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IL TRIONFO DI POMPEO

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La guerra contro Sertorio è un episodio delle guerre civili romane che oppongono una coalizione di iberici e romani ai rappresentanti del regime stabilito da Silla. Il nome del conflitto deriva dal nome di Quinto Sertorio, l’ultimo oppositore di Silla. Questa lunga guerra (dall’80 a.C. al 72 a.C.)1 è contrassegnata dall’uso riuscito di tattiche di guerriglia da parte di Sertorio. Dopo l’assassinio di Sertorio da parte del luogotenente Marco Perperna Veiento, il conflitto si concluse con la vittoria degli eserciti della Repubblica Romana guidati dai proconsoli Quinto Cecilio Metello Pio e Pompeo. Intanto in Italia scoppia la grandiosa rivolta dei gladiatori, alla guida di Spartaco, lo schiavo della Tracia, e si processa il governatore della Sicilia, Verre, per corruzione e malversazione: ad accusarlo il giovane avvocato Cicerone.

Guerra contro i Pirati del Mediterraneo (66 a.C.) 

La repubblica romana era ora minacciata da un nuovo pericolo dal mare. Il Mediterraneo brulicava di pirati. Le conquiste romane in Africa, in Spagna, e specialmente in Grecia e in Asia Minore, avevano fatto fuggire con le loro navi, migliaia di spiriti avventurosi da quei paesi che davano sulla costa, per cercare sostentamento depredando il commercio dei mari.

Anche la crudeltà e le estorsioni dei governatori romani avevano condotto un gran numero di costoro al quel tipo di vita. Questi corsari si erano raggruppati in una specie di governo e possedevano numerose roccaforti – quattrocento, si dice – in Cilicia, Creta e in altri paesi. Con mille navi veloci perlustravano le acque del Mediterraneo, affinché nessun mercantile potesse stendere le sue vele in sicurezza. Formarono un impero sulle onde, che Michelet chiama “una Cartagine errante, di cui nessuno sapeva come impadronirsi, e che fluttuava dalla Spagna all’Asia”.

Christopher Noth nel ruolo di Pompeo, nella miniserie Tv
Christopher Noth nel ruolo di Pompeo, nella miniserie Tv “Giulio Cesare”, diretta da Uli Edel, 2002

Questi corsari, i Vichinghi del Sud, scendevano ovunque sulla costa, saccheggiavano ville e templi, attaccavano e conquistavano città e vendevano gli abitanti come schiavi nei vari mercati del mondo romano. Rapirono perfino dei  mercanti e dei magistrati dalla stessa via Appia e li trattennero per un riscatto. Alla fine intercettarono anche le navi piene di grano della Sicilia e dell’Africa e Roma fu minacciata dalle alternative della fame o del pagamento di un enorme riscatto.

I romani allora dichiararono loro una vera guerra. Pompeo fu investito del potere dittatoriale per tre anni sul Mediterraneo e tutte le sue coste fino a cinquanta miglia nell’entroterra. Al suo comando fu affidato un armamento di 500 navi e 100.000 uomini. Il grande generale agì con la sua caratteristica energia. In quaranta giorni aveva già spazzato via i pirati dal Mediterraneo occidentale, e in quarantanove li aveva cacciati da tutte le acque ad est dell’Italia, prendendo inoltre  le loro roccaforti in Cilicia e raccogliendo i 20.000 prigionieri che erano caduti nelle loro mani da varie colonie dell’Asia Minore e in Grecia. La condotta vigorosa e colma di successo di Pompeo in questa campagna contro i pirati gli valse grande onore e reputazione.

Pompeo e la terza guerra mitridatica (74-64 a.C.)

Mitridate VI Eupatore, modello 3d , RP-Model
Mitridate VI Eupatore, modello 3d , RP-Model

Nello stesso anno in cui Pompeo vinse i pirati, egli fu chiamato ad intraprendere un compito anche più difficile: La terza guerra mitridatica (La cosiddetta Seconda Guerra Mitridatica – 83-82 a.C. – fu un breve conflitto tra i Romani e Mitridate sorto subito dopo la fine della Prima). Mitridate il Grande, guidato dalla sua ambizione  e incoraggiato dal malcontento creatosi in tutte le province orientali dalla rapacità e dal malgoverno romani, era di nuovo in armi contro Roma. Aveva incitato alla rivolta quasi tutta l’Asia Minore. La direzione della guerra fu dapprima affidata al console Lucio Licinio Lucullo, ma presto questi perse la fiducia sia del popolo in patria che dei soldati nell’esercito; così il comando gli fu tolto e venne conferito a Pompeo, il cui successo nella guerra dei pirati aveva suscitato per lui un entusiasmo illimitato.

In una grande battaglia nella Piccola Armenia, Pompeo quasi annientò l’esercito di Mitridate. Il re fuggì dal campo e, dopo aver cercato invano un rifugio in Asia Minore, cercò asilo al di là delle montagne del Caucaso, le cui squallide barriere interponevano il loro scudo protettivo  tra lui e i suoi inseguitori. Gettatosi comunque al suo inseguimento, Pompeo si volse a sud e conquistò la Siria, la Fenicia e Celesiria, paesi che ridusse a province romane.

Sempre spingendosi verso sud, il conquistatore entrò in Palestina e, dopo un breve assedio, conquistò Gerusalemme (63 a.C.). Fu in quel momento che Pompeo insistette, nonostante le proteste del sommo sacerdote, per entrare nel Sancta Sanctorum del tempio ebraico. Scostando la tenda dell’appartamento gelosamente custodito, rimase sbalordito nel trovare nient’altro che una camera buia e vuota, senza nemmeno una statua del dio a cui era dedicato il santuario; nient’altro che un piccolo scrigno (l’Arca dell’Alleanza), contenente alcune sacre reliquie.

Mentre Pompeo era così impegnato, Mitridate stava riunendo tutte le energie  per formare un esercito tra le tribù scite con cui portare a termine un progetto anche più audace. Propose di attraversare l’Europa e di arrivare in Italia da nord. Una rivolta da parte di suo figlio Farnace rovinò tutti i suoi piani e le sue speranze; e il monarca deluso, per non cadere nelle mani dei romani, si tolse la vita (63 a.C.). La sua morte tolse di mezzo uno dei più formidabili nemici che Roma avesse mai incontrato. Amilcare, Annibale e Mitridate erano i tre grandi nomi che i romani pronunciavano sempre con rispetto e timore.

Il trionfo di Pompeo

Generale romano in trionfo
Generale romano in trionfo

Dopo aver regolato gli affari in diversi stati e province dell’Oriente, Pompeo partì per il suo ritorno a Roma, dove godette di un trionfo tale che non si era mai visto dalla fondazione dell’Urbe. Le spoglie di tutto l’Oriente furono portate in processione; 322 principi camminavano come prigionieri davanti al carro trionfale del conquistatore; le leggende sugli stendardi proclamavano che egli aveva sottomesso 21 re, catturato 1000 fortezze, 900 città e 800 navi e soggiogato più di 12.000.000 di persone; aveva inoltre portato nelle casse del Tesoro, più dell’equivalente di 25.000.000 di euro, oltre a raddoppiare le entrate regolari dello stato. 

Si vantava di aver trionfato tre volte, e ogni volta per la conquista di un continente: prima l’Africa, poi l’Europa, e ora l’Asia, con la quale aveva completato la conquista del mondo.

(Trad. dall’inglese da High school Ancient History, Greece and Rome di Philip Van Ness Myers, 1901)

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Catilina membro decaduto della nobiltà romana, saccheggiò dapprima l’Africa, di cui era governatore. Poiché Il senato rifiutò la sua candidatura al consolato, egli progettò un primo complotto contro la Repubblica, che fallisce, nel 65 a.C. Nel 63, essendo Cicerone console, Catilina cerca di ricoprire la stessa carica per l’anno successivo; sconfitto, organizza una seconda cospirazione. L’8 novembre del 63 Catilina, si presenta in senato, ma viene costretto ad allontanarsi  da un’arringa pronunciata contro di lui da Cicerone (discorso che con altri forma le celebri Orazioni Catilinarie). Mentre Cicerone fa giustiziare i suoi complici rimasti a Roma, Catilina, che si è unita all’esercito dei congiurati in Etruria, viene sconfitto e ucciso nella battaglia di Pistoia (62).

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