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LA SUPREMAZIA SPARTANA

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La guerra del Peloponneso è il conflitto che, dal 431 a.C. al 404 aC. oppose tra loro le città greche. La città di Atene, alla guida della Lega di Delo, conduce una politica provocatoria nei confronti dei suoi vicini (Corinto e Megara). Le città del Peloponneso, inclusa Sparta, dichiarano guerra ad Atene. L’Attica  è devastata, la città di Atene si mobilita ma subisce molte perdite. Venne conclusa una tregua tra il 421 a.C. dC e 415 aC. Poi dal 415 aC., la guerra si sposta in Sicilia dove gli Ateniesi subiscono gravi sconfitte. Il conflitto passa poi in Ionia. Atene perde la guerra. Sparta diventa quindi la prima potenza della Grecia.

Per una sola generazione dopo la guerra del Peloponneso (404-371 a.C.), Sparta mantenne la guida degli stati greci. Governi aristocratici, con istituzioni simili a quello spartano, furono stabiliti nelle diverse città dell’antico impero ateniese. Ad Atene fu abolita la costituzione democratica di Solone, sotto la quale gli Ateniesi avevano raggiunto la loro grandezza e al suo posto fu stabilita un’oligarchia oppressiva. I Trenta Tiranni, tuttavia, che sostenevano il potere e questo tipo di politica dispotica, furono, dopo otto mesi di governo infame, cacciati dalla città e venne ristabilita l’antica costituzione democratica, sebbene alquanto modificata (403 a.C.).

Tuttavia Atene continuò ancora a soffrire di piccole lotte civili e di una inesorabile decadenza politica. A volte accadeva che degli innocenti e delle persone oneste cadessero vittime delle inimicizie di partito e di sciocchi pregiudizi oppure delle calunnie che prevalevano in maniera ormai così ampia.

Processo e morte di Socrate

Socrate, LauraDollie, deviantart.com
Socrate, LauraDollie, deviantart.com

Di queste vittime il più illustre fu Socrate, il più grande filosofo moralista e maestro dell’antichità. Per aver avuto dei rapporti con diversi oligarchi, in realtà con costoro non poi così stretti, come Crizia e Teramene e con Alcibiade, cadde sotto il sospetto dei democratici (tutti questi presunti suoi discepoli furono peraltro sconfessati dal filosofo, per via della loro successiva condotta). Il suo amore per la disputa dialettica e la sua audacia nel contestare e criticare ogni opinione infondata, sia religiosa che filosofica o politica, gli avevano procurato molti nemici, tanto tra i moderati quanto fra i conservatori.

Era dunque inevitabile che l’antipatia e l’inimicizia, a lungo coltivate nei suoi confronti, dovessero trovare alla fine uno sbocco. Accusato, come pretesto di persecuzione politica, di non rispettare lo Stato, di ateismo e di “corrompere la gioventù e praticare l’empietà”, non fece quasi alcuno sforzo per salvarsi la vita, ma rivendicò anzi in tribunale la sua condotta e le sue azioni con grande fermezza e dignità. Condannato dai suoi giudici a morte, si rifiutò di ascoltare le esortazioni dei suoi amici a fuggire col loro aiuto e bevve tranquillamente la cicuta fatale in carcere.

Spedizione dei Diecimila (401- 400 a.C.)

L’aiuto dato dai Persiani a Sparta nella guerra del Peloponneso non fu del tutto disinteressato. Ciro, satrapo delle province persiane dell’Asia Minore, pensando che suo fratello Artaserse occupasse il trono ingiustamente, progettava in segreto di impossessarsi della corona. Era infatti questione controversa se il diritto di successione appartenesse al figlio maggiore o al figlio nato per primo dopo l’ascesa al trono del padre: la salita di Serse al trono, ad esempio, era stata decisa dal fatto che egli vide la luce durante il regno di Dario. In base a questo illustre precedente dunque, la corona ora doveva appartenere a Ciro.  

Nell’ultima parte della guerra del Peloponneso, quando vide il corso degli eventi volgersi contro Atene, Ciro prestò aiuto agli Spartani; proponendosi così di obbligarli ad appoggiarlo, affinché potesse chiedere il loro aiuto nell’impresa che aveva progettato. Ora era giunto il momento da parte loro di restituire il favore. All’esercito di centomila barbari che Ciro aveva radunato in Asia, gli Spartani aggiunsero circa undicimila soldati greci.

Anabasis of Xenophon, IsaacJuarez38, deviantart.com
Anabasis of Xenophon, IsaacJuarez38, deviantart.com

Con questa forza Ciro partì da Sardi, nella primavera del 401 a.C., marciò senza opposizione attraverso l’Asia Minore e la Mesopotamia fino a Babilonia, nel cuore stesso dell’Impero Persiano. Qui, a Cunassa, fu affrontato da Artaserse con una forza di oltre mezzo milione di uomini. I Barbari alleati di Ciro furono dispersi al primo assalto del nemico; ma i Greci resistevano come un saldo bastione di roccia. Ciro, tuttavia, fu ucciso;  gli altri Generali Greci, essendo stati persuasi ad entrare in consiglio, furono poi, una volta attirati nel tranello, perfidamente assassinati dai Persiani.

I greci, in una frettolosa riunione notturna, scelsero nuovi generali per ricondurre le truppe alle loro case. Uno di questi era Senofonte, il popolare storico che scrisse una cronaca della spedizione. Iniziava ora una delle ritirate più memorabili di tutta la storia. Dopo una marcia molto dura sulle calde pianure del Tigri e sui passi ghiacciati dell’Armenia, i sopravvissuti raggiunsero il Mar Nero, dimora delle sorelle “colonie greche”.

Declino dello Stato Spartano: la Pace di Antalcida (387 a.C.)

La parte avuta dai Greci nell’impresa di Ciro indusse il Monarca Persiano Artaserse a vendicarsi, interferendo nuovamente negli affari della Grecia. Le città greche dell’Asia furono le prime a subire il risentimento del Gran Re. Gli Spartani, sotto il loro re Agesilao, fornirono loro un aiuto tempestivo ed efficiente e sembrava che l’autorità persiana in Asia Minore dovesse finire spazzata via completamente.

Ma nel frattempo l’oro persiano stava ottenendo in Grecia ciò che la spada persiana non era in grado di compiere in Asia. Gli emissari di Artaserse, con persuasioni e doni, si erano assicurati una coalizione degli Stati Greci contro Sparta, ed i minacciosi movimenti di questi, costrinsero Agesilao a tornare in fretta per difendere la propria patria. Seguì una lotta disastrosa, nota come Guerra di Corinto (395-387 a.C.), in cui gli Spartani combatterono contro Ateniesi, Tebani, Corinzi, Argivi e Persiani. Infine, dopo che tutte le parti in gioco erano ormai stremate della contesa, la guerra finì con la Pace di Antalcida, così chiamata dal commissario spartano che dispose gli articoli del trattato.

The hoplite, Andrei-Pervukhin, deviantart.com
The hoplite, Andrei-Pervukhin, deviantart.com

Secondo i termini di questa pace, famosa perché considerata infame, tutte le città greche dell’Asia Minore, così come l’isola di Cipro e la città insulare di Clazomene, dovevano essere consegnate ai Persiani. Tre isole – Lemno, Imbros e Scyros – furono assegnate ad Atene. Tutte le altre isole, e gli stati greci della terraferma, furono lasciate ciascuna in una condizione di isolata indipendenza. Nessuna città doveva governare le altre o esigere da esse tributi. L’editto del re Artaserse si chiudeva così: “Chi si rifiuta di accettare questa pace, lo combatterò, assistito da coloro che sono della stessa idea [cioè gli spartani], per terra come per mare, con navi e con denaro”.

Sparta venne accusata di egoismo per il ruolo svolto nel costringere gli stati greci ad accettare i termini della pace di Antalcida. Ma non dovremmo essere troppo precipitosi a dare la colpa a lei soltanto. È vero che, per rompere la coalizione che si era formata contro di essa, la capitale della Laconia aveva barattato la libertà delle città elleniche dell’Asia; ma dobbiamo tenere a mente che questa misura era dettata dall’istinto di autoconservazione. 

Vi erano tuttavia a Sparta ancora alcuni che erano animati da sentimenti di un patriottismo sufficientemente generoso, tanto da indurli a lamentarsi delle circostanze, rimarcando che in questo modo la Grecia era stata lasciata alla mercé del loro nemico. Tra coloro che sostenevano questa posizione c’era il re patriota Agesilao, che Plutarco chiama il “Comandante e sovrano di tutta la Grecia”. Riferendosi alle gelosie e alle contese degli stati ellenici che ora avevano portato a rendere gli odiati persiani arbitri nei loro affari, esclamò: “Ahimè per la Grecia! Ha ucciso quasi tutti i suoi figli da non poter ormai conquistare tutti questi barbari!”

The Greek Thing, dashinvaine, deviantart.com
The Greek Thing, dashinvaine, deviantart.com

La pace di Antalcida lasciò Sparta libera di perseguire nuovamente i suoi schemi di aggressione e tirannia nei confronti degli altri stati greci, che erano ormai troppo divisi e indeboliti per opporre un’efficace resistenza al suo regime oppressivo. Ma alla fine l’ardente risentimento acceso contro le sue misure tiranniche ispirò contro di essa una rivolta così decisa che pose fine alla sua presunta supremazia sulle città sorelle.

(Trad. dall’inglese da High school Ancient History, Greece and Rome di Philip Van Ness Myers, 1901)

 Nel prossimo episodio – > :   Epaminonda nacque in una famiglia nobile ma povera. Valoroso generale tebano e fine stratega, vinse Sparta nella battaglia di Leuttra (371 a.C.), che pose fine al dominio dei Lacedemoni. L’anno successivo, l’esercito di Epaminonda invase il Peloponneso. Ma in seguito Epaminonda incontrò delle difficoltà e quando guidò di nuovo il suo esercito nel Peloponneso, non riuscì a prendere Corinto. Nel 364 a.C., Tebe entra in conflitto con la città di Mantinea che è sostenuta da Sparta e Atene, e qui ha luogo la battaglia omonima nel 362 a.C. I Tebani risultano vittoriosi, ma Epaminonda viene ucciso in battaglia. 

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