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KER

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Oltre alle Moire, che presiedevano alla vita dei mortali, c’era un’altra divinità, chiamata Ker, nominata per ogni essere umano al momento della sua nascita. Si credeva che il Ker appartenente a un individuo si sviluppasse con la sua crescita, nel bene o nel male; e quando il destino ultimo di un mortale stava per essere deciso, il suo Ker veniva pesato sulla bilancia e, secondo la preponderanza del suo valore o della sua inconsistenza, la vita o la morte veniva assegnata all’essere umano in questione. Diventa quindi evidente che, secondo la credenza dei primi Greci, ogni individuo aveva in suo potere, in una certa misura, la possibilità di abbreviare o prolungare la propria esistenza.

Le Keres, spesso citate da Omero, erano le dee che si dilettavano nel massacro del campo di battaglia.

Mito

I Keres o le Keres, sono divinità infernali, che infestano i campi di battaglia per bere il sangue dei morenti, catturare i moribondi e condurre le anime dei morti agli Inferi. Portano disgrazia e distruzione e contaminano tutti quelli che toccano, causando cecità, vecchiaia e morte. Sono rappresentate come orribili nell’aspetto, con unghie affilate e spalle coperte da un lungo mantello intriso del sangue dei corpi che esse portano via con loro.

Le Keres sono presenti nell’Iliade dove Omero le mostra come Parche che determinano la sorte e il destino dell’eroe al quale esse appaiono, offrendogli una scelta dalla quale dipende l’esito del fato della sua esistenza – votata al bene o al male – oppure personificano il tipo di vita e di morte che spettano di volta in volta al valoroso. Così, Achille ha la possibilità di scegliere tra due Keres: una che gli avrebbe dato una lunga vita lontano dalla guerra e un’altra che gli avrebbe assicurato invece un’esistenza più breve, ma gloriosa. Egli ovviamente scelse la seconda.

Le Keres (o i Keres) simboleggiano anche metonimicamente la morte.

Zeus, in presenza degli altri dèi, pesa i Keres di Achille ed Ettore su una bilancia d’oro durante il loro scontro.

Esiodo fa di Kere una figlia di Nyx. È generata senza intervento maschile, insieme ai suoi fratelli Moros (Fato), Hypnos (Sonno), Thanatos (Morte) e alcune altre astrazioni personificate.

Nel periodo classico, le Keres tendono ad essere confuse con divinità simili come le Moire, le Erinni o, come fa Platone nelle sue Leggi , con le Arpie.

Jean-Pierre Vernant, storico strutturalista contemporaneo, tende a contrapporre Thanatos, che definisce come il dio della “bella morte”, la morte guerriera, e le Keres, che definisce come le dee della morte “banale”, la morte che rimanda l’uomo all’oblio primordiale del Caos, originario.

(Libera rielaborazione  e adattamento da E. M. Berens. “The Myths and Legends of Ancient Greece and Rome”, 1880 e dalla versione multilingua di Wikipedia)

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