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TULLIO OSTILIO, IL RE RAMBO

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Abbiamo appreso la storia di Numa Pompilio, il leggendario secondo re di Roma, successore di Romolo. Egli organizza la nuova città dandole delle leggi. Profondamente religioso, costruì il tempio di Giano Bifronte le cui porte erano chiuse in tempo di pace e aperte in tempo di guerra e quello di Vesta dove era custodito il sacro fuoco della città sotto la protezione delle vestali. Organizza il culto degli dèi nazionali, creando collegi di sacerdoti, con i Flamini, il Pontefice Massimo e i Salii e fissando il numero e la data delle feste. Crea il calendario romano con dodici mesi lunari. Per i romani il suo regno appare come un’età dell’oro

Tullo Ostilio (a. 672-640) Anno 82 dalla Fondazione di Roma

Combattimento tra Orazi e Curiazi (1798), olio su tela, Jean Harriet Fulchran (1776–1805), École nationale supérieure des beaux-arts, Parigi. Wikimedia Commons.

Alla morte di Numa, il Senato fu di nuovo incaricato di governare fino a che il popolo non scelse per Re Tullo Ostilio; il Governo approvò tale scelta. Questo Monarca nipote di un nobile romano che si era da principio segnalato contro i Sabini, era d’origine latina e d’indole guerriera al pari di Romolo e presto cercò dei pretesti per condurre le sue truppe al combattimento. Fra Roma, nuova città in ascesa, ed Albalonga, la città antica, era nata una rivalità che sfociò in una guerra aperta. Gli Albani condotti da Caio Cluilio s’accamparono a cinque miglia da Roma; ma il loro comandante morì improvvisamente.

L’antefatto

Gli Albani, i nostri vecchi amici di Alba Longa, erano i dirimpettai più vicini ai romani, e di conseguenza i più opportunamente situati, per le esigenze belliche del nuovo re. La tradizione racconta che in un’occasione alcuni contadini albani, essendo stati attaccati e spogliati dai Romani, che gli avevano fregato perfino i vestiti, cercarono riparazione nelle mani dei loro governanti. Nel corso del tentativo di risolvere la controversia tra Alba e Roma, ognuna delle parti inviò degli ambasciatori, che si incrociarono sulla strada, come se i due stati fossero decisi a restare in conflitto in ogni caso. Ma gli inviati albani venivano ingannati da ogni proposito di risoluzione, con inviti a banchetti e feste, così che ogni volta che tentavano di chiedere spiegazioni, le loro bocche venivano riempite con una cena o del vino, tutti ricevimenti dati in loro onore ovviamente. Quindi sono tre le cose: gli ambasciatori Albani o erano dei veri e propri fessi, o erano dei gran mangioni e ubriaconi oppure, cosa più probabile, erano gente che si faceva facilmente corrompere. Ai delegati romani invece non era permesso accettare inviti a banchettare da parte del nemico e neppure doni, i quali, se ricevuti, dovevano andare allo stato. I Romani erano anche poco elastici anche quando si trattava di riscuotere un debito: infatti i loro ambasciatori avevano ricevuto l’ordine perentorio di esigere dagli Albani il pagamento immediato di un loro conto di vecchia data. Le parti non riuscivano a capirsi, o meglio, si capivano fin troppo bene, perché la guerra era l’obiettivo di entrambi, anche se a nessuno dei due piaceva la responsabilità di doverla scatenare per primo. Gli Albani, tuttavia, si prepararono a marciare su Roma, e si accamparono entro i confini di un fosso, nel quale il loro re, Cluilio, una notte cadde, molto misteriosamente, e morì, il che li portò a dare al fosso il nome di fossa Cluilia.

Gli Orazi e i Curiazi: duello al sole

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Locandina del film gli Orazi e i Curiazi (Duel of Champions) del 1961, con Alan Ladd 

Le due armate stettero per qualche momento disposte in ordine di battaglia, aspettando il segnale; e alla fine, impazienti, cominciarono a protestare e ad accusare di lentezza i loro capi. Mezio Fufezio (la smettete di ridere? È il suo nome, che posso farci?) di Alba, subentrato come generale alla morte di Caio Cluilio, propose allora di evitare i lutti della guerra con un’idea che sembrava ispirata da un film western di John Ford o Sergio Leone:  affidare le sorti del conflitto ad un duello fra un numero limitato di guerrieri eletti dall’una e dall’altra città; aggiungendo che il popolo, i cui campioni fossero stati battuti, si sarebbe sottomesso al vincitore. La proposta fu accettata dai suoi sudditi con tanta gioia, che ognuno sperava di essere scelto per difendere la causa della propria patria.

In entrambi gli eserciti, militavano in ciascuna armata tre fratelli, nati da un parto di madri gemelle: quelli dell’esercito Albano. John Wayne, Clint Eastwood, Bruce Willis da una parte e Sylvester Stallone, Arnold Schwarzenegger e Jason Statham dall’altra….no, non era così, erano detti Curiazi quelli di parte albana, mentre quelli di parte romana erano chiamati Orazi. Tutti questi ragazzi si distinguevano per il coraggio e la forza, e si decise di affidare proprio ad essi la sorte del combattimento.

Dagli eserciti schieratisi uno di fronte all’altro, si fecero dunque avanti i trigemini dell’una e dell’altra parte, per dare inizio alla disfida che ricorda quella più tarda a Barletta, del prode Ettore Fieramosca. I campioni vengono quindi alle armi; presi dalla furia del combattimento non prestano troppa attenzione a difendersi, poiché ciascuno di loro non pensa ad altro che a vincere il suo avversario.

Gli spettatori rimangono sorpresi dall’orrore e tremano al vibrare di ciascun colpo, quasi desiderando anche loro di aver parte nel pericolo della lotta. Si attendeva in silenzio che la sorte mostrasse a chi avesse deciso di onorare con la gloria del combattimento. L’esito della battaglia rimase incerto per lungo tempo, ma poi la fortuna sembrò essere chiaramente avversa ai Romani: infatti due dei loro campioni giacevano a terra senza vita, e i tre Curiazi, che erano feriti, incalzavano il terzo che era in fuga; i loro sforzi erano tuttavia fiacchi e i loro movimenti lenti per via della stanchezza. L’Orazio superstite, ancora incolume, pareva chiedere grazia mentre scappava dal nemico.

Tuttavia, ci si avvide ben presto che la sua fuga non era che una finta; egli era infatti consapevole di essere troppo debole per sostenere l’impeto di tutti tre gli avversari in una volta sola, quindi, usando insieme astuzia e valore, il suo scopo era di separarli.

Ecco che infatti all’improvviso egli si arresta e si scaglia contro il primo che gli era più vicino, lasciandolo esangue ai suoi piedi. Il secondo che veniva a soccorrere il compagno, va incontro a medesima sorte. Non restava ora che combattere se non con l’ultimo dei Curiazi, il quale ormai stanco e spossato per le sue ferite, costituiva per il romano una facile vittoria.

Fu infatti ucciso da questi quasi senza opporre resistenza: le grida del vincitore mentre mostrava la sua vittima, manifestarono ai Romani la loro superiorità.

La vittoria fu per Roma; disperati gli Albani, esultanti i Romani, tutti tornano alle loro case. L’armata d’Alba quindi sottomise. Orazio vincitore è accolto fra il giubilo dai cittadini.

Battaglia di Tullo Ostilio contro Veienti – Giuseppe Cesari, 1596-1597 circa

Ma quella stessa mano che la mattina aveva salvato la sua patria, la sera fu macchiata col sangue di una sorella. Tornando in trionfo dal campo di battaglia, Orazio vide, fra tanta festa e senza ritegno, sua sorella piangere lagrime per la perdita del suo amato, cioè uno dei Curiazi, al quale la fanciulla era stata promessa in matrimonio. Preso dal furore che gli turbava la gioia del trionfo, Orazio, con impeto, vibrò la spada uccidendo la sorella; quindi gridò: «Muoia così, la donna romana che piange per il nemico caduto!»

Per questo delitto, aggravato dai legami di sangue, i giudici delegati dal re sentenziarono Orazio esser reo di pena capitale. Ma Tullo Ostilio acconsentì che dalla sentenza di quel tribunale il cittadino si appellasse al popolo; ed il popolo memore della recente vittoria e delle suppliche del padre degli Orazi, affinché non venisse privato dell’ultimo e così valoroso suo figlio, assolse il giovane, imponendogli di espiare il delitto con sacrifici agli Dei e col passaggio sotto il giogo. Tutto sommato se la cavò con poco.

Dalla concessione fatta dal re Tullio si fa derivare l’origine del diritto dei cittadini romani di appellarsi al popolo per le sentenze capitali.

Fine di Albalonga e morte di Ostilio

Orazio uccide la sorella, Louis-Jean-François Lagrenée, 1754

Per la vittoria di Orazio, Alba, secondo le condizioni pattuite, essendo sottomessa a Roma, dovette a questa mandare in suo soccorso dei soldati nella guerra contro i Veienti e i Fidenati. Ma Mezio Fufezio, covando progetti di ribellione, sarebbe passato coi suoi dalla parte del nemico, se la vittoria dei Romani non avesse mandato a vuoto il suo progetto.

Mezio è infatti un personaggio ambiguo e traditore. Fingendosi un alleato (socius), preparò invece il suo tradimento. Era stato lui stesso segretamente, a spingere Veienti e Fidenati a prendere le armi contro Roma.

Quando scoppiò la guerra, si unì ai Romani sul campo di battaglia; fu posto sull’ala destra, proprio di fronte ai Fidenati. Ma invece di combattere, si ritirò con la sua gente su una collina, aspettando il turno della battaglia, con l’idea poi di unirsi ai vincitori. I Romani, messi in difficoltà da questa defezione poco virile e gloriosa, ristabiliscono la situazione grazie alla presenza di spirito del loro re e con l’aiuto degli déi ai quali avevano rivolto preghiere e sacrifici. Quando la vittoria romana è ormai certa, Mezio Fufezio, che spera – erroneamente – che la sua manovra non sia stata scoperta da Tullio Ostilio, torna giù nella pianura e comincia a inseguire i Fidenati. Quando si ricongiunge al re, quest’ultimo lo accoglie benevolmente.

Il giorno dopo, i due eserciti si riuniscono per la cerimonia di purificazione. Gli albani, senza armi, occupano la prima fila; i romani, che hanno conservato le loro armi, li circondano. Tullio prende la parola e accusa Mezio di tradimento e lo fa arrestare dai centurioni. Tullio dichiara poi a Mezio: “Come negli ultimi tempi hai diviso la tua anima tra gli interessi dei Fidenati e dei romani, così oggi è il tuo corpo che sarà tagliato in due e disperso in brandelli.” Fece legare gli arti di Mezio a due quadrighe rivolte in direzioni opposte; i cavalli furono lanciati nella corsa e il corpo di Mezio fu smebrato.

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Jennifer Jason Leigh nella scena del film The Hitcher che ricorda il supplizio di Mezio Fufezio.

Questo episodio mi ricorda un film del 1986, The Hitcher – La lunga strada della paura (The Hitcher) diretto da Robert Harmon con Rutger Hauer, C. Thomas Howell e Jennifer Jason Leigh. La pellicola narra di un incauto ragazzo che prende un autostoppista (Rutger Hauer) sulla strada, per scoprire poi che è un assassino psicopatico con cui ingaggia una caccia all’uomo. Succedono varie cose, e a un certo punto il maniaco sequestra una ragazza, interpretata da Jennifer Jason Leigh legandola per le gambe ad furgone acceso e per le braccia una parete, minacciando poi di smembrarla rilasciando la frizione del veicolo. Il tentativo di salvataggio della giovane donna fallisce, e la ragazza fa la stessa fine di Fufezio.

La tortura di Mezio venne raccontata da Ennio (Annali, 138 e oltre). Virgilio (Eneide, VIII, 642-645) che ne fa una delle rappresentazioni che decorano lo scudo di Enea. Tito Livio condanna la crudeltà della vendetta di Tullio, che considera non conforme alle leggi dell’umanità.

Intanto, la presenza a Roma di Orazio, il vincitore della famosa disfida, il quale aveva poi ucciso la sorella, era ancora oggetto d’orrore per tutte le famiglie, quindi Tullo, per allontanarlo, lo incaricò di compiere la vittoria riportata sugli Albani  inviandolo con l’esercito a distruggere completamente – risparmiando solo i templi – la loro città, Alba, l’antica metropoli del Lazio, la cui popolazione fu trasferita a Roma, stanziandosi sul colle Celio ; il re concesse loro comunque il diritto di cittadinanza e ammise le loro grandi famiglie nobili in Senato; le altre città latine riconobbero quindi l’egemonia di Roma.

Tullo Ostilio condusse con esito felice una guerra anche contro i Sabini e contro gli Etruschi. Fu questo re, secondo la tradizione, ad erigere la prima sede del Senato romano, la Curia Hostilia.

Secondo Livio, Tullio prestò poca attenzione alle osservanze religiose durante il suo regno, ritenendole indegne dell’attenzione di un re e ciò fu la causa della sua rovina.

Verso la fine del suo regno, Roma fu colpita da una serie di presagi sinistri tra cui una pioggia di pietre sul Monte Albano (in ricordo della quale si tenne una festa religiosa pubblica di nove giorni – un novendialis), si udì una forte voce sulla sommità del monte lamentarsi che gli Albani non avevano mostrato devozione ai loro antichi dei, e una pestilenza colpì la città. Il re Tullio stesso si ammalò e infine, la superstizione prese anche lui.

Consultò i commentari di Numa Pompilio e tentò di compiere i sacrifici da lui raccomandati. Tuttavia le questioni religiose non erano proprio il punto forte di Tullio, perché non eseguì correttamente la cerimonia in onore Giove Elicio, e sia lui che la sua casa furono colpiti da un fulmine e ridotti in cenere a causa dell’ira di Giove.

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Robert Keith interpreta il ruolo di Tullio Ostilio nel film del 1961 Gli Orazi e i Curiazi (Duel of Champions)

Ci sono due versioni riguardanti la morte di Tullo Ostilio e della sua famiglia, la prima appunto consiste nel mito che la sua casa sia stata colpita da un fulmine, addirittura rasa al suolo, e tutti quelli che vi abitavano siano stati uccisi. La seconda racconta che Anco Marzio e alcuni dei suoi seguaci andarono a casa di Tullo Ostilio con l’intento di uccidere l’intera sua famiglia per assicurarsi che non ci fosse alcun erede al trono. In qualche modo nascosero le loro spade sotto le loro vesti e, una volta entrati in casa, massacrarono Tullio, tutta la sua famiglia e i servi, quindi rasero al suolo la sua casa.

Tullio aveva regnato per 32 anni. Alcuni studiosi ritengono che possa trattarsi di un personaggio storico reale.

 

il fiume della vita farmer

Tullio Ostilio è un personaggio del romanzo di Philip José Farmer Il fiume della vita (To Your Scattered Bodies Go), il primo della serie Riverworld, che ha vinto il premio Hugo nel 1972 come miglior romanzo. Dopo esser stato resuscitato, Tullio Ostilio collabora con Hermann Göring (sì, proprio il criminale di guerra nazista) per gestire uno stato schiavista. Non è l’unico caso in cui uno scrittore americano si diverte a resuscitare qualche mitico re o altro imperatore o personaggio dell’Antica Roma per gettarlo in mezzo a situazioni improbabili e a dir poco fuori contesto. Ne vedrete altri esempi!

 

Nel prossimo episodio – > :

Anco Martio è il leggendario quarto re di Roma. Succede a re Tullo Ostilio. Secondo i romani avrebbe regnato dal 639 al 616 a.C. Nipote del re Numa Pompilio, espande Roma dopo aver sconfitto i Latini che deporta sull’Aventino, poi occupa il Gianicolo, e lì fa scavare il fossato dei Quiriti per proteggere Roma. Ordina la costruzione del ponte Sublicio e crea il porto di Ostia

(Libero adattamento e riduzione da Storia romana: dalla fondazione di Roma alla caduta dell’Impero d’Occidente. Iginio Gentile, 1885, da Compendio della storia romana dalla fondazione di Roma fino alla caduta dell’impero romano in Occidente del dott. Goldsmith, 1801, e da The comic history of Rome di Beckett e Leech, 1850 con successive aggiunte, aggiornamenti e integrazioni)

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