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LEONIDA ALLE TERMOPILI

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Copertina del Fumetto spagnolo Epopeya, dedicato alla battaglia delle Termopili, 1961
Copertina del Fumetto spagnolo Epopeya, dedicato alla battaglia delle Termopili, 1961

Era l’anno 480 a. C. Il re Serse I, era di un carattere orgoglioso e violento, ostinato come suo padre.

Nell’idea di conquistare la Grecia, ordinò ai satrapi del suo impero di preparare per questa spedizione una flotta ed un esercito tanto potenti e numerosi, come non se ne erano mai visti di simili prima.

Un giorno mentre Serse era occupato in questi preparativi nel suo palazzo di Susa, dove passava una parte dell’anno, alcuni stranieri chiesero di essere presentati al suo cospetto.

Erano due Spartani chiamati Buli e Spertia, i quali, una volta condotti dinanzi a lui, rifiutarono ostinatamente di prostrarsi, non essendo ciò conforme all’uso del loro paese. “Re de i Persiani,” gli dissero, “sono alcuni anni che il popolo spartano mandò a morte due ambasciatori, che Dario tuo padre, aveva inviato in Grecia per chiederci terra e acqua; se la tua collera contro la nostra nazione è incitata dalla ricordo di questa violenza del diritto delle genti, noi veniamo ad offrirti le nostre teste, affinché sia soddisfatta così la tua vendetta, e tu non faccia alcun male ai Greci “.

Serse, meravigliato  nel vedere un così nobile spirito di sacrificio, invece di mandare a morte i due Spartani, rispose loro con magnanimità: “Ritornate nella vostra patria, e fate sapere a tutti, al vostro passaggio, che se i Lacedemoni sono stati capaci di commettere un delitto esecrabile, non voglio io imitarli togliendo a voi la vita.”  Poi colmò questi stranieri di doni preziosi e li rimandò a Sparta con tutti gli onori.

Pochi mesi dopo, la flotta e l’esercito di Serse, erano già riuniti sulle spiagge dell’Asia minore, e questo gran re, dall’alto di un trono posto sopra una montagna, passò in rivista queste innumerevoli forze.  Quando si rese conto che il mare era tutto ricoperto dai suoi vascelli fino a dove poteva estendersi la sua vista, così come la riva appariva tutta occupata dai suoi soldati, si sentì ebbro di orgoglio e di gioia.

C’era un punto in cui il mare rinchiuso tra il lido di Grecia e gli stati del re persiano, era poco esteso. Qui si trovava uno stretto al quale era stato dato il nome di Ellesponto o mare di Elle, perché narrava la leggenda che un tempo, una principessa con questo nome, vi fosse naufragata. In questo luogo preciso, Serse fece gettare un gran ponte, come aveva fatto anche suo padre, quando portò guerra agli Sciti. Ma nella notte si alzò una terribile tempesta, che portò via tutte le barche e fece perire una considerevole quantità di uomini.

Leonida alle Termopili, Epopeya, 1961
Leonida alle Termopili, Epopeya, 1961

Serse fingendo allora di essere molto irritato contro il mare, che accusò di avere disobbedito alla suo onnipotenza, ordinò che venisse sferzato con verghe, e fece gettare nell’onde un paio di catene, per mostrare che egli lo considerava come uno schiavo; ma il suo stesso esercito si fece beffe di lui, poiché sembrava ora comportarsi come quei bambocci viziati, i quali piangono e battono i piedi, irritati perché non si vuol dar loro la luna, che per capriccio vorrebbero avere.

All’indomani si ricominciò a costruire un nuovo ponte, che fu presto terminato, e questa volta l’armata persiana si pose in marcia con tutte le sue truppe. Ci vollero sette giorni e sette notti a quest’immenso esercito per passare alla riva opposta e si dice che esso fu seguito da una quantità di carri cosi numerosa, che venne vista per un mese intero, passando sopra un altro ponte costruito a poca distanza dal primo.

La maggior parte de soldati persiani portavano lucidissime corazze che difendevano i loro petti dalle frecce nemiche; gli stessi loro cavalli erano coperti di ferro: perciò quando un cavaliere cadeva col proprio destriero, erano necessari più uomini per rialzarlo.

Nell’armata di Serse c’era anche un numero considerevole di carri armati di falci, tirati da quattro cavalli, le falci che questi carri portavano sui loro lati, quando venivano lanciate con rapidità, facevano a pezzi gli uomini ed i cavalli che si trovavano di fronte di esse, e si può ben comprendere quanto danno potessero arrecare; erano infatti grandi come quelle che usano i contadini per falciare l’erba nei prati.

Quando gli Ateniesi seppero che la grande armata di Serse si avvicinava per invadere la Grecia, credettero di essere irreparabilmente perduti, poiché non avevano più né Milziade, né Aristide a comandarli. Presi allora dal tardivo rimorso, innalzarono un superbo mausoleo al povero Milziade sul campo di Maratona, e richiamarono Aristide, pregandolo di venire a difendere la sua patria. Allo stesso tempo elessero Temistocle a generale di tutta l’armata.

Frattanto gli Spartani, che erano per natura di animo bellicoso, videro con piacere che bisognava di nuovo prepararsi a combattere. Impazienti di misurarsi coi Persiani, si unirono senza esitare agli Ateniesi, e uno dei loro re, chiamato Leonida, condusse con sè la valorosa gioventù spartana, a lui affidata dagli Efori.

Lion of Sparta, Classics Illustrated, 1963
Lion of Sparta, Classics Illustrated, 1963

Quando i Greci chiesero aiuto a Sparta, Leonida consultò l’oracolo di Delfi, che rispose con i seguenti versi:

«O abitatori di Sparta dalle larghe contrade,
o la grande rocca gloriosa verrà devastata dai discendenti di Perseo,
oppure questo non avverrà, ma la terra dei Lacedemoni piangerà
morto un re della stirpe di Eracle.»

(Erodoto, Storie, VII, 220.)

Nel congresso greco, che si tenne sull’istmo di Corinto, si decise che bisognava schierarsi contro il nemico al passo delle Termopili, e Leonida ebbe il comando delle forze destinate a questo compito. Il numero del suo esercito è variamente indicato: secondo Erodoto, ammontava a poco più di 5000 uomini, di cui 300 erano spartani; con ogni probabilità, il gruppo regolare di (cosiddetti) ἱππεῖς selezionati dagli Ippagretai, τοὺς κατεστεῶτας τριηκοσίους, come li chiama Erodoto (cfr. Müller, Dor. libro 3.12.5). Il resto delle forze lacedemoni doveva seguire la celebrazione della festa dei Carnei. 

Leonida I, re di Sparta, fu il diciassettesimo degli Agiadi (discendenti di Eracle), era uno dei figli di Anassandrida II, avuti dalla prima moglie e, secondo alcune testimonianze, era fratello gemello di Cleombroto (Hdt. 5.39-41; Paus. 3.3). Succedette al trono al fratellastro Cleomene I, intorno al 491 a.C., essendo morto in precedenza anche il fratello maggiore Dorieo. Plutarco scrive che quando qualcuno disse a Leonida “Tranne che per essere re, tu non sei per nulla superiore a noi” lui rispose “Ma se non fossi migliore di te, non sarei re”

Nelle file dell’esercito greco erano accorsi anche dei Tebani e dei Corinzi, e diversi altri popoli, poco numerosi, a dir vero, ma tutti incitati da un intrepido coraggio.

Ora, per penetrare in Grecia, era necessario che l’esercito persiano attraversasse lo stretto delle Termopili, dove non ci sono guadi, e dove, nelle vicinanze, si diceva che che i figli del mitico Deucalione avessero istituito l’assemblea Anfizionica. Questo stretto, formato per una parte da rupi scoscese e per l’altra da paludi in ogni tempo bagnate dall’acqua del mare, era in alcuni punti largo appena da potervi far passare un carro.

Leonida alle Termopili, Jacques-Louis David, 1814
Leonida alle Termopili, Jacques-Louis David, 1814

Quando l’esercito greco fu riunito alle Termopili, era prevalente il desiderio dei Peloponnesiaci di ripiegare sull’Istmo e di schierarsi lì contro i Persiani; fu soprattutto grazie all’influenza di Leonida che questo progetto, visto come egoistico e controproducente, fu abbandonato. I detti che Plutarco gli attribuisce prima della battaglia sono abbastanza noti e caratteristici di uno spartano. 

Gli Efori di Lacedemone ordinarono quindi a Leonida di recarsi in questo angusto sentiero con trecento Spartani ed alcuni Tebani, a fine di contendere il passo all’innumerevole esercito persiano, mentre il restante dei Greci si sarebbe riunito all’Istmo di Corinto, dove sarebbero salpati sulle navi che dovevano combattere quelle di Serse. Trecento soldati, contro un’esercito immenso, erano assai poca cosa; ma il loro amore verso la patria e il loro coraggio erano così ardenti, che bastavano a renderli formidabili quanto una grande armata, perché erano tutti decisi a morire piuttosto che ad abbandonare il posto affidato alla loro custodia.

Era costume a Sparta, allorchè un guerriero moriva sul campo di battaglia di fargli certi funerali, nei quali venivano celebrati alcuni giuochi in suo onore. Leonida e i suoi trecento compagni fermamente risoluti di morire nel combattimento, celebrarono da se stessi questi giuochi funebri prima di abbandonare i loro parenti, che trattennero le lacrime, per timore di indebolire il loro coraggio. 

Plutarco afferma infatti che furono celebrati giochi funebri in onore di Leonida e dei suoi compagni, prima della loro partenza da Sparta; secondo lui e Diodoro, inoltre, l’eroe devoto disse che gli uomini che aveva preso con sé erano pochi per combattere, ma sufficienti per morire; e quando la moglie Gorgo gli chiese quali fossero le sue ultime volontà, rispose: “Che tu sposi un marito coraggioso e che tu generi dei figli coraggiosi”.

Scena dal film, "L'eroe di Sparta", 1962
Scena dal film, “L’eroe di Sparta”, 1962

Leonida era appena giunto alle Termopili col suo piccolo esercito, quando un soldato spaventato venne a dirgli che i Persiani si avvicinavano ” Son essi tanto numerosi”  – aggiunse quell’uomo –  ” che quando lanciano in aria le loro frecce, il sole ne rimane ecclissato..” ” – Tanto meglio,” –  rispose l’eroe sorridendo – “ noi combatteremo all’ombra” . Infatti, l’innumerevole armata di Serse non tardò a coprire le pianure e le montagne vicine preparandosi a superare lo stretto; ma si fermò attonita nel vedere che gli Spartani non si muovevano per dar loro il passo. Serse mandò un cavaliere perche spiasse i movimenti dei Greci, non potendo immaginare che un pugno di uomini avesse intenzione di resistere a tre milioni di Persiani; ma questo cavaliere ritornò a lui dicendo di aver visto gli Spartani esercitarsi alla lotta e pettinarsi, il che era il modo consueto con cui questi popoli si preparavano a combattere.

Serse nell’udire questa nobile attitudine, provò da prima dispiacere di fare uccidere soldati così coraggiosi, e inviò a Leonida una tavoletta sulla quale stavano scritte queste sole parole: “Deponi le armi”. Ma lo Spartano gliela rimandò subito dopo avervi scritto sotto: “Vieni a prenderle”. Una sì fiera risposta non poteva che muovere a sdegno il re persiano; ma agli Spartani veniva insegnato sin da fanciulii a dir molte cose in poche parole e Leonida quantunque fosse re, era stato educato come gli altri, alla scuola di Licurgo.

Serse adunque abbandonatosi alla sua collera ordinò ad una buona mano dei suoi di catturare Leonida e di condurlo vivo dinanzi a lui con tutti i suoi compagni; ma siccome i Persiani non potevano inoltrarsi che a piccole squadre per volta, a causa dell’angustia del passo, gli Spartani ne uccisero un numero così grande, che gli altri furono obbligati a ritirarsi e a fuggire, e il re stesso temette per un momento che quella debole soldatesca lo potesse rovesciare dal suo trono in mezzo alla sua armata atterrita.

Attraverso gli scogli che dominavano lo stretto, si trovava un piccolo sentiero per il quale era agevole attaccare alle spalle la posizione degli Spartani, e impedir loro ogni mezzo di ritirarsi; ma era ignoto ai Persiani, e Serse sarebbe rimasto bloccato per molto tempo prima di poter superar lo stretto, se non si fosse a lui presentato un abitante del paese chiamato Efialte, offrendosi di condurre una buona mano di soldati per quel remoto sentiero, a condizione che gli si desse poi come compenso una grossa somma di denaro, quando tutti i Greci fossero caduti nelle sue mani. Il re, allettato da tale proposta, promise a quell’uomo tutto ciò che voleva in premio al suo tradimento, e ordinò a diecimila dei suoi bravi guerrieri, che si chiamavano gli immortali, di seguire Efialte dovunque li avesse condotti.

Mappa della Battaglia delle Termopili
Mappa della Battaglia delle Termopili

Questo Efialte commetteva per certo un orribile azione, vendendo in tal modo ai nemici il sangue dei suoi fratelli che avevano acconsentito a sacrificare le loro vite per sottrarre i Greci alla schiavitù.

Appena giunta la notte, Efialte partì coi diecimila Persiani, ma Leonida informato ben presto del loro avvicinarsi, decise di non morire senza avere arrecato ai nemici tutto il male possibile; poichè né egli, nẻ alcuno de suoi compagni si sarebbero mai lasciati corrompere dall’oro, né avrebbero voluto mai abbandonare il posto loro affidato dai Greci; Leonida avrebbe desiderato soltanto rimandare a casa due giovani Greci suoi parenti, da lui amati teneramente, affinchè non perissero come gli altri nel combattimento: ma questi due giovani accortisi della sua intenzione, non vollero lasciare i loro camerati, e preferirono morire gloriosamente combattendo con essi.

Quando si seppe del tradimento di Efialte di Trachis, nella Malide (Piccola regione situata ai confini tra la Grecia settentrionale e centrale), il quale appunto aveva rivelato il sentiero montano dell’Anopaea ai Persiani e al loro generale Idarne, dopo i loro vani tentativi di forzare il passo delle Termopili, Leonida, dichiarando che lui e gli Spartani al suo comando dovevano rimanere nella postazione che erano stati mandati a presidiare, congedò tutti gli altri Greci, tranne le forze di Tespi e Tebe (per la precisione 300 Spartiati, 700 Tespiesi e 400 Tebani)

Approfittando allora dell’oscurità della notte, il piccolo esercito di Leonida calò segretamente nel campo parsiano, e prima che quei soldati, che si trovarono quasi tutti immersi nel sonno, potessero difendersi, i Greci ne scannarono un numero così grande, che i nemici non potendo fra le tenebre distinguere la piccola schiera dei loro assalitori, credettero si trattasse di una considerevole armata che veniva a sterminarli. Serse stesso sorpreso nel primo suo sonno fu costretto a fuggire dal suo letto e a cercare rifugio in mezzo alle sue guardie; i diecimila immortali non ebbero un successo migliore, in quanto fu fatta un’orribile strage della maggior parte di essi .

La battaglia delle Termopili, illustrazione
La battaglia delle Termopili, illustrazione

 Poi, all’alba, prima che il corpo dei Persiani, che stava attraversando la montagna sotto Idarne, potesse arrivare ad attaccarlo alle spalle, Leonida avanzò dallo stretto passo e caricò le miriadi di nemici con il suo manipolo di truppe, ormai senza speranza di preservare le loro vite e ansiose solo di venderle a caro prezzo. Infatti i Persiani si erano ormai accorti che i Lacedemoni erano in numero esiguo, perciò, pieni di vergogna per il terrore che ne avevano avuto e riprendendo coraggio, uccisero tutti quegli intrepidi Greci, cominciando da Leonida, ma combattendo da lontano e a colpi di frecce, poichè non osavano ancora esporsi ai colpi delle loro terribili spade.

Nella disperata battaglia che ne seguì, Leonida stesso cadde presto. La sua testa fu poi tagliata per ordine di Serse e il suo corpo crocifisso. Il suo cadavere fu recuperato dai Greci solo dopo una violenta lotta.

Questa vittoria non fu molto gloriosa per Serse, essendo stati necessari molti combattimenti per vincere un pugno di soldati; con essa essa egli si rese conto in pari tempo, che tutta la sua potenza sarebbe stata insufficiente per costringere i Greci a divenire suoi schiavi, se questi fossero stati tutti prodi come i compagni di Leonida.

Forse Leonida sperava di circondare le forze di Idarne: se fosse stato così, dobbiamo dire che la sua manovra fallì e il piccolo esercito greco, attaccato da entrambi i lati, fu sterminato, tranne i Tebani, che si dice si siano arresi.

Sulla collinetta del passo, dove i Greci rimasti fecero l’ultima resistenza, fu eretto in suo onore un leone di pietra (così ci dice Erodoto); e Pausania dice che le sue ossa furono portate a Sparta quarant’anni dopo, da un certo Pausania; ma se era lo stesso che comandava nella battaglia di Plataea, “quaranta” deve essere forse una lettura errata per “quattro” (cfr. Larcher, ad Herod. 7.225). 

Ancora lungo tempo dopo la morte di questi coraggiosi Spartani, si potevano vedere alle Termopili dei ceppi sui quali erano scolpiti i nomi dei nobili guerrieri che erano caduti lì preferendo la morte alla schiavitù: e sopra una di queste mezze colonne alquanto più in alto delle altre, si leggevano queste parole, che vi erano state scolpite in greco :

 

O viandante, va a dire a Sparta che noi siamo morti qui per ubbidire alle sue sante leggi.

 

Mai vi fu un Greco che potesse leggere questo epitaffio senza versare lacrime di rispetto e di compassione.

Leonida nei secoli

Periodo ellenistico

Busto di Leonida, V secolo a.C., Museo archeologico di Sparta
Busto di Leonida, V secolo a.C., Museo archeologico di Sparta

In onore di Leonida nel periodo ellenistico, gli Spartani eressero un tempio, il Leonidaio, e celebrarono una festa annuale, la Leonidaia. Questa celebrazione scemò quando Sparta cominciò a decadere, ma riprese nuovamente vita durante il periodo dell’imperatore romano Traiano. Traiano lo fece anche per ragioni di opportunità politica, poiché a quel tempo era iniziata la guerra tra Roma e i Parti, i successori dello stato persiano, ed egli voleva ricordare l’atteggiamento eroico dei Greci nelle guerre persiane. Infatti, un nobile romano, fece una grossa donazione finanziaria alla celebrazione.

Storia moderna

Alla periferia dell’acropoli di Sparta e ai limiti settentrionali dell’attuale città, si conservano i resti di un peculiare edificio a forma di tempio (V secolo a.C.). La tradizione locale ritiene che si tratti della tomba di Leonida, tuttavia è noto che le sue ossa furono trasportate dalle Termopili e sepolte più a nord, nei pressi del teatro.

In età moderna venne costruito un tumulo-monumento nella città di Sparta e una statua-monumento sul campo dove ebbe luogo la battaglia delle Termopili. Il monumento delle Termopili fu eretto nel 1955 e fu realizzato dallo scultore Vassos Falireas. Sul piedistallo centrale c’è una statua in bronzo del re spartano con lancia e scudo  Lo accompagnano due statue, le rappresentazioni di Eurota e Taigeto. Sulla base venne posta una targa con su scritto “MOLON LABE” (in greco antico: μολὼν λαβέ, Molòn labé, “vieni a prenderle”) Secondo lo storico Plutarco furono queste le parole che il re di Sparta Leonida I inviò in risposta alla richiesta di consegnare le armi avanzata dal re persiano Serse prima della battaglia delle Termopili.

L’imponente statua di Sparta dedicata sempre a Leonida è stata progettata nel 1969 e si trova di fronte allo Stadio Nazionale della città. La figura del re Leonida in entrambe le statue, a Sparta e alle Termopili, è basata sulla rappresentazione di un guerriero scoperta dalla British School of Archaeology nel 1920 e identificato con il re caduto.

Simbolismo e modello

L’esempio eroico di Leonida e il ricordo della battaglia delle Termopili furono di esempio per molti popoli in diverse epoche della storia. I greci moderni lo usarono contro l’Impero Ottomano, durante la rivoluzione del 1821 , gli Alleati in occasione dell’invasione della Grecia da parte delle forze dell’Asse, all’epoca della Rivoluzione francese venne usato per simboleggiare la lotta tra le forze aristocratiche e quelle rivoluzionarie. Napoleone I Bonaparte lo usò prima della battaglia di Waterloo, i romani lo ricordarono ogni volta che combattevano i popoli dell’Asia, e gli irlandesi nella loro lotta per l’indipendenza. L’aeronautica tedesca durante la seconda guerra mondiale aveva un gruppo di piloti suicidi, qualcosa di simile ai kamikaze giapponesi, chiamati “Unità Leonida”. Il gruppo fu formato su richiesta della pilota Hanna Reitsch a Hitler e quando fu creato il 5° Squadrone, esso era sotto il comando dell’ufficiale Werner Baubach e apparteneva al Kampfgeschwader 200, l’unità speciale della Luftwaffe.

Particolare del monumento all'eroe di Sparta, Leonida, nella moderna città di Sparta, in Laconia, nel Peloponneso (Grecia).
Particolare del monumento all’eroe di Sparta, Leonida, nella moderna città di Sparta, in Laconia, nel Peloponneso (Grecia).

(Libero riadattamento da “La storia Greca: raccontata ai fanciulli” di Lamé Fleury, 1855, con integrazioni e aggiunte da “Encyclopædia Britannica Eleventh Edition”, 1910,  – da “Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology” di William Smith, 1849 – dalle edizioni italiana ed ellenica di Wikipedia

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