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I FIGLI DI COSTANTINO (337-361)

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L'espansione del Cristianesimo nell'Impero Romano corrisponde al periodo della tarda antichità , che vede la nascita della Chiesa primitiva e per concludersi nel v secolo d.C. Secondo la successiva storiografia della Chiesa Cattolica (detta Romana), nella Chiesa primitiva l' apostolo Pietro è il primo Papa. Durante l' antichità , i cristiani furono più numerosi in Medio Oriente , in particolare nei territori ad est di Gerusalemme, che in Europa : le comunità erano dislocate in Anatolia , Mesopotamia , Persia , Asia centrale e perfino India , e questo , fino all'XI secolo . Nel Nord Africa esistevano comunità cristiane più o meno significative a seconda della regione fin dai tempi di Agostino di Ippona, che chiese ai suoi sacerdoti di imparare a parlare la lingua numida, e fino a Djorf Torba dove è stata trovata una stele rappresentante Mori Cristiani . In molte città romane erano furono istituite le prime chiese. Il Cristianesimo si diffuse tra le popolazioni delle campagne dell'Impero Romano , principalmente per opera dei monaci di tradizione eremitica (dal greco " monos ": solo), come Martino di Tours in Gallia , alla fine del IV sec . Altri eremiti itineranti permisero al cristianesimo di oltrepassare i confini dell'Impero stesso, come Patrizio d'Irlanda ( 389- 461 ) in Irlanda appunto , nel V secolo . Del resto Tertulliano scrive già nel II - III secolo, nella sua opera Adversus Judaeos “che ci sono luoghi (in Occidente), che non sono occupati dai Romani, ma che si sono convertiti a Cristo”. Origene ( III secolo) parla più volte nelle sue Omelie dei cristiani in Britannia . Agostino d'Ippona (354-430), interpretando la citazione di Cristo “esortateli ad entrare” ( Lc 14,23 ), giustifica il ricorso all'uso legale della violenza per forzare le conversioni al cristianesimo .
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La morte di Costantino, Rubens
La morte di Costantino, Rubens

Fratelli, coltelli

Come abbiamo già riferito, Costantino morì il 22 maggio 337 d. C. mentre faceva i preparativi per una guerra contro i Persiani, i quali dopo un lungo periodo di pace avevano sotto Sapore II invaso l’Armenia e la Mesopotamia. Dei suoi figli, il maggiore, Crispo, che aveva a lungo governato l’Occidente, era stato mandato al supplizio nel 226 d. C. durante una permanenza dell’imperatore a Roma; Fausta, la moglie dell’imperatore, ci viene dalle fonti additata come la causa di questa ingiusta condanna; ma anche essa venne poco dopo uccisa. Del pari fu allora tolto di mezzo il Cesare Liciniano Licinio.

Gli altri suoi figli Costantino li aveva l’un dopo l’altro innalzati alla dignità di Cesari ed aveva affidato a ciascuno una parte dell’impero:

  • a Costantino II (21 anni d’età, Cesare dal 317 d.C., reduce da una spedizione vittoriosa contro i Goti) l’Occidente (Gallia, Spagna e Britannia)
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  • a Costanzo II (20 anni d’età, Cesare dal 323 d.C.) le province asiatiche e l’Egitto,
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  • a Costante (17 anni d’età, Cesare dal 333 d.C.) l’Italia, l’Illirico e l’Africa.
  •   A questi si aggiunsero:
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  •  nel 335 d.C. Delmazio, nipote di Costantino I il Grande per parte del fratello, cui  l’imperatore destinò nel suo testamento la Tracia, la Macedonia e l’Acaia
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  • un altro nipote, Annibaliano (Delmazio ed Annibaliano erano figli di Flavio Delmazio, fratellastro di
    Costantino) che fu nominato principe dell’Armenia e delle vicine regioni costiere del Ponto col titolo di re dei re (Rex regum).

Ma il testamento dell’imperatore non ebbe completa esecuzione: nell’estate dello stesso anno 337 d.C. Delmazio ed Annibaliano, insieme con altri parenti e funzionarli dell’imperatore defunto, vennero uccisi a Costantinopoli in seguito ad una sanguinosa rivolta militare, sotto gli occhi di Costanzo, il quale alla morte del padre era accorso dalla Mesopotamia e venne incolpato di aver provocato l’eccidio, il dominio dei due principi uccisi venne ereditato da lui.

Solido di Costantino II
Solido di Costantino II

La morte di Costantino II e di Costante; ascesa di Costanzo

Dei tre imperatori rimasti inoltre, Costantino II venne a guerra con Costante per il dominio dell’Italia e dell’Africa; fu sorpreso e sconfitto proprio da Costante ad Aquileia e finì ucciso (340 d.C.). Costante si impadronì quindi della parte dell’impero a lui appartenuta ed acquistò per tal modo una superiorità su Costanzo che si fece sentire nelle lotte dogmatiche tra Ariani ed Ortodossi che si erano allora fieramente riaccese.

Busto di Costanzo II
Busto di Costanzo II

Costante, seguace di Atanasio, impedì che gli Ariani riuscissero vittoriosi in Oriente e fece sì che Atanasio, il quale era stato per la seconda volta esiliato, potesse ritornare come vescovo ad Alessandria (346 d.C.).

Durante il suo reggimento, salvo una invasione dei Franchi e alcuni disordini scoppiati nella Brittannia, regnò nell’Occidente per un pezzo la pace. Essendosi egli reso odioso per la sua brutalità ed i suoi vizi, fu abbattuto ed ucciso in Gallia (il 18 gennaio 350 d.C.) dal suo megister militum , il franco Magno Magnenzio.

Magnenzio si impadronì dell’Occidente e vinse con molto spargimento di sangue Nepoziano, un nipote di Costantino il Grande (figlio di Entropia, sorellastra dell’imperatore), che per breve tempo fu proclamato Augusto a Roma. Anche nell’Ilirico gli eserciti si erano staccati dalla casa regnante ed avevano eletto un altro imperatore, Vetranione (l° marzo 350 d.C.). Costanzo, durante tutto questo tempo (sin dal 388 d.C.) si era trovato implicato in una lunga e grave guerra col re persiano Sapore II per il possesso dell’Armenia e della Mesopotamia, ed in essa i Romani avevano subiti parecchi disastri.

Costanzo si trovò quindi nella necessità di affidare questa guerra ai suoi generali per rivolgersi a ripristinare la signoria della propria casa nell’Occidente. Egli rifiutò di venire a patti coi due usurpatori alleati fra di loro, e invece li divise.

Vetranione infatti, venne con lui ad un accomodamento e depose la porpora in un convegno avuto con Costanzo a Serdica (sul principio del 351 d. C.). A Vetranione fu concesso di vivere ritirarsi a vita privata a Prusa, godendo di una rendita statale. Forse  morì suicida nell’anno 356 circa.

Divisione dell'Impero romano tra i quattro cesari e poi da maggio a settembre 337, tra la morte di Costantino I e l'elevazione ad augusti dei suoi tre figli. (fonte Wikipedia)
Divisione dell’Impero romano tra i quattro cesari e poi da maggio a settembre 337, tra la morte di Costantino I e l’elevazione ad augusti dei suoi tre figli. (fonte Wikipedia)

Magnenzio, dopo vane trattative, rimase sconfitto nel 351 d. C. in Pannonia presso Morsa, in una sanguinosa battaglia, e poco dopo venne gradatamente abbandonato dai suoi seguaci. Costanzo chiamò in suo aiuto anche i popoli germanici, che piombarono oltre Reno su Magnenzio, e questi si vide ormai costretto a togliersi la vita. Con lui cadde suo fratello Decenzio, ch’egli aveva nominato Cesare (353 d. C.).

Festa di compleanno e colpo di stato

Il colpo di Stato che rovesciò Costante nel gennaio del 350 si svolse durante un banchetto organizzato ad Augustodunum (Autunl, Gallia) dal ministro delle finanze Marcellino per il compleanno del figlio. Il complotto fu ordito con la complicità, tra gli altri, di Magnenzio, che partecipò alla festa in compagnia di importanti ufficiali. Approfittando dell’assenza di Constante, che era andato a caccia, si presentò indossando la popola imperiale. Proclamato subito imperatore, Magnenzio ricevette l’appoggio dell’esercito e costrinse Costante alla fuga, ma questi venne comunque catturato e messo a morte da uno dei sostenitori dell’usurpatore.

La rivolta di Magnenzio

Pur essendo pagano, Magnenzio accolse il cristianesimo ortodosso, tanto che fece persino rappresentare sulle proprie monete, il simbolo di Cristo sul rovescio, cercando di sfruttare lo scisma in atto nella Chiesa per ottenere l’appoggio dell’Occidente cattolico contro l’Oriente ariano.

 

Costanzo II
(Regno dal 337 – 361 d.C.)

Statua di Costanzo conservata nella Basilica di San Giovanni in Laterano, foto: Anthony M., fonte: Wikimedia Commons
Statua di Costanzo conservata nella Basilica di San Giovanni in Laterano, foto: Anthony M., fonte: Wikimedia Commons

In tal modo Costanzo riunì nuovamente in mano sua tutto l’impero. Dapprima egli si fermò ancora in Occidente, fece pace con gli Alamanni, poi si recò a Milano (354 d. C.), e da qui poi passò a visitare Roma. Nella storia del suo regno, una parte importante la occupano le controversie religiose, nelle quali egli si ingerì personalmente. Costanzo era un avversario del dogma stabilito dal concilio di Nicea e di Atanasio che malvolentieri aveva fatto ritornare ad Alessandria, ed ora si pose all’opera per far trionfare la fede cui egli stesso apparteneva. In un concilio tenuto a Milano (nel 355 d. C.) ottenne la condanna di Atanasio e lo fece espellere da Alessandria, ciò che non fu eseguito senza gravi disordini. L’arianisino fece per opera sua notevoli progressi ed acquistò nuovo vigore.
L’imperatore non aveva figli e le speranze della continuazione della dinastia costantiniana erano riposte nei suoi due cucini Gallo  e Giuliano, figli di Giulio Costanzo, fratello di Costantino il Grande. Di essi Gallo era stato a tempo della spedizione contro Magnenzio, inviato in Oriente ad Antiochia col titolo di Cesare, ma tosto cadde in sospetto dell’imperatore; fu quindi deposto e nel 354 d. C. giustiziato a Pola.

Ammiano Marcellino testimone degli eventi

Lo storico Ammiano Marcellino giudicò Costanzo come il più paranoico di qualsiasi altro imperatore avesse regnato prima di lui, tra cui Domiziano o Commodo. Se c’erano fondati sospetti di congiura, egli ricorreva volentieri alla tortura per estorcere confessioni in caso di dubbio.

Lo storico Ammiano Marcellino si trovava a Roma durante la visita di Costanzo II nel 357. Ecco la sua descrizione di un imperatore durante il dominato:

Rimaneva immobile mentre veniva acclamato come Augusto dale ovazioni della folla, che risuonavano con il loro fragore sin dalle colline, e si mostrò calmo e imperturbabile come lo era stato quando si trovava nelle province. Pur essendo molto basso, si chinò ugualmente per passare sotto gli alti cancelli. Lo sguardo fisso, non si voltava né a destra né a sinistra, come se la sua testa fosse stretta in una morsa. Non batteva ciglio se una ruota sobbalzava, e non lo si era visto nemmeno una volta né sputare, né pulirsi o strofinarsi il viso o il naso, o muovere le mani: sembrava fosse un manichino

Il regno di Costanzo II

Costanzo II fu un sovrano abbastanza valido. Si atteggiava ad intellettuale, ma la sua personalità non possedeva nessuna grandezza. Amante dello sport, militare e un abile cacciatore. Promuove gli ufficiali solo in base al merito e distribuisce generosamente le cariche più importanti.

Tuttavia cade preda della vanagloria, è sempre pronto a celebrare le proprie imprese con archi di trionfo. È anche una sorta di “Re Tentenna”, che si affida troppo ai suggerimenti dei suoi eunuchi, delle mogli e dei consiglieri. Nonostante le tasse fossero già alte, non fece nulla per impedire agli esattori di estorcere beni alla plebe, il che lo rese estremamente impopolare.

La fine dell’arianesimo

Nel 359, Costanzo convocò due concili simultanei per risolvere la questione del crisi tra l’arianesimo e l’ortodossia cattolica, affinché il cristianesimo potesse svolgere pienamente la sua funzione di religione di Stato. Suggerita dal vescovo ariano Valente, la formula adottata glissava sul principale pomo della discordia, che consisteva nel sapere se Cristo fosse identico a Dio o piuttosto fosse simile a Dio. La situazione sembrava essersi pacificata, ma i conservatori ortodossi, guidati da Atanasio e Basilio, vescovo di Ancyra, rifiutarono categoricamente questa soluzione. Inoltre, gli ariani si indebolirono poco dopo dividendosi in tre gruppi, ciascuno dei quali formulò una propria dottrina sull’esatta distinzione tra Cristo e Dio Padre. Infine, un concilio tenutosi a Costantinopoli nel 381 ratificò le decisioni prese a Nicea nel 325. L’arianesimo fu bandito dall’Impero, anche se sopravvisse tra alcuni popoli germanici per un altro secolo.

La prima Santa Sofia

Nel 360, Costanzo II dedicò a Costantinopoli la sua grande chiesa di Santa Sofia, che fu ricostruita due secoli dopo dall’imperatore bizantino Giustiniano I. Convertito oggi in moschea, questo monumento rimane uno dei lasciti più notevoli dell’Impero Romano.

Missorio di Kerch con raffigurazione dell'imperatore Costanzo II
Missorio di Kerch con raffigurazione dell’imperatore Costanzo II

Ascesa di Giuliano

Messo a morte anche il cugino Gallo, Costanzo II risparmiò invece Giuliano – il figlio del fratellastro di Costantino I, Giulio Costanzo – il quale ritiratosi in esilio ad Atene, s’era dedicato agli studi della filosofia greca.

Durante l’ultima guerra civile le province galliche, dopo un lungo periodo di tranquillità, avevano di nuovo dovuto subire il flagello di invasioni devastatrici dei Franchi, Sassoni ed Alamanni, e molte città erano state distrutte. L’autorità imperiale non si poteva ancor dire restaurata e facilmente potevano sorgere nuovi e pericolosi competitori. Perciò Costanzo si decise ad innalzare alla dignità di Cesare l’altro suo cugino, il fratello di Gallo, Flavio Claudio Giuliano ed a mandarlo nelle Gallie (355 d. C.)

Giuliano riuscì ad umiliare gli Alamanni, che avevano prestato aiuto a Costanzo contro Magnenzio e si erano stanziati sulla riva sinistra del Reno ed a mettere nuovamente al sicuro la Gallia. Egli li sconfisse nella grande battaglia svoltasi nei pressi di Strasburgo (357 d. C.), e andò oltre il Reno tre volte, nel 357, nel 358 e nel 350 d. C.

Guerreggiò felicemente anche coi Franchi, ma nel tempo stesso accordò sedi ai Franchi Salii sulla sponda sinistra del Reno. Costanzo nel frattempo guerreggiò nella Rezia e nella Pannonia contro i Quadi ed i Sarmati (358 d. C.); poi un nuovo assalto del re persiano Sapore II, che nel 359 d. C. passò il Tigri con forze superiori, lo richiamò in Oriente. L’imperatore a questo punto chiese che Giuliano gli mandasse un notevole contingente di ausiliari dalla Gallia; ma questa richiesta incontrò opposizione nell’esercito e generò una rivolta.

Giuliano, oltre alle vittorie militari, aveva ristabilito le relazioni tra la Gallia e la Britannia, valicato il Reno liberando 20 mila Romani prigionieri, riattivato la navigazione del fiume, temperato le gravezze fiscali; in una parola, si era mostrato accorto e valente.

Furono proprio tutti questi prosperi successi che lo resero sospetto a Costanzo che si studiò di diminuirgli le forze; sennonché le milizie non vollero staccarsi dal loro duce e lo proclamarono a forza imperatore nell’inverno del 360 a Parigi.

Giuliano aveva acquisito molto seguito e ambiva egli stesso alla potestà imperiale; dopo la sua proclamazione pregò Costanzo di voler riconoscere il fatto compiuto e di concedergli le province occidentali, specialmente la diocesi gallica.

Costanzo, né interruppe la guerra contro i Persiani, né accondiscese alla richiesta di Giuliano. Questi perciò ricorse alla guerra e marciò discendendo a sud del Danubio contro Costanzo.

Al confine dell’Illirico, Giuliano fu raggiunto dalla notizia della morte di Costanzo, che gli si era mosso contro, ma era appunto deceduto durante la marcia, a Monsucrena, presso Tarso, in Cilicia (5 ottobre 361 d. C.). Sul letto di morte egli aveva designato come suo successore proprio Giuliano, onde la guerra, il cui esito era sempre dubbio data la forza e l’autorità di Costanzo, non fu più necessaria. Giuliano fu riconosciuto imperatore in tutto l’impero.

(Libero adattamento da Manuale di Storia Romana, Benedikt Niese, 1910, con aggiunte e integrazioni )

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Giuliano (detto poi l'Apostata) venne presto riconosciuto imperatore. Sprezzando i piaceri e il lusso, visse quasi da semplice cittadino secondo i precetti accademici appresi in Grecia. Dedito agli studi, scrisse orazioni contro la religione cristiana che fin da giovane aveva ripudiato probabilmente a causa delle fiere lotte tra i vescovi d'Oriente, in mezzo agli scandali della controversia Ariana e alle variazioni continue dei simboli di fede. Abbracciato un sistema teologico che alla nozione filosofica della divinità univa altresì le pratiche della superstizione, iniziato ai misteri greci ed esaltato fino a digiunare frequentemente e a credersi in corrispondenza con Giove e con Minerva di cui distingueva facilmente le voci, quando divenne imperatore, perseguitò i Cristiani, ristabilendo con gran pompa il culto pagano, favorendo i filosofi antichi che venivano alla sua corte. Per smentire la profezia di Cristo volle ricostruire il tempio di Gerusalemme, e ne ebbe il plauso di tutti gli Ebrei accorsi d'ogni parte con l'ardore dell'entusiasmo, ma il tempio rimase incompiuto per la sua morte. Con un esercito numeroso, movendo da Antiochia, aveva progettato di invadere la Persia; quando abbandonato dal re d'Armenia, presso Ctesifonte (Al Madain), fu costretto a rinunziare all'assedio di questa città. Tradito poi da un nobile persiano che, novello Sinone, era passato a lui e indotto dal medesimo a bruciare la flotta (probabilmente per la impossibilità di risalire il fiume), circondato continuamente da nemici, fu colpito da un dardo mentre si toglieva la corazza e a causa di quella ferita mori nel 363.

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