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ROMA IN GUERRA: LA MARINA MILITARE

 

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I Greci e i Romani utilizzavano ampiamente l'artiglieria per scagliare grandi frecce o pietre. La tecnologia si sviluppò abbastanza rapidamente, dai primi gastraphetes nel 399 a.C. circa alla più avanzata artiglieria a torsione nel 300 a.C. circa, al tempo di Demetrio Poliorcete. Le catapulte di Demetrio non furono mai migliorate, se non nei dettagli. I Romani ottennero le loro conoscenze dai Greci e impiegarono specialisti greci. Cinque fonti greche e romane sull'argomento sono giunte a noi: due trattati di Erone di Alessandria, Belopoeika e Cheiroballistra, e i libri di Bithon di Pergamo, Filone di Bisanzio e Vitruvio.
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La marina romana

Nave Romana, disegno da weaponsandwarfare.com
Nave Romana, disegno da weaponsandwarfare.com

Secondo la tradizione, la flotta romana fu costituita per combattere contro Cartagine durante la Prima Guerra Punica.
La marina occupò col tempo un posto speciale nell’esercito, ma all’inizio si trattava di un corpo d’armata che godeva di scarsa reputazione presso i Romani, anche se il mondo romano era imperniato sul Mar Mediterraneo, ed essi per diverso tempo non investirono molto per migliorare il settore delle costruzioni navali militari.

Tuttavia, fu a partire dalla Repubblica che i Romani decorarono con rostri i palchi per arringhe nel foro romano. Durante il Tardo Impero, la flotta romana era poco attiva. Si limitava a monitorare i confini settentrionali e a combattere la pirateria.

Nave romana da weaponsandwarfare.com
Nave romana da weaponsandwarfare.com

La flotta romana (classis) o marina era in realtà solo un’estensione dell’esercito. I Romani non erano marinai provetti, anzi, non possedevano proprio grandi capacità  o tecniche di navigazione, nonostante le estese coste italiane. Quando Giulio Cesare invase la Britannia nel 55 e nel 54 a.C., perse le navi in entrambe le occasioni a causa delle tempeste e delle maree, non aspettandosi che potessero essere così devastanti.

La flotta romana

La Repubblica

Ricostruzione di una battaglia navale romana
Ricostruzione di una battaglia navale romana

Fu dopo la guerra contro Pirro che Roma si dotò di una vera e propria flotta militare. Questo provvedimento entrò in vigore poco prima della Prima Guerra Punica.

La nave da guerra romana ha una forma allungata: per questo è chiamata navis longa. Come tutte le navi antiche è una nave con propulsione per la maggior parte a remi.

Quando Roma apprese a far navigare le navi in modo tale da poterle usare come piattaforme per lo sbarco dei soldati, allora arrivarono anche i grandi successi navali, durante le guerre puniche. La sconfitta dei pirati cilici da parte di Pompeo fu un grande trionfo sul mare dei romani, ma naturalmente l’evento più importante, che fu anche quello decisivo per porre fine alla Repubblica, fu la battaglia navale tra Antonio e Ottaviano nel 31 a.C.

Le guerre puniche e il “corvo”

Ricostruzione del Corvus delle navi romane

Poco dopo che Roma ebbe ottenuto il controllo completo dell’intera penisola italica, iniziò il secondo grande periodo della sua storia militare, quello delle guerre puniche. Le guerre puniche furono tre, tutte combattute contro lo stato di Cartagine nell’Africa settentrionale. Fin dall’inizio di questi conflitti era chiaro che chi li avesse vinti avrebbe controllato il Mar Mediterraneo e tutti i preziosi scambi commerciali che si svolgevano sulle sue acque.

I Romani catturarono una nave cartaginese, ne copiarono il progetto e crearono una propria flotta. Alla nave cartaginese da guerra, aggiunsero un’innovazione chiamata corvus, un congegno di abbordaggio navale dotato di uncini alle estremità, che poteva essere calato dal ponte di una nave romana sulla vascello dell’avversario. In questo modo le due navi rimanevano una agganciata all’altra e ciò permetteva ai soldati romani di abbordare la nave nemica e di ingaggiare combattimenti corpo a corpo. Il corvus aveva però anche degli inconvenienti: appesantiva la nave romana e, in caso di maltempo, tendeva a capovolgersi.

 

L’alto Impero

Augusto crea flotte permanenti per garantire il controllo navale. La marina militare romana dell’Impero aveva tre categorie di navi: 

1) Navi lunghe: sono dotate di speroni.

2) Navi da trasporto: potevano trasportare fino a 100 uomini.

3) Galee: piccole navi da guerra chiamate Liburnae

 

L’equipaggio e i comandanti

Soldati della Marina Romana
Soldati della Marina Romana

Le prime basi navali permanenti furono costruite a Forum Julii (Fréjus) in Gallia (oggi in Francia) e in Italia a Misenum (Miseno in Campania) e Ravenna all’epoca di Augusto. Erano pensate per proteggere l’Italia e i rifornimenti del grano via mare.

Misenum divenne il principale quartier generale della marina, non lontano da dove oggi la Naval Support Activity Naples della Marina statunitense ha una importante base militare a Napoli.

Varie altre flotte romane furono installate in tutto l’Impero, ad esempio ad Alessandria in Egitto, nel Mar Nero, in Siria, in Germania e in Gran Bretagna, dove proteggevano il commercio o sostenevano le forze di invasione portando rifornimenti, effettuando ricognizioni sul territorio, costruendo basi avanzate e trasportando i marines dell’epoca (nauticus miles).

 

La Repubblica

Non esiste uno squadrone regolare. La flotta è comandata dal capo delle truppe di terra. L’equipaggio è composto da rematori, marinai e soldati.

Ricostruzione da shipshub.com
Ricostruzione da shipshub.com

L’alto Impero

La durata del servizio è di 26 anni. A partire da Claudio, gli schiavi non furono più ammessi negli equipaggi. Ogni squadrone era comandato da un praefectus.

Le flotte erano generalmente comandate da prefetti equestri. I marinai, che provenivano per lo più dall’Oriente, svolgevano ogni sorta di altri lavori, dalla fornitura di reclute per le nuove legioni alla costruzione per esempio di un granaio sul Vallo di Adriano. L’evento più noto della flotta si verificò in Britannia nel 286, quando il comandante della flotta britannica, Carausio, usò la sua potenza navale per ribellarsi agli imperatori Diocleziano e Massimiano.

Immagine da Ancients Origin
Immagine da Ancients Origin
Il funzionamento dell'Artiglio di Archimede
Il funzionamento dell’Artiglio di Archimede

L’assedio romano di Siracusa, avvenuto tra il 213 e il 211 a.C. nel corso della Seconda guerra punica, fu un’altro dei più celebri episodi della storia della Marina Militare Romana.

Il generale Claudio Marcello utilizzò otto delle sue galee da guerra per trasportare scale d’assedio fino alle mura della città con l’intento di lanciarsi dalla cima addosso ai difensori siracusani. Marcello tuttavia non aveva tenuto conto della vera arma segreta dei siracusani: il brillante matematico Archimede (287-211 a.C.).

Tra le armi di difensa da lui ideate ce n’era una che utilizzava una sorta di gancio a forma di mano per sollevare le navi romane prendendole per la prua fino a disporle in posizione quasi verticale. I rampini che tenevano così sollevate le navi avversarie, venivano poi lasciati andare, col risultato che i vascelli piombavano violentemente sull’acqua, sfasciandosi e affondando in mare.

La storia invece secondo la quale Archimede fece utilizzare ai Siracusani degli specchi esagonali per riflettere la luce del sole sulle navi di legno romane in modo da causarne l’incendio, è probabilmente solo una leggenda, perché questa operazione è risultata nella sperimentazione pratica con le tecnologie attuali, già complicata, lunga e dispendiosa…figuriamoci all’epoca!

Claudio Marcello abbandonò l’assalto via mare e dovette affidarsi ad un attacco con forze terrestri (oltre che alla collaborazione di un traditore siracusano) riuscendo ad penetrare e a conquistare la città. Archimede rimase ucciso negli scontri, anche se Marcello aveva ordinato di catturarlo vivo.

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