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ROBIGUS

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La ruggine del grano

Fungus Fae designs by Iris CompietIl fenomeno della “ruggine del grano” (una infestazione causata dal fungo Puccinia graminis‘)è detto ruggine, sia che attacchi il ferro o i cereali, è designato in latino dalla parola robigo (rad. robus = rufus, rosso). L’importanza della coltivazione del grano nei sobborghi di Roma nei tempi antichi non poteva non suscitare la pietas religiosa degli aratori quando questa piaga colpiva i loro campi.

Quindi, una personificazione divina, con una doppia faccia come la maggior parte dei geni della vegetazione e della vita rustica, sia fatale che riparatrice, divenne oggetto di un culto di propiziazione. In uno dei brani più riusciti dei Fasti di Ovidio, senza dubbio interpretando l’opinione popolare, egli chiama questa divinità Robigo; in realtà, gli antichi conoscevano un solo dio Robigus; come ha ben congetturato Mommsen, che non era tanto una personalità distinta quanto un aspetto personificato del rustico Marte.

Catone ci ha conservato una preghiera in cui l’aratore chiede a Marte di allontanare le piaghe e le intemperie dai raccolti; e il flamine che interviene negli atti principali del culto di Robigus è il flamen Quirinalis, cioè il ministro del Marte sabino. Nella letteratura, da Ovidio in poi, è Robigo che persiste; ma non c’è mai stata una coppia Robigus-Robigo nei libri dei pontefici.

I Robigalia

Accadde solo che Marte fu accoppiato a Robigus da una parte, e Robigo con Flora dall’altra, che esercitarono un’azione simile. La festa del dio Robigus, i Robigalia, istituita dal re Numa (fonti: Varrone, de Ling. Lat. 6.16; Serv. ad Virg. Georg. 1.151; Gellius, 5.12; Ov. Fast. 4.907, 911), cadeva il 25 aprile, il periodo in cui il grano è in fiore e si forma la spiga di grano. Non sembra che siano mai stati celebrati altrove se non a Roma; ma alle porte della grande città continuarono molto tempo dopo che i campi di grano erano scomparsi dalla regione. Il flamen Quirinalis li presiedeva, come quelli di Acca Larentia, la madre dei Lares, e i Consualia di luglio e agosto, che hanno lo stesso carattere rustico.

I Robigalia iniziavano con una processione che, dalla città, andava al locus Robigi, situato sulla via Claudia al quinto miglio. Ovidio stava tornando da Nomentum quando vide la folla in veste bianca e il flamine che officiava sul retro del bosco sacro; sentì la preghiera rituale e la riprodusse in forma distorta. Egli nota anche gli accessori del sacrificio: il telo di lino grezzo (mantele), la patera per le libagioni, il vino, la scatola dell’incenso (acerra), e, sotto la fiamma dell’altare, le viscere delle due vittime, una pecora e un cane. Il sacrificio di quest’ultimo è caratteristico; il cane si trova già come vittima propiziatoria nel culto di Ercole e Mania, la madre dei Lares, e appare anche in una cerimonia molto antica che ha una grande analogia con quella dei Robigalia, la cerimonia del sacrificium o augurium canarium.

Si svolgeva ai margini della città e dei campi, vicino a una porta che ricevette così il nome di catularia; il suo scopo era di preservare il grano dalla ruggine; i cani immolati erano di colore fulvo, cioè simbolici della peste da scongiurare. Fu probabilmente l’influenza dell’astronomia, secondo i Greci, a collegare l’azione disastrosa di Robigus alla costellazione del Cane. L’alterazione della spiga di grano in certe condizioni atmosferiche era in Grecia attribuita alle stelle: ??????????? o ??????????, che i latini hanno tradotto con sideratio; ma la data dei Robigalia non ha niente a che vedere con i giorni caldi, e il sacrificio del cane a Robigus come ai Lares deve essere spiegato con altre ragioni.

Considerando anche l’incertezza degli stessi antichi sul fatto che la divinità fosse maschile o femminile, e che i Romani non riservavano onori divini a nessun demone malvagio, è altamente probabile che la divinità Robigus, o Robigo, sia solo un’astrazione dei Romani posteriori dalla festa dei Robigalia. (Comp. Varrone, de Re Rust. 1.2.) La festa comprendeva anche baldorie, sotto forma di gare di carattere antico e nazionale; bambini e giovani, divisi in campi rivali, venivano messi in mostra, come nel Ludus Troianus.

E anche l’elemento licenzioso non vi mancava più che ai Floralia celebrati tre giorni dopo; i Robigalia erano, infatti, la festa dei pueri lenonii, come i Floralia erano quella delle cortigiane.

(Libera traduzione, rielaborazione  e adattamento da “Le Dictionnaire des Antiquités Grecques et Romaines de Daremberg et Saglio”, 1873 e da Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology, William Smith London: Taylor, Walton, and Maberly. 1870)

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