, Saturno, alla sua nascita era già in pericolo, perché il padre divorava i suoi figli maschi: Titano infatti, gli aveva ceduta la primogenitura a questa condizione. Essendo Zeus nato insieme con Hera, Rea li sottrasse alla crudeltà di Crono, presentandgli Hera ed un pietra fasciata, invece dì Zeus. Il masso fu da lui subito divorato. Rea poi consegnò Giove ai Curéti o Coribàntì, che eseguendo una certa danza ritmata, detta Battile, impedivano che giungessero agli orecchi del padre i vagiti del fanciullo. Lo portarono in Creta, ove fu allattato dalla Capra Amaltea.
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Zeus vs Cronus

Rea non poteva vedere, se non di rado il suo bambino, per timore che Crono la spiasse dal suo trono in alto; ma il fanciullo prosperava, adagiato in un ventaglio d’oro di buon auspicio, accudito dalle gentili ninfe, e nutrito del miele selvatico che esse raccoglievano per lui e del latte di una capra di montagna. Intorno a lui danzavano i feroci Cureti, guerrieri nati dalla Terra, che eseguivano le loro danze di guerra, facendo tintinnare e sbattendo le armi ogni volta che il bambino piangeva, per timore che Crono lo sentisse.

Così il bambino Zeus cresceva ogni giorno in bellezza e statura, né passò molto tempo prima che dimostrasse la sua divinità in modo meraviglioso. Per due anni la sua madre adottiva lo allattò: era bianca come la neve, con corna e zoccoli neri, la più bella della sua razza (o secondo altre versioni, la più brutta), e il suo nome era Amaltea. Poi, un giorno, mentre il giovane dio giocava con lei come al il suo solito, afferrò uno dei suoi corni ricurvi mentre lei fingeva di dargli un calcio, e lo spezzò di netto.

L’animale scoppiò in lacrime, volgendo sguardi pieni di rimprovero verso il suo figlio adottivo. Ma il piccolo dio corse da lei e le gettò le braccia intorno al collo ispido, chiedendole di permettergli di consolarla, perché lui avrebbe stesso avrebbe rimediato alla cosa; con ciò posò la mano destra sulla testa della capra, e subito un nuovo corno ne spuntò fuori, completamente cresciuto. 

Poi, il piccolo dio prese il corno che aveva spezzato e lo diede alle ninfe, dicendo: «Buone nutrici, in compenso delle vostre cure, Zeus vi dà il corno di Amaltea che sarà per voi un corno dell’abbondanza. Quanto a lei, quando entrerò nel mio regno, mi ricorderò della mia madre adottiva; non morirà, ma sarà trasformata in uno dei luminosi segni del Cielo». Così Zeus promise, e in seguito adempì alla sua parola, poiché fedeli e vere sono le promesse degli immortali. 

Ma quando le ninfe ebbero preso il Corno di Amaltea, ecco che lo trovarono colmo di ogni sorta di frutti succulenti, di finissima farina di frumento, e di burro dolce e di favi dorati di miele. Assaggiarono tutto, ridendo di gioia, e una di loro gridò: ‘Qui c’è una festa per gli déi, se solo ci fosse anche del vino!’ Non appena ebbe finito di parlare il Corno cominciò a traboccare proprio di vino rubino; poiché questa era la magia che era racchiusa in esso, che non si svuotava mai e dava ai suoi possessori qualsiasi cibo o bevanda desiderassero.

Il corno dell’abbondanza (cornucopia in latino) è un oggetto mitologico a forma di corno di capra o conchiglia di tritone usato talvolta anche da Pluto, dio greco della ricchezza e dell’abbondanza. È raffigurato il più delle volte carica di frutta, ma anche di latte, miele e altri cibi morbidi e dolci. La cornucopia la troviamo anche nelle rappresentazioni del dio gallico Cernunnos, detto anche il “dio cornuto”.

Quando Amaltea morì, fu posta da Zeus nel firmamento, nella costellazione della Capra, il gruppo di stelle che circondano Capella sul braccio (ôlenê) dell’Auriga. Il nome della stella Capella significa appunto ” capretto”, ma alcuni lettori moderni la confondono con il capro marino maschio dello Zodiaco, il Capricorno, che non ha invece alcuna relazione con Amaltea; nessun collegamento è presente in una qualche  fonte letteraria greca o latina, né esiste alcun rituale o iscrizione per possano indurre a identificare i due.

Quando Gea, cioè la Terra, vide che Zeus era giunto al culmine della sua potente giovinezza, gli mandò una delle figlie di Oceano di nome Metis, che, secondo l’interpretazione, significa “Saggezza” o “Giudizio. E Metis venne e si presentò davanti a lui sul monte Ideo e disse: “Ho una missione per te,  che sarai il re di tutte le cose”.

E Zeus disse: ‘È una missione assegnatami da  un nemico o da un amico? Chi ti ha mandato qui, e tu chi sei?’

E lei disse: “Metis è il mio nome, figlia di Oceano il vecchio, e l’ordine di assegnarti un incarico mi viene dalla Terra, la Madre di Tutto. Ti ordina di prendere quest’erba che porto con me e di andare direttamente da Crono nella sua casa d’oro, sulle alte vette; non dirgli chi sei o da dove vieni, ma fagli inghiottire quest’erba senza costringerlo, ma con persuasione: ciò farà male a lui e bene a te. Non indugiare, perché è vicina l’ora in cui Crono dovrà pagare l’intera misura per via dell’oltraggio che ha fatto a suo padre, come è stabilito”.

“Dimmi,” disse Zeus, “come sa la Terra che un’ora simile è vicina, e da chi viene ordinata la vendetta?”

Metis

Metis rispose: “Ci sono tre sorelle, figlie della Notte Primordiale, Vergini Grigie, più antiche del Tempo, che siedono per sempre nelle ombre del sottosuolo, tessendo fili di diversi colori dalle loro conocchia dorate; e i fili sono le vite degli déi e dei mortali e queste sorelle le intrecciano: tristi o luminose, così sono la sorti di ogni anima vivente, mortale o immortale; non c’è nessuno tra gli déi, né ci sarà mai, che possa sfuggire alla sorte che gli è stata assegnata, né provare a distogliere quelle filatrici dal loro compito. Non affrettandosi, non riposando e senza consapevolezza, ma senza pietà, le Tre Parche lavorano. Ma mentre fanno roteare i fusi, cantano la Canzone del domani, e la Terra, solo lei, comprende quella canto; quindi ella sa cosa sta succedendo a Crono.”

(Libera traduzione dall’inglese, con rielaborazione e adattamento da A Book of Giants, Henry Wysham Lanier, 1922, con aggiunte e integrazioni)

Nel prossimo episodio: – >
Zeus, figlio di Crono, fa inghiottire un’erba magica al padre il quale rigurgita i suoi fratelli e sorelle precedentemente divorati. Insieme, i giovani dei si ribellano al padre e lo sconfiggono. La guerra tra le due schiere di dei dura dieci anni e nessuna delle due parti riesce a prevalere. Prometeo, figlio di Giapeto e titano saggio, si schiera dalla parte di Zeus. Zeus libera i Centimani e i Ciclopi, creature mostruose ma potenti, dal Tartaro. Questi aiutano gli Olimpi nella guerra, donando loro armi formidabili. Con l’aiuto dei Centimani e dei Ciclopi, Zeus e gli Olimpi sconfiggono i Titani e li imprigionano nel Tartaro. Atlante, fratello di Prometeo, viene condannato a sorreggere il cielo sulle sue spalle. Zeus assume il controllo del cielo e della terra, mentre Ade e Poseidone ottengono rispettivamente il regno degli Inferi e il mare. Gea, madre dei Titani, non è soddisfatta della vittoria degli Olimpi e crea i Giganti per combatterli.

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