Di regola i fiumi (i Potamoi) erano considerati figli di Oceano, ed esercitavano il dominio su singoli rivi e torrenti. Erano rappresentati come uomini barbuti, coronati di foglie di fico, di piante erbacee e spesso con le corna sulla testa, adagiati e appoggiati con una mano su un timone, l’altra su un vaso, da cui sgorga l’acqua, ad indicare il flusso costante di un fiume.
I nomi di molti di loro sono stati tramandati in antichi miti, i più importanti sono Alfeo, Acheloo, Peneo, Asopo, Cefisso.
Alfeo e Aretusa
Di Alfeo si dice che amasse Aretusa, una delle ninfe al seguito di Artemide (Diana), e la seguisse così insistentemente, sebbene i suoi affetti non fossero ricambiati, che Artemide intervenne, e mutò la ninfa, per evitare che fosse inseguita, in una fontana, le cui acque, tuttavia, si diceva che poi si unissero a quelle di Alfeo.
“Dove corri, Aretusa?’, mi diceva
fiocamente l’Alfeo dalle sue acque.
‘Dove corri, Aretusa?’, ripeteva.
Fuggii così com’ero, senza vesti:
eran rimaste su quell’altra sponda.
E quello m’incalzava e s’infiammava
sempre di più, visto ch’essendo nuda
sembravo più appetibile. Correvo,
e lui dietro, spietato, m’inseguiva,
come timida fugge la colomba
con ali trepidanti lo sparviero,
o come lo sparviero la colomba
tutta tremante insegue. ”(Ovidio, Metamorfosi Libro V traduzione Mario Scaffidi Abbate)
Lo Scamandro
Lo Scamandro (in greco: Σκάμανδρος / Skámandros) è un fiume costiero di Troia. Nella mitologia greca, è anche il dio fluviale che lo personifica. Se gli umani lo chiamano Scamandro, gli dei lo chiamano Xanto (Ξάνθος / Xánthos). Esiodo fa di lui un discendente dell’Oceano e di Teti. Come il Simoenta, altro dio fluviale di Troia, la sua sorgente è sul monte Ida e sfocia nella piana di Troia prima di raggiungere l’Ellesponto.
Da lui vennero Teucro, Callirroe e Strimo che sono antenati di re ed eroi di Troia. Fa parte dello schieramento degli dei (insieme ad Apollo, Ares, Artemide, Afrodite e Leto) che aiutano i Troiani a combattere i Greci durante la guerra di Troia. Prese parte ai combattimenti, soprattutto dopo che Achille massacrò molti Troiani nelle sue acque. L’eroe greco viene salvato da Scamandro solo per l’intervento di un altro dio, Efesto, che accende un fuoco divino asciugando le acque del fiume.
…e molti più Peoni avrebbe ucciso il rapido Achille, se dal profondo delle acque il fiume, irato, non gli avesse detto, simile a un uomo: ”Sei fortissimo, Achille, ma più di tutti gli uomini commetti infamie: eppure gli déi ti proteggono. Se il figlio di Crono ti ha concesso di uccidere tutti i Troiani, spingili almeno lontano da me, fa’ strage nella pianura; le mie dolci acque sono piene di morti, e oppresso dai cadaveri non riesco a versare le acque in mare, e tu continui a uccidere orrendamente. Smetti dunque, mi ispiri sgomento, capo di eserciti!” […]
[…] Attorno ad Achille s’innalzò un’onda in tempesta, e la corrente premeva addosso allo scudo; non riusciva più a reggersi in piedi; allora afferrò con le mani un olmo grande, strappandolo dalle radici: esso travolse la riva, intasò coi rami fitti le acque, e fece argine al fiume piombandovi interamente. Achille uscì dal vortice e si gettò veloce a volare per la pianura, atterrito, ma il grande dio non smise, e gli fu addosso con le onde alte e nere, per fare smettere l’opera dell’illustre Achille e allontanare dai Troiani il danno.
Omero, Iliade, libro XXI traduzione: Guido Paduano
Un brano dell’Iliade parla di due ruscelli dello Scamandro, uno dei quali è caldo e l’altro invece sempre fresco. Fu alla ricerca di queste due fonti che si dice che Schliemann abbia localizzato la collina di Hissarlik e scoperto i resti dell’antica città di Troia.
L’attuale nome dello Scamandro è Karamenderes. Il fiume è sbarrato dalla diga di Bayramiç. Nell’Iliade si fa più volte riferimento alla tomba di Ilo nella piana di Troia presso un guado per attraversare lo Scamandro.
Il Lete
Nell’antica Grecia, Lethe o Léthê ( greco antico λήθη; significa letteralmente “oblio”. Il suo opposto è la parola greca per “verità” —Aleteia . Nella mitologia greca , il Lete è uno dei fiumi dell’Ade. Coloro che bevevano dalla sua acqua o addirittura la toccavano soltanto, sperimentavano il completo oblio.
Alcune religioni esoteriche insegnavano che c’era anche un altro fiume, il Mnemosyne, e bere dalle sue acque avrebbe fatto ricordare ogni cosa, raggiungendo così l’onniscienza. Agli iniziati veniva insegnato che se veniva loro data la possibilità di scegliere da quale fiume bere dopo la morte, avrebbero dovuto bere da Mnemosine invece che da Lete. I due fiumi compaiono in vari versi incisi su lastre d’oro dal IV secolo a.C. in poi, a Thurii presso Sibari, nell’Italia meridionale, e in tutto il mondo greco.
Il fiume Lete
Il fiume Lete (dal greco Λήθη Lếthê, “oblio” o “occultamento”) è un fiume dell’Ade; coloro che bevevano dalle sue acque dimenticavano le loro vite passate. Presto il Lete divenne il simbolo dell’oblio.
La sua posizione negli Inferi (Domini dell’Ade) è contraddittoria. In alcune versioni, Lete è nei Campi Elisi , i suoi abitanti sarebbero rimasti in Paradiso per mille anni fino a quando tutte le colpe che gravavano su di loro sarebbero state cancellate; poi, bevendo dalle acque del Lete, dimenticavano tutta la loro vita precedente e si reincarnavano o compivano la metempsicosi (reincarnazione, in esseri della stessa specie o di altra specie). In altre versioni, il Lete si trovava nel campo degli Asfodeli negli Inferi, un luogo pieno di malinconia, dove i morti non subivano tormenti. La sua posizione più accettata è comunque nei Campi Elisi.
Il fiume Lete nella Divina Commedia
La Divina Commedia di Dante Alighieri, fonde sia tradizioni greche pagane che tradizioni cristiane. Nella seconda parte dell’opera, Il Purgatorio, il Lete appare come un fiume le cui acque i peccatori dovevano bere per cancellare dalla memoria i peccati commessi – e di fatto già espiati dai castighi purificatori del Purgatorio – ed entrare così in Paradiso.
Il Lete nella cultura moderna
Il Lete viene citato dal poeta francese Charles Baudelaire nella poesia omonima:
Per inghiottire i miei singhiozzi placati
Niente vale per me l’abisso del tuo divano;
L’oblio potente dimora sulla tua bocca,
E Lete scorre nei tuoi baci.— Charles Baudelaire, I fiori del male, Lete
(Riduzione dalle versioni multilingui di Wikipedia, con aggiunte e integrazioni)