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LA POESIA GRECA

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Saffo e Alceo, Lawrence Alma-Tadema, 1881
Saffo e Alceo, Lawrence Alma-Tadema, 1881

Che sia epica, lirica, corale o giambica, la poesia assume forme diverse e ogni occasione ha la sua poesia, canzone o elogio.

Epopea o poesia epica

Il genere epico è stato rappresentato in primo luogo dalle due epopee omeriche, l’Iliade e l’Odissea; ma accanto a questi due poemi, il “Ciclo” epico riuniva le epopee che trattavano la leggenda troiana nel suo complesso o la leggenda tebana: Si tratta della Titanomachia, dell’Etiopide, che racconta le battaglie di Achille contro Penteo e Memnone, dei Canti Cipriani, della Piccola Iliade e del Sacco di Troia, dei Nostoi o Ritorni, che trattano del ritorno degli eroi greci, la Telegonia, seguito dell’Odissea, che racconta la morte di Ulisse, ucciso da Telegono, il figlio avuto da Circe, che uccide inconsapevolmente il padre, e, per il ciclo tebano, l‘Edipo, la Tebaide e gli Epigoni.

Queste epopee perdute ebbero una grande influenza sugli autori successivi, in particolare su Euripide. Il linguaggio dell’epica omerica e l’esametro si ritrovano negli Inni omerici, composti dal VI secolo fino a tempi probabilmente recenti, nella poesia didattica di Esiodo e nelle opere a lui attribuite, il Catalogo delle donne e lo Scudo (VI secolo a.C.). Dei poeti epici del V secolo non appartenenti al Ciclo e di quelli del periodo classico (Panyassis, Antimaco di Colofone) sono rimasti solo frammenti.

Esiodo: le opere e i giorni

Questo piccolo agricoltore ci racconta la vita dei suoi contemporanei in Opere e giorni. Ci ha lasciato anche una Teogonia in cui cerca di mettere ordine nel mondo degli dei e ci ricorda che Zeus esercita un potere giusto e buono. I suoi poemi didattici sono pieni di buon senso.

Il genere epico diede origine a parodie, come il Margite, attribuito a Omero e note a Platone e Aristotele; le Batrachomiomachie (Lotta delle rane e dei topi) sembrano appartenere piuttosto al periodo ellenistico. L’Ecale di Callimaco racconta la vittoria di Teseo sul toro a Maratona e descrive la notte che l’eroe trascorse con la vecchia Ecale; è stata definita un‘”epica in miniatura” (epyllion) e si differenzia da Omero sia per la costruzione che per i temi trattati.

Apollonio di Rodi (II secolo a.C.) scrisse le Argonautiche, sulle avventure di Giasone e degli Argonauti; questo dotto poema in 4 canti, con i suoi toni variegati e la sua complessa costruzione, segna la distanza tra il suo autore e Omero, anche quando si richiama a lui. I Fenomeni di Arato, dal canto loro, riecheggiano Esiodo, combinando scienza e poesia, così come quelli di Nicandro (II secolo?). È molto più tardi, dal II al II secolo d.C., che, dopo i poemi didascalici dei secoli precedenti e le epopee perdute, troviamo poemi epici di varia ispirazione.

Si sono conservati la Posthomerica di Quinto di Smirne (14 canti), un resoconto degli eventi tra l’Iliade e l’Odissea; le Dionisiache di Nonno di Panopoli (48 canti), intrise di pietà; la Presa di Troia di Trifiodoro di Panopoli, dalle Argonautiche orfiche; il Ratto di Elena di Colluto, un epillio; e il poema di Museo (vita sec.), Ero e Leandro. Tutti questi testi testimoniano la varietà del genere nel tardo periodo.

Poesia arcaica

Saffo legge le sue poesie in pubblico
Saffo legge le sue poesie in pubblico

Nella Grecia arcaica coesistono due tipi di poesia: l’epica, in esametri, la epico-narrativa (Omero) o la didascalica (Esiodo), e la melica (melos “frase musicale”), cantata, in una prosodia varia, monodica o corale. Quest’ultima è detto “lirica” per anacronismo, seguendo la critica ellenistica: può essere accompagnato dalla lira, ma anche dalla cetra, dal flauto, ecc. Il primo scopo di questa poesia non epica, non è l’espressione individuale, implicita nella moderna nozione di lirismo: il suo ruolo è piuttosto rituale, religioso o politico, come dimostrano i generi che riunisce, ditirambo (per Dioniso), epinicio (elogio per un atleta vittorioso), imeneo (canto nuziale), parteneo (coro di fanciulle), peana (per Apollo), trene (canto funebre), ecc.

Nel VII secolo a.C., prevalgono due correnti: la poesia giambica, in un ritmo vicino al linguaggio parlato, è ironica e satirica, spesso violenta, in Archiloco (Paro 712- 664 a.C.), di cui restano anche frammenti di elegie – e che, con i suoi attacchi ai suoi nemici personali, mette in discussione i valori epici e prepara la strada ad Aristofane ed Esopo – e in Semonide di Amorgo; la poesia elegiaca, in distici del dialetto ionico, canta un ideale guerriero collettivo, in Callino di Efeso e Tirteo, paladino della costituzione spartana (Eunomia Esortazioni), autore anche, in Dorico, di Embatêria (“accuse contro il nemico”); Mimnermo di Colofone ha sfumature più malinconiche. Alla fine del secolo apparve il primo rappresentante della lirica corale, Alcmane, che visse a Sparta e compose inni per le feste ufficiali, ricchi di riferimenti mitologici e notazioni amorose, in particolare partenei.

Nel VI secolo a.C., la poesia si diversifica, seguendo l’evoluzione sociale e politica. L’isola di Lesbo aveva dato i natali a Terpandro, fondatore della scuola citaredica, inventore della lira a sette corde, autore di odi e scolia (canti da tavola), e ad Arione, inventore del ditirambo. Qui visse Alceo (intorno al 630), che, fedele al partito aristocratico, cantò in dialetto eoliano i suoi amori e odi politici, e soprattutto Saffo (intorno al 630), che, in versi dalla metrica raffinata (strofa saffica), compose inni, epitalami e poemi mitologici, cantando le gioie e i tormenti dell’amore.

La poesia in distici elegiaci si sviluppa, in Teognide, aristocratico di Megara, in esilio, che critica aspramente la decadenza della nobiltà e il nuovo potere del popolo, in una raccolta alla quale i compilatori hanno aggiunto molte massime gnomiche, riunendo alla fine del volume un lungo gruppo di versi ispirati al pederastia. Senofane di Colofone, il primo avversario conosciuto della concezione antropomorfica del divino, compone in esametri, in distici elegiaci e in giambi (le Silloi, testi satirici) la poesia morale, la cui dimensione filosofica prepara la scuola di Elea.

Continua la satira giambica con Ipponatte di Efeso, la poesia gnomica in esametri con Focilide di Mileto, e la lirica corale con Stesicoro, che creò la triade (stanza, antistrofe, epode) e, in un Dorico letterario divenuto la lingua del genere, compose peana, canti d’amore, opere pastorali, inni eroici, di cui rimangono frammenti, e il poema Elena – e la sua correzione, più rispettosa dell’omonima eroina, divinizzata, la Palinodia. Allo stesso modo, Ibico di Reggio inventò l’ode indirizzata a persone reali: restano un centinaio di versi che celebrano il tiranno Policrate di Samo e la potenza dell’amore. Un posto speciale va dato ad Anacreonte di Teo, che visse alla corte dei tiranni di Samo e di Atene, che compose epigrammi e canti di circostanza, in uno stile aggraziato e ironico, sull’amore e sul banchetto, ad esempio l’ode “L’amore punto da un’ape”. Infine Solone (intorno al 640-v. 560), poeta e politico, segnò il passaggio alla democrazia, che egli stesso contribuì a instaurare: arconte nel 594, redasse la costituzione di Atene. Dei 5.000 versi, in ionico, a lui attribuiti nell’antichità, restano circa 300 versi provenienti da vari frammenti, di ispirazione civica e morale, che riflettono un ideale di equilibrio che annuncia l’età classica. (Elegia per Salamina, alle Muse, sull’Eunomia).

Poesia nel periodo classico

Saffo e Faone, Jacques-Louis David
Saffo e Faone, Jacques-Louis David

Nel V secolo, la poesia corale si esprime nei brani cantati della tragedia e della commedia antica, in generi narrativi tipici della città democratica, ma trionfa in tre autori vicini ad ambienti tirannici. Simonide di Ceo (556 circa-468) visse alla corte del tiranno ateniese Ipparco, poi in Tessaglia, ancora ad Atene, dove frequentò Eschilo, poi con Ierone di Siracusa: il primo “poeta di professione”, che pretendeva denaro per la sua arte, paragonò la poesia alla pittura e compose epigrammi politici, ditirambi, trene e odi cerimoniali. Bacchilides(c. 505-c. 430), nipote di Simonide, compose Odi trionfali oEpinici, ditirambi e peana, riscoperti nel 1897 in Egitto: la sua poesia esalta un ideale aristocratico moderato, in uno stile sereno e fluido, che lo contrappone al sublime e talvolta aspro Pindaro. Quest’ultimo (518 circa-v. 438) segna il culmine e la fine del genere corale. Aristocratico tebano, compì la sua formazione musicale ad Atene, e divenne famoso giovanissimo, nel 498, con la Pitica. Viaggiava di città in città, accolto da Ierone di Siracusa o da Arcesilao di Cirene. Delle sue numerose opere(Inni, Elogi, Ditirambi, peana, Iporchemi), a parte i frammenti, ne rimangono 40 Epinici (Odi trionfali): divisi in 4 libri(olimpico, pitico, nemeo, istmico), celebrano i vincitori dei giochi panellenici. In ciascuna ode, di complessa composizione, Pindaro evoca generalmente un episodio mitico legato alla famiglia o alla città del vincitore e ne trae una morale secondo la quale l’uomo che ha ricevuto in dono forza, intelligenza, bellezza, deve far sì che i suoi talenti diano frutti con la pratica degli esercizi del corpo e delle virtù; spetta al poeta riconoscerne il valore, celebrarlo e rendere l’atleta glorioso e immortale. Il suo stile, maestoso e abbagliante, è considerato dagli antichi come il tipo dell'”austera armonia” (Dionigi di Alicarnasso).

Poesia Ellenistica e Romana

Mosaico con Orfeo
Mosaico con Orfeo

A partire dal III secolo, Alessandria è il vero centro della cultura greca, posta sotto il segno dell’erudizione, e legata alle ricerche svolte presso la Biblioteca. Influenzata dalla storia e dalla critica letteraria, la poesia diventa opera di studiosi e i riferimenti alla letteratura passata si uniscono alla più sottile originalità. L’epopea di ispirazione omerica continua con Apollonio di Rodi (le Argonautiche), ma sono i brani brevi e virtuosistici ad essere preferiti dai poeti. Callimaco (315-240 circa), autore di numerose opere, è noto per le sue elegie (Origini), giambi, inni ed epigrammi; Teocrito (315 circa-v. 250), per la raccolta di idilli, che riunisce poemi di varia forma (pastorali, epigrammi, mimi dialogici, inni, frammenti epici e mitologici) e fonda il genere bucolico, praticato nel II secolo anche da Moschos di Siracusa (Europa) e Bione di Smirne; Heronda (intorno al 275-225), continua il genere con i suoi Mimi, scene di genere in coliambo; Licofrone di Calcide (fine IV secolo-inizio III secolo), con l’Alexandra, monologo tragico dedicato alle profezie di Cassandra, famoso per il suo ermetismo. Da notare anche la poesia didascalica di Arato di Cilicia (III secolo, Fenomeni, trattato di astronomia), Nicandro di Colofone (II secolo,Theriaka et Alexipharmaka,sugli antidoti), Oppiano (II secolo,Pesca, sulla pesca e A caccia), e soprattutto la moda dell’epigramma, con Meleagro di Gadara (intorno al 130-60 a.C.), autore di un Corona o raccolta tematica, come Filippo di Tessalonica (I secolo d.C.). Abbiamo più di 4.000 poesie, raccolte in antologie, da Stratone di Sardi (II sec., La musa dei ragazzi), Agazia Scolastico (VI sec.,Ciclo), in periodo bizantino, con Costantino Cefala (X sec,Antologia, poi ricomposto sotto forma diAntologia Palatina, modificato nel XVIII sec., e integrato dalla Antologia di Planude, del XIII sec.). Al di fuori di questo genere abbondante, e dell’epica tarda (Collouthos, Quinto di Smirne, Nonno di Panopoli), la poesia lirica, in epoca romana, costituì un elemento marginale della storia letteraria greca: possiamo citare la raccolta di Anacreonte ,ambientata nel Medioevo e ispirata alla poesia d’amore di Anacreonte, e a poeti cristiani come Clemente Alessandrino ( fine II sec.) e Gregorio di Nazianzo (IV sec., più 17.000 versi di testi vari).

È la poesia del periodo arcaico e classico che influenzerà per prima la successiva letteratura europea, in particolare figure eminenti come Saffo e Pindaro, i cui certi accenti e temi si ritrovano anche nella poesia contemporanea, da Valéry a Bonnefoy, per esempio.

I Generi poetici, in ordine alfabetico

Ditirambo: canto appassionato in onore del dio Dioniso, mimato e oggetto di gare durante le grandi Dionisie di Atene.

Enkomion: elogio cantato in onore di un dio e poi di un uomo.

Epinicio: canto di vittoria e trionfo per i vincitori dei Giochi.

Epitalamo: canto nuziale composto per la celebrazione di un matrimonio.

Iporchema: canto di danza basato su una poesia corale.

Inno: poema narrativo, ad esempio in lode di un eroe, accompagnato solo dalla cetra.

Idilli: brevi componimenti in versi che evocano scene di vita quotidiana o scene di vita pastorale.

Ode: accompagnata dal suono del barbytos (una varietà di lira), che celebra i piaceri dell’amore e della tavola.

Partenopeo: canto intonato da un coro di fanciulle che accompagna le processioni religiose.

Peana: canto basso o gioioso, intervallato da grida (io pan), intonato dagli uomini durante il culto di Apollo guaritore.

Il threnos: è un canto funebre intonato intorno al letto di un defunto.

 

Breve guida alla metrica greca

Il ritmo di un verso greco è determinato, ovviamente, dal numero di sillabe (come nella poesia italiana). Ma dipende anche dalla loro “quantità”, cioè dalla differenza tra sillabe lunghe e brevi (una dimensione sconosciuta in greco).

Esistono tre tipi principali di versi:

 

l’esametro dattilico (6 battute), per la poesia epica e didattica;

esametro dattilico
esametro dattilico

il pentametro dattilico (5 battute), per i poeti elegiaci;

Pentametro dattilico
Pentametro dattilico

il trimetro giambico (3 battute), nella tragedia e nella commedia;

Trimetro giambico
Trimetro giambico

I piedi fondamentali dell’esametro e del pentametro dattilico sono :

il dattilo: una lunga, seguita da due brevi ;

Una dattilo è come un dito, con una parte lunga seguita da due tratti brevi.
Una dattilo è come un dito, con una parte lunga seguita da due tratti brevi.

Lo spondeo: due lunghe;

Il trocheo: una lunga, seguita da una breve.

Il piede base del trimetro giambico (tre battute) è il giambo: una breve, una lunga.

(Da Larousse.fr con aggiunte e integrazioni)

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