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TITO: CROCE E DELIZIA

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L'Oriente ora reclamava un imperatore e il 1° luglio del 69 i soldati impegnati nella guerra contro i Giudei in rivolta proclamano imperatore il loro comandante, Tito Flavio Vespasiano. Questi lasciò la conduzione della guerra al figlio Tito e giunse a Roma nel 70. Qui rovesciò e mise a morte Vitellio. Nel corso di questa lotta il Campidoglio fu incendiato. Lo restaurò, ricostruendo anche gran parte della città. Nella sua vita Vespasiano fu un uomo semplice, mettendo in ombra il lusso e la stravaganza dei nobili e provocando un netto miglioramento del tono generale della società. Rimosse dal Senato molti membri corrotti, sostituendoli con uomini capaci, tra cui Agricola. Nel 70 sedò una formidabile ribellione in Gallia; e suo figlio Tito tornò a Roma dopo aver preso Gerusalemme, la cui fu conquista nel 70, dopo un assedio di diversi mesi, provocò diversi orrori che furono descritti dallo storico ebreo Giuseppe Flavio che era presente ai fatti. La città fu distrutta e gli abitanti venduti come schiavi). Il Tempio di Giano fu chiuso e la pace prevalse durante il resto del suo regno. Furono spesi molti soldi per opere pubbliche e per abbellire la città. Fu costruito un nuovo Foro, un Tempio della Pace, bagni pubblici e fu iniziato il famoso Colosseo, il cui nome deriva dal Colosso, una statua di Nerone che si trovava nelle vicinanze. Nel complesso, Vespasiano fu attivo e prudente negli affari pubblici, frugale e virtuoso nella vita privata. Il decennio del suo regno fu segnato dalla pace e dalla prosperità generale. Uno degli uomini più abili di quest'epoca fu Agricola (37-93). Nato a Forum Julii, in Gallia, fu nominato governatore dell'Aquitania da Vespasiano nel 73. Quattro anni dopo fu console e l'anno successivo fu inviato in Britannia, che conquistò e governò con grande abilità e moderazione, aumentando la prosperità del popolo e facendo progredire la sua civiltà. Rimase in Gran Bretagna fino all'85, quando fu richiamato. La sua vita fu scritta dal genero, lo storico Tacito.
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Bello e un po’ panzone, poliedrico e immune al veleno

Busto di Tito

Busto di Tito

Tito fu imperatore dal 79-81 d.C. Comunemente chiamato con il praenomen, era figlio dell’imperatore Vespasiano e di sua moglie Flavia Domitilla. Nacque il 30 dicembre del 40 d.C., all’incirca nello stesso momento in cui veniva assassinato Caio Caligola, e venne alla luce in una casetta meschina e in una piccola camera, che erano ancora in piedi ai tempo di Svetonio. Fin dall’infanzia, manifestò una buona disposizione d’animo. Era di bell’aspetto e aveva un viso gradevole, ma il solito Svetonio (molto carino come al solito) ci fa notare che tendeva sempre a metter su una bella panza. (Sveton. Tito, 3) Tuttavia era uno sportivone e ed era molto esperto in quello che oggi chiameremo il CrossFit; inoltre imparava in fretta qualsiasi cosa, anche a livello intellettuale. Fu educato nella casa imperiale assieme a Britannico, il figlio di Claudio, nello stesso modo e con gli stessi istruttori. Si dice che fosse ospite alla tavola di Nerone, quando Britannico venne avvelenato, e che anche lui assaggiò la stessa coppa mortale…evidentemente aveva uno stomaco di ferro! In seguito fece erigere una statua tutta d’oro alla memoria di Britannico, nel Palazzo Imperiale. Tito era anche un abile musicista e un esperto stenografo, un’arte in cui i Romani eccellevano.

Imprese di gioventù

Denario di Tito Augusto
Denario di Tito Augusto

Da giovane prestò servizio come tribunus militum in Britannia e in Germania, con grande merito; in seguito si dedicò alla politica. La sua prima moglie fu Arricidia, figlia di Tertullo, un cavaliere romano, già praefectus praetorio; alla sua morte, sposò Marcia Furnilla, una donna di alto rango, dalla quale divorziò dopo aver avuto una figlia, che fu chiamata Giulia Sabina. Dopo essere stato questore, ebbe il comando di una legione e servì sotto il padre nelle guerre giudaiche. Prese le città di Tarichaea, Gamala e altri luoghi.

La provincia della Giudea nel I secolo d.C.
La provincia della Giudea nel I secolo d.C.

Quando Galba fu proclamato imperatore, nel 68 d.C., Tito fu inviato dal padre a portare i suoi omaggi al nuovo imperatore e probabilmente a chiedere la promozione a cui i suoi meriti gli davano diritto; ma saputo della morte di Galba a Corinto, tornò dal padre in Palestina, che già pensava al destino più alto a cui era chiamato.

Al seguito di papà

Tito riuscì a riconciliare Muciano, governatore della Siria, e suo padre, contribuendo così in modo determinante all’elevazione di Vespasiano che fu proclamato imperatore il 1° luglio del 69 d.C.  Tito lo accompagnò ad Alessandria d’Egitto. Poi Tornò in Palestina per portare avanti l’assedio di Gerusalemme, durante il quale dimostrò le doti di un generale con l’audacia di un soldato.

La presa di Gerusalemme

Questo assedio rimane uno dei più memorabili che si ricordino, e si concluse con la conquista della città, l’8 settembre del 70 d.C., e Tito ricevette dalle acclamazioni dei suoi soldati il titolo di Imperator. Il resoconto più completo dell’assedio e della presa di Gerusalemme è quello fornitoci da Giuseppe Flavio. Tito non tornò in Italia per otto mesi dopo la presa di Gerusalemme, durante i quali ebbe un colloquio con gli ambasciatori partici a Zeugma sull’Eufrate, visitò l’Egitto e assistette alla consacrazione del toro Apis a Menfi. Durante il viaggio verso l’Italia ebbe un colloquio con Apollonio di Tiana, che gli diede ottimi consigli per un giovane nella sua posizione elevata.

La distruzione del Tempio di Gerusalemme, Francesco Hayez
La distruzione del Tempio di Gerusalemme, Francesco Hayez

Masada

Tito sarà anche stato “la delizia del genere umano” come ci riferisce Svetonio, ma è stato anche la croce di alcuni altri, è proprio il caso di dirlo.

La copertina del Dvd della Miniserie Tv, Masada del 1981
La copertina del Dvd della Miniserie Tv, Masada del 1981

Il figlio di Vespasiano infatti, è responsabile di una delle azioni più sanguinarie e feroci di tutto la storia dell’Impero Romano: la presa e la distruzione del tempio e della città di Gerusalemme. Questo gesto – forse ancora di più che la distruzione di Cartagine, le guerre galliche o le persecuzioni contro i cristiani – basterebbe da solo a giustificare la luce sinistra che, al pari di quella radiosa, contribuisce all’immagine bifronte dei romani che abbiamo noi moderni: “creatori dell’Europa delle nazioni” da un lato, ma anche “nazisti dell’antichità” dall’altro.

Tra i capitoli del Libro nero di Roma, un posto di rilievo lo occupa senza dubbio la presa di Masada. Governare la Giudea, all’epoca, significava cacciarsi in un vero e proprio vespaio. Gli ebrei sono un popolo estremamente fiero, che sin dai tempi di Mosè e della loro schiavitù sotto gli Egizi, non ha mai minimamente tollerato di stare sotto il giogo della tirannide straniera: figuriamoci poi con padroni così  autoritari come i romani!. Tito ebbe l’incarico di concludere la prima guerra giudaica  scoppiata nel 66 d.C. sotto Nerone (i conflitti in questa provincia saranno tre in tutto; più altre due rivolte e una sollevazione contro L’Impero Romano d’Oriente).

I ribelli resistettero a Roma fino al 73 d.C., l’anno dell’ultimo atto, avvenuto nella fortezza in cima alla collina di Masada. Un esercito di 7.000 legionari assediò la cittadella per sei mesi, fino a quando gli abitanti della zona diedero fuoco alla roccaforte e si suicidarono in massa per non cadere in mano al nemico.

Copertina del romanzo, The Dovekeepers, ambientato durante l'assedio di Masada, con le due attrici che interpretano i ruoli delle protagonsite nella miniserie Tv
Copertina del romanzo, The Dovekeepers, ambientato durante l’assedio di Masada, con le due attrici che interpretano i ruoli delle protagoniste nella miniserie Tv

Ancora oggi a Masada sono visibili le opere di assedio utilizzate dall’esercito romano, tra cui un’enorme rampa costruita su un di lato per accedere alla fortezza. I Giudei sottomessi divennero schiavi dei romani e gli ebrei di tutto l’Impero furono tassati per pagare il nuovo Tempio di Giove innalzato a Roma.

La vicenda ci è nota grazie a Giuseppe Flavio, storico e apologeta ebreo-romano, discendente da un ceppo di importanti sacerdoti e re, che scrisse un’opera, La Guerra Giudaica,  che è per noi una fonte primaria per lo studio della rivolta ebraica contro Roma.

Nel 1981, venne realizzata una miniserie Tv di produzione statunitense, dal titolo appunto “Masada”, che si ispirava a questi fatti della prima guerra giudaica. La sceneggiatura si basava sul romanzo del 1971 The Antagonists di Ernest Gann, pubblicato in Italia nel 1983 col titolo Gli eroi di Masada. Nel cast, fra gli altri, Peter O’Toole nel ruolo di Lucio Flavio Silva (comandante delle legioni all’epoca dell’assedio, e nella miniserie chiamato erroneamente Cornelio Flavio Silva).

Nel 2015 venne prodotta un’altra miniserie, sempre statunitense, dal titolo The Dovekeepers – Il volo della colomba, questa volta tratta da un altro romanzo, intitolato anch’esso The Dovekeepers, scritto da Alice Hoffman, ambientato anche esso sempre a Masada al tempo della prima guerra giudaica.

Padre e figlio imperatori

Tito celebrò il trionfo a Roma con il padre. Ricevette anche il titolo di Cesare e divenne socio di Vespasiano nel governo. I due agirono insieme anche come censori. Tito assunse l’incarico di praefectus praetorio, che fino ad allora era stato svolto solo da equites romani.

Il ragazzo sembra uno scapestrato

La sua condotta in questo periodo non prometteva nulla di buono e il popolo lo considerava come un altro Nerone. Fu accusato di essere eccessivamente dedito ai piaceri della tavola, di assecondare le passioni sessuali in modo scandaloso e di mettere a morte persone sospette con poche cerimonie.

Invito a cena con delitto

Dopo aver invitato a cena A. Caecina, un console, ordinò di ucciderlo mentre usciva dalla stanza; ma questa decisione sembra essere stata dettata una misura di necessaria severità, perché Tito aveva le prove che Caecina era coinvolto in una congiura.

Berenice: una nuova Cleopatra?

Anche il suo attaccamento a Berenice lo rese impopolare. Berenice era la sorella del re Agrippa II e la figlia di Erode Agrippa, talvolta chiamato il Grande. Era stata sposata prima con Erode, re di Calcide, suo zio, e poi con Polemone, re di Cilicia. Tito probabilmente la conobbe quando si trovava in Giudea e, dopo la presa di Gerusalemme, lei lo seguì a Roma con il fratello Agrippa ed entrambi alloggiarono nella residenza dell’imperatore. Si diceva che Tito avesse promesso di sposare Berenice, ma poiché questa possibile unione suscitava il malcontento dei Romani, la mandò via da Roma dopo essere diventato imperatore, come dice Svetonio, mentre secondo Cassio Dione lo fece mentre il padre era ancora in vita. La storia scandalosa di Tito che avrebbe avvelenato il padre durante un banchetto (24 giugno 79 d.C.) non viene creduta nemmeno da Dione, che pure spesso dimostra di prestar fede ad ogni fatto negativo attribuito ad un personaggio.

Il mito di Tito e Berenice

Anne-Marie Duff in Berenice al Donmar Warehouse, Londra, 2012
Anne-Marie Duff in Berenice al Donmar Warehouse, Londra, 2012

Nel 1670, in Francia, andarono in scena due opere teatrali dei due massimi autori dell’epoca, l’anziano Pierre Corneille e l’astro nascente Jean Racine, Le due opere si basavano sullo stesso soggetto: l’amore impossibile fra l’imperatore romano Tito e Berenice, reso sinteticamente dallo storico Svetonio in una semplice frase: “Tito, che amava appassionatamente Berenice, e che, si diceva, aveva anche promesso di sposarla, la espulse da Roma, suo malgrado, fin dai primi giorni del suo impero». La semplicità di questo tema è ciò che più ha attratto Racine: Tito condanna l’amore che prova per Berenice in nome di Roma e di una ideale lealtà e senso del dovere. Otto giorni dopo la prima di Berenice, la compagnia di Molière presenta Tito e Berenice del grande rivale di Racine, Corneille. L’opera di Corneille era al contrario una commedia eroica, in cui l’epilogo annullava il dilemma tra dovere e amore, introducendo la volontà come elemento decisivo. L’amore possibile (sebbene rifiutato dalla volontà) di “Tito e Berenice” diventava invece un amore impossibile in “Berenice” di Racine. Berenice comprende che l’amore fra lei e l’imperatore può continuare solo se i due amanti non si vedranno più e decide dunque per l’eroica risoluzione della loro separazione.

Un fratello invidioso…

L’anno 79 d.C. fu il primo anno di governo esclusivo diTito, la cui condotta fu una piacevole sorpresa per coloro che avevano temuto un ritorno dei tempi di Nerone. Si dice che suo fratello Domiziano fosse scontento del fatto che Tito fosse l’unico imperatore e che avesse in mente di sobillare i soldati; ma sebbene non abbia fatto alcun tentativo deciso di impadronirsi del potere supremo, è stato accusato di aver sempre avuto progetti contro suo fratello. Invece di punirlo, Tito si sforzò di conquistare l’affetto di Domiziano e lo esortò a non cercare di ottenere con mezzi criminali quel potere che un giorno avrebbe avuto in modo legittimo.

L’imperatore buono

Durante tutto il suo regno Tito mostrò il sincero desiderio di rendere felice il popolo e fece tutto il possibile per alleviane le pene nei momenti di difficoltà. Ecco perché fu detto “Amore e delizia del genere umano” («Amor ac deliciae generis humani.»). Si racconta che una sera, ricordandosi di non aver dato nulla a nessuno durante la giornata, disse: “Amici miei, oggi ho perso un giorno” (“Amici, diem perdidi)”. Assunse la carica di Pontefice Massimo dopo la morte del padre e con lo scopo, come dichiarò, di tenersi le mani libere dal sangue; proposito che mantenne. Due patrizi, condannati dal Senato per una congiura contro di lui, furono graziati e trattati con gentilezza e fiducia. Bloccò tutti i processi per il reato di laesa majestas, che fin dai tempi di Tiberio era stato fonte di false accuse, e punì severamente tutti gli informatori. Allontanò inoltre da sé molti giovani, le cui frequentazioni avevano danneggiato la sua immagine, e si associò solo a persone di buona reputazione.

L’eruzione del Vesuvio

Euzione del Vesuvio del 79 d.C., dipinto di John Martin
Euzione del Vesuvio del 79 d.C., dipinto di John Martin

Alla fine di quest’anno Tito fece riparare uno degli acquedotti romani e assunse il titolo di Imperator in occasione dei successi di Agricola in Britannia. Quest’anno rimase tuttavia memorabile per altri motivi: la grande eruzione del Vesuvio, che distrusse gran parte dei paesi adiacenti e seppellì di lava e cenere le città di Ercolano e Pompei. Plinio il vecchio perse la vita in questa terribile catastrofe; si dice che il poeta Cesio Basso morì nell’incendio nella sua casa, ricoperta dalla lava, e che Agrippa, figlio di Claudio Felice, un tempo governatore della Giudea, sia anche lui morto con la moglie. Dione Cassio (66.21, &c.) ha descritto gli orrori causati da questa terribile calamità; abbiamo anche il resoconto del disastro in una lettera indirizzata a Tacito dal Plinio il giovane.

Tito si adoperò per riparare le devastazioni di questa grande eruzione: inviò due consoli con del denaro per restaurare le città distrutte e destinò a questo scopo anche i beni di coloro che erano periti senza aver lasciato parenti prossimi. Si recò anche di persona a vedere le devastazioni causate dall’eruzione e dai terremoti. Durante la sua assenza un incendio divampò a Roma per tre giorni e tre notti, nell’80: distrusse il Campidoglio, la biblioteca di Augusto, il teatro di Pompeo e altri edifici pubblici, oltre a molte case. L’imperatore dichiarò di considerare tutte le perdite come proprie e si mise all’opera per ripararle con grande impegno: prese anche le decorazioni delle residenze imperiali e le vendette per raccogliere fondi. L’eruzione del Vesuvio fu seguita da una terribile pestilenza, che richiese nuovi sforzi da parte del benevolo imperatore.

Grandi monumenti

In questo anno completò il grande anfiteatro, chiamato Colosseo, che era stato iniziato da suo padre, così come le terme, chiamate appunto terme di Tito. L’inaugurazione di questi due edifici fu celebrata con spettacoli che durarono cento giorni, con una battaglia navale nell’antica naumachia e con combattimenti di gladiatori: si dice che in un solo giorno furono esibiti cinquemila animali selvatici, un numero che possiamo ragionevolmente sospettare sia esagerato. Fece restaura anche diversi altri acquedotti e pavimentò la strada da Roma a Rimini (Ariminum).

L'Arco di Tito a Roma
L’Arco di Tito a Roma

L’Arco di Tito è un arco trionfale onorifico del I secolo situato sulla Via Sacra, a sud-est del Foro Romano. Fu costruito intorno all’82 dall’imperatore Domiziano poco dopo la morte del fratello maggiore e imperatore Tito, per commemorare le sue vittorie militari, in particolare la presa di Gerusalemme dopo la prima guerra giudaico-romana (70). Questo arco, è sopravvissuto ed è in gran parte intatto, è servito da modello per diversi archi di trionfo costruiti dopo il XVI secolo, tra cui l’Arco di Trionfo a Parigi.

La Clemenza di Tito

Joyce DiDonato (Sesto) e Matthew Polenzani (Tito) in una produzione della Clemenza di Tito di Mozart al Metropolitan di New York
Joyce DiDonato (Sesto) e Matthew Polenzani (Tito) in una produzione della Clemenza di Tito di Mozart al Metropolitan di New York

La proverbiale bontà d’animo dell’imperatore Tito, divenne addirittura leggendaria nei secoli, tanto che nel 1734, il prolifico autore di melodrammi Pietro Mestasio, scrisse un libretto d’opera intitolato appunto La Clemenza di Tito, che fu in seguito messo in musica da una quarantina di compositori, il più famoso dei quali (oltre a Gluck) è Wolfgang Amadeus Mozart, nel 1791. La sua versione è anche l’unica ad essere ancora registrata in studio, oltre che rappresentata in tutti i teatri del mondo.

Per comporre questo libretto, Metastasio si basò su diverse fonti storiche per la trama: il LXVI° libro della Storia romana di Cassio Dione, che ci è giunto come estratto grazie a Giovanni Xifilino, un monaco dell’XI secolo; la biografia di Tito contenuta nel De vita Caesarum di Svetonio, i capitoli nove e dieci del Liber de Caesaribus di Aurelio Vittore, e l’undicesimo libro degli Annali di Giovanni Zonara. 

Nell’opera, l’imperatore di Roma Tito, innamorato di Berenice, viene preso di mira da un complotto ordito dall’ambiziosa Vitellia, che vuole sposarlo. Per raggiungere i suoi scopi, la donna usa l’amore che per lei nutre Sesto, un caro amico di Tito. Benevolo e pervaso da un profondo di giustizia, l’imperatore alla fine perdonerà tutti quanti i cospiratori.

Metastasio ebbe presenti anche alcuni modelli letterari: Il tema della generosità del principe si trova già nell’opera Cinna di Pierre Corneille del 1640, che presenta una trama in alcuni punti simile, e la storia della relazione di Tito con Berenice è trattata anche in due drammi francesi pubblicati nel 1670 di cui abbiamo già parlato: Bérénice di Jean Racine e Tite et Bérénice di Pierre Corneille. Il rapporto di Vitellia con Tito e Sesto è parallelo a quello di Ermione con Pirro e Oreste nella tragedia Andromaque di Racine del 1667.

Questo dramma, nonostante la fortuna che lo accompagnò per tutto il Settecento è considerato fra i meno riusciti di Metastasio. Mario Ferrigni, giornalista, critico d’arte e drammaturgo, scrisse a proposito di questo lavoro che «la comicità involontaria delle situazioni e il capriccio dei sentimenti superano in quest’opera la virtuosità metrica del poeta». Si è anche osservato che in tutto il testo, il personaggio di Tito sembri far sfoggio più di un’imbarazzante e inverosimile ingenuità, piuttosto che di un autentico senso di giustizia e clemenza, tanto che qualcuno ha malignamente proposto come titolo alternativo “La scemenza di Tito”.

Morte di Tito

Gérard Depardieu e Carol Bouquet in una celebre pellicola tratta dalla Bérénice di Racine
Gérard Depardieu e Carol Bouquet in una celebre pellicola tratta dalla Bérénice di Racine

Nell’anno 81 d.C. Agricola era impegnato ad assicurarsi le conquiste in Scozia a sud del Clyde e del Forth. Dopo aver presieduto ad alcuni giochi, al termine dei quali si dice che abbia pianto amaramente, anche se le fonti non ci dicono quale fosse la causa del suo dolore, Tito partì per il paese dei Sabini , col morale a terra, a causa di alcuni cattivi presagi.

Fermatosi alla prima stazione di riposo fu colto da febbre; venne quindi trasportato nella stessa villa in cui era morto il padre, e lì vi terminò la sua esistenza il 13 settembre, dopo un regno di due anni, due mesi e venti giorni. Era nel quarantunesimo anno di età. Si sospettava che fosse stato avvelenato da Domiziano. Plutarco dice che la sua salute fu minata dall’uso frequente dei bagni nelle terme.

Si racconta che Domiziano arrivò prima quando Tito era ancora vivo e ordinò a chi lo circondava che il moribondo venisse abbandonato a sè stesso ; secondo un’altra versione, ordinò invece che venisse immerso in una vasca piena di neve, con il pretesto di raffreddare la febbre.

Prima di morire, Tito si rammaricò di finire la sua vita così presto e disse di non aver mai fatto nulla di cui dovesse pentirsi, tranne una sola cosa. Nessuno sapeva di cosa si trattasse, ma vi sono state varie congetture. Forse la difficoltà può essere meglio risolta supponendo che quelle parole egli non le abbia mai davvero pronunciate oppure che fossero solo farneticazioni dovute delirio della febbre. A Tito successe il fratello Domiziano. Sua figlia Giulia Sabina fu data in sposa a Flavio Sabino, suo cugino, figlio dell’omonimo Flavio Sabino, fratello di Vespasiano.

Si dice che Tito abbia scritto poemi e tragedie greche, conoscendo molto bene questa lingua. Scrisse anche molte lettere a nome del padre mentre questi era imperatore e redasse degli edicta. (Svetonio, Tito Flavio Vespasiano; Tacito, Hist.; Dio Cassio, lxvi.; Tillemont, Histoire des Empereurs, vol. ii).

(Libera traduzione da “A Dictionary of Greek and Roman biography and mythology” di John Murray, 1873)

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Pompei (in latino Pompeji) era una delle tre città dell'antica Roma nel Golfo di Napoli nella provincia imperiale d'Italia (oggi la regione Campania), che fu distrutta il 24 agosto 79 da un'eruzione del vulcano Vesuvio. Insieme a Pompei furono distrutte anche le città di Ercolano e Stabia. La cenere vulcanica che ricopriva le città ha conservato perfettamente gli edifici e gli oggetti e ha permesso così di conoscere l'aspetto di una città di medie dimensioni dell'Antica Roma e la vita dei suoi abitanti. Pompei, la cui storia risale al IX secolo aC, terminò quindi la sua esistenza nell'anno 79 dC. quando a causa dell'eruzione fu ricoperta da uno strato alto 6 metri di cenere e ciottoli lavici. La sua riscoperta e gli scavi archeologici di Pompei, iniziati nel 1748, hanno dato origine a un sito archeologico che nel 1997 è entrato a far parte dell'elenco del Patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO, e che è il secondo monumento italiano più visitato dopo il sistema il Colosseo, il Foro Romano e il Palatino.

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