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FILOSOFIA: I PRESOCRATICI

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La scuola di Atene, Raffaello
La scuola di Atene, Raffaello

La religione greca, piena zeppa di dei ed eroi, coinvolgeva praticamente ogni aspetto della loro vita, dando ai greci un’idea di come fosse il loro mondo e da dove essi provenissero, anche se per la maggior parte delle loro domande rimanevano senza risposta.

La filosofia greca ha la sua origine nel desiderio espresso dai primi pensatori di spiegare il mondo che li circonda, ponendo domande fondamentali come:

  • Perché esiste l’universo?
  • Perché siamo qui?
  • Da dove veniamo?
  • Qual è la natura dell’universo?
  • Cosa succede dopo la morte?

E la parola chiave per definire ciò che guida la ricerca del filosofo è quella della ricerca delle cause, questo desiderio di capire e spiegare le cose, piuttosto che accettare ciò che viene imposto dalla religione o dal mito. Inoltre, la religione degli antichi greci era piena di contraddizioni; gli dèi infatti erano spesso vendicativi, crudeli, perfino infantili, francamente antipatici e poco credibili come divinità. Ma c’erano alcuni uomini saggi che volevano dare risposte diverse a questi interrogativi, e che speravano che queste sarebbero state migliori.

Nel V secolo a.C., Il filosofo Senofane lancia una critica decisiva alla tradizione:

Sia Omero che Esiodo attribuivano ogni cosa agli dei: furto, adulterio e inganno reciproco.

Se questi dei non sono in grado di darci le risposte che cerchiamo, allora chi può fornirle? Ecco allora la Filosofia che arriva senza fretta per cercare di fare chiarezza sul tutto.

La stessa parola filosofo significa “amante della saggezza”: sofia significa “saggezza” (o “sapienza”, ma anche “scienza”) e fileina, “amare”. Dunque “Amore per la Sapienza”. I filosofi greci provenivano tutti da ambienti diversi. Filosofi come Platone appartenevano all’aristocrazia, ma c’erano anche pensatori come Socrate o Diogene, che erano gente del popolo.

Statue di Socrate e Platone
Statue di Socrate e Platone

Alla scoperta dei i primi filosofi greci

I primi filosofi greci sono spesso denominati come presocratici, perché sono vissuti tutti prima di Socrate, che é la figura di spicco della filosofia greca e che crea uno spartiacque fra il proprio pensiero e quello successivo.

I presocratici non erano dei filosofi nel senso in cui intendiamo oggi. La maggior parte di loro non scriveva libri né impartiva alcun insegnamento. In verità, si accontentavano di fare domande e cercare le risposte nel mondo che li circondava.

Le risposte fornite dalla mitologia non li soddisfacevano, così cercarono altre soluzioni nella natura e nei suoi elementi.

Anche se non sempre hanno saputo fornire risposte precise, sono state all’origine di grandi interrogativi, destinati a scuotere le convinzioni comuni.

Purtroppo l’esiguo numero di fonti disponibili su questi primi filosofi, non ci consente una ricostruzione precisa del loro pensiero. Infatti, questi filosofi in alcuni casi non scrissero nulla, affidandosi unicamente all’insegnamento orale, oppure i loro libri sono andati perduti. Quindi i ricercatori sono costretti ad affidarsi a testimonianze di scrittori appartenenti a epoche successive, a volte anche di molto, come Aristotele o Diogene Laerzio, che hanno scritto di filosofia o si sono rifatti alle indagini dei presocratici. Tuttavia il materiale rimastoci, tra cui alcuni frammenti originali dei loro scritti, per darci un’idea abbastanza fedele delle loro teorie.

Talete e Anassimandro: osservare i fenomeni

Ritratto immaginario di Talete
Ritratto immaginario di Talete

All’origine della cosiddetta scuola ionica, Talete e Anassimandro, entrambi della città di Mileto, sono tra i più importanti filosofi presocratici del VI secolo a.C. Il primo fu il maestro del secondo, anche se non siamo del tutto certi di questo.

Probabilmente non è un caso che questi primi filosofi provenissero da Mileto. Da questa città situata sulla costa sud-occidentale dell’Asia Minore, passavano molti visitatori provenienti da tutto il Mediterraneo e dall’Oriente. Luogo dunque di passaggio, di incontro e di confronto, la città si prestava naturalmente allo scambio di idee.

La ricerca di questi due filosofi era concentrata tutta sul mondo naturale che vedevano intorno a loro. Nacque così una filosofia chiamata naturalistica.

Aneddoti su Talete

Talete di Mileto, uno dei Sette Savi dell’antica Grecia, è una figura avvolta nel mito e nella storia. Ecco alcuni aneddoti divertenti associati alla sua vita:

1. L’incidente con l’osservazione delle stelle: Si dice che Talete fosse così immerso nell’osservazione delle stelle che una volta inciampò su una pietra mentre camminava, cadendo in una buca. Una servita di passaggio lo rimproverò per essere così intento nell’osservazione del cielo da ignorare il terreno sotto i suoi piedi.

2. La burla sulla sua mancanza di denaro: Talete era spesso deriso dai suoi concittadini per la sua apparente distrazione dalle questioni pratiche. In una storia, un ricco mercante di olio, probabilmente cercando di burlarsi di lui, gli chiese perché non insegnasse ai giovani come fare soldi. Talete prese la sfida sul serio e prevedendo una buona stagione per l’olio, acquistò opzioni su numerosi torchi di olio. Quando la stagione arrivò, affittò i torchi agli agricoltori ottenendo un grande profitto, dimostrando la sua astuzia finanziaria.

3. Risoluzione di un problema di geometria con l’acqua: In un’occasione, Talete risolse un problema di geometria che coinvolgeva una piramide. Era stato chiesto quale fosse l’altezza di una piramide a base quadrata. Talete risolse il problema riempiendo d’acqua il contenitore della piramide e misurando quanto fosse necessario per riempirlo. Questo episodio rifletteva il suo approccio pratico e creativo alla risoluzione dei problemi.

4. Scommessa sugli ulivi: Talete scommise con gli abitanti di Mileto che sarebbe stato in grado di prevedere con precisione il momento in cui si sarebbe verificata una buona raccolta di olive. Talete comprò tutte le presse per l’olio che Mileto poteva offrire in prestito. Quando la grande raccolta arrivò, le presse furono richieste da tutti gli agricoltori, che dovettero rivolgersi a Talete per utilizzarle. In cambio, Talete impose un alto prezzo per l’uso delle presse, guadagnando notevolmente dalla scommessa. Questa storia sembra essere una ripetizione dell’aneddoto sulla mancanza di denaro. Luciano De Crescenzo, nel suo Storia della Filosofia Greca – I presocratici, 1983, fa notare che “

“Questo tipo di speculazione oggi viene chiamata aggiotaggio e non è una cosa pulita, lui però la mise in pratica solo per dimostrare che, volendo, il filosofo poteva arricchirsi come e quanto credeva. La verità è che il nostro Talete era un figlio di buona donna e non a torto Platone, quando parlava di lui, lo definiva: «ingegnoso inventore di tecniche».”

Questi aneddoti, sebbene spesso leggendari, contribuiscono a dipingere un ritratto vivace e interessante di Talete come un uomo di acuta intelligenza, umorismo e spirito imprenditoriale.

In principio era l’acqua

Entrambi questi filosofi erano interessati ai quattro elementi: acqua, terra, aria e fuoco. Essi ritenevano che tutto nell’Universo provenisse da questi quattro elementi. Vedendo che la terra su cui si trovava era circondata dall’acqua, Talete dedusse che lo fosse anche l’intera terra. Questa nozione corrispondeva all’antica credenza dei Greci, per i quali la terra era un’enorme isola circondata dall’acqua, una sorta di enorme Pangea.

Ma Talete spinse ancora oltre il suo ragionamento e fece dell’acqua la materia prima della vita, l’elemento essenziale per la sopravvivenza degli uomini, delle piante e degli animali. I Greci chiamavano questo primo principio arché, il “principio primo” appunto.

Talete fu un osservatore davvero geniale, infatti osservò tra i primi il fenomeno dell’elettricità, e ne dedusse come che anche una calamita deve avere un’anima, poiché mette in moto le altre cose. Per questo, ci deve essere un’intelligenza, quindi un’anima in tutte le cose. Questa teoria è detta “animismo” e avrà una lunga storia fino al Rinascimento, il Romanticismo e oltre.

Anassimandro: L’apeiron

Anassimandro in un mosaico del III secolo
Anassimandro in un mosaico del III secolo

Anassimandro riteneva che la Terra avesse una forma a disco. Egli definisce l’essenza dell’universo come un tutto indeterminato (“l’apeiron” cioè “senza limiti”), che contiene in sé i propri opposti. Per lui ogni nascita è la separazione degli opposti, la morte è la loro riunione nel tutto.

Si dice che sia stato il primo ad aver disegnato la mappa del mondo e gli dobbiamo una teoria su come si sono formati l’Universo e i cieli. Questa è la prima cosmologia di cui egli è, secondo alcuni, l’inventore.

Le teorie di Talete e Anassimandro non sono prive di interesse anche per noi, uomini di oggi, che abbiamo conoscenze scientifiche assai più avanzate. Sono i primi due pensatori ad aver intrapreso un’indagine razionale sul cosmo, basata sull’osservazione e il senso critico ed escludendo il sovrannaturale. Probabilmente questa è stata loro scoperta più importante.

Anassimene, una boccata d’aria

Anassimene fu un altro Filosofo ionico (c. 585-c. 525 a.C.).

Ritratto immaginario di Anassimene
Ritratto immaginario di Anassimene

Dal suo maestro Anassimandro, conservò l’idea che il principio dell’universo è indeterminato: questo principio, come aveva affermato Talete, è però osservabile. Per Anassimene, tutto proviene dall’aria e ad essa ritorna. Era questa una riaffermazione del principio della scuola ionica, di parlare solo in termini di processi osservabili e descrivibili in modo assolutamente rigoroso, là dove Anassimandro sembrava aver di nuovo ceduto il passo al misticismo e al sacro col suo apeiron.

Anassimandro ed Anassimene fun facts

Anassimandro e il modello mappa del mondo: Si racconta che Anassimandro sia stato uno dei primi a creare una mappa del mondo conosciuto dell’epoca. La mappa avrebbe rappresentato la Terra come un cilindro conosciuto come un “cannolo”. Tuttavia, secondo l’aneddoto, la mappa era talmente intricata e dettagliata che Anassimandro si perse mentre cercava di spiegarla a un pubblico, dimostrando l’ampiezza delle sue conoscenze geografiche, ma anche la sua incapacità di semplificare la complessità della sua idea.

Anassimene e il respiro dell’universo: Anassimene, discepolo di Anassimandro, è noto per aver sviluppato la teoria che l’aria fosse la sostanza primaria di tutte le cose. Si racconta che, mentre contemplava l’aria attorno a sé, Anassimene ebbe l’idea che il respiro umano e l’aria circostante fossero strettamente collegati. Ironicamente, l’aneddoto suggerisce che mentre meditava su questa connessione, Anassimene ebbe un attacco di tosse, dimostrando l’interazione immediata tra l’uomo e l’elemento che stava studiando.

Anassimandro e la cautela di non offender gli dei: Anassimandro credeva che il principio originale dell’universo fosse “l’infinito” o “l’apeiron”. Si racconta che Anassimandro, a differenza di Talete, evitava di specificare gli elementi primari come l’acqua o il fuoco per non dare l’impressione che un elemento fosse superiore agli altri. Si dice che durante una discussione su quale elemento fosse più importante, Anassimandro rispose con cautela che “tutti gli elementi sono importanti e non dobbiamo offenderli”. Questa risposta ironica rifletteva la sua preoccupazione di non sminuire la sacralità degli elementi naturali.

Parmenide e l’Essere

Busto di Parmenide
Busto di Parmenide

Uno dei primi filosofi a mettere in discussione l’esperienza sensibile in tutti i suoi aspetti, fu Parmenide, originario di Elea, città greca dell’Italia meridionale. Come per gli altri presocratici, le sue date di nascita e morte rimangono incerte o sconosciute, ma sappiamo che nel 450 a.C. visitò Atene.

La sua preoccupazione principale era capire perché qualcosa esiste e poi cessa di esistere. Questa domanda sull’essere delle cose è oggetto di un suo lungo poema intitolato Il sentiero della verità, concetto anche questo, quello della verità appunto, che nasce proprio con lui.

Da dove viene l’esistenza? Che provenga da ciò che non è, non ti autorizzo a dirlo o a pensarlo perché non è né dicibile né pensabile che non sia. Quale necessità infatti lo avrebbe condotto prima o poi a nascere se procedesse dal nulla?

Alla fine, Parmenide arrivò alla conclusione tutto esiste, anche quando non ci appare come tale o quando ci sembra che non esista più, e che possiamo renderci conto di ciò quando pensiamo, perché solo nel pensiero le cose si rivelano come “esistenti”, mentre affidandosi alla pura esperienza sensibile e soggettiva, influenzata anche dalle circostanze, una stessa cosa può ora apparire come esistente e ora no, ora piccola e poi grande ecc.

Parmenide giunse alla conclusione che tutto ciò che esiste fosse sempre esistito e esisterà sempre in una forma o nell’altra. Questa è la teoria dell’immutabilità dell’essere. Pantamenei, dice il filosofo: “tutto resta”.

Questa teoria, apparentemente paradossale, è invece importante perché è la prima testimonianza del pensiero occidentale dell’esigenza di basarsi su principi conoscitivi univoci, stabili, validi per tutti, in ogni tempo e luogo, dunque concettuali, e non di adeguarsi solo di volta in volta all’esperienza empirica e mutevole, secondo convenienza, oppure di dar retta alle dicerie o alla tradizione, magari per pigrizia.

 

1- Il viaggio di Parmenide nell’oltretomba: Si racconta che Parmenide abbia avuto un’esperienza mistica di viaggio nell’oltretomba, durante la quale venne guidato da una dea attraverso un percorso di conoscenza e verità. Questa esperienza avrebbe influenzato profondamente il suo pensiero filosofico, portandolo a sostenere che solo l’Essere è reale e che il divenire è un’illusione. Questo aneddoto mette in luce la sua visione metafisica e il suo impegno nella ricerca della verità assoluta.

2- Parmenide e Zenone (suo discepolo) erano amanti?: Diogene Laerzio nel suo “Vite dei filosofi” (libro IX, 5)  scrive “Zenone era discepolo di Parmenide e suo innamorato.” (“Ὁ δὴ Ζήνων διακήκοε Παρμενίδου καὶ γέγονεν αὐτοῦ παιδικά”) il termine usato “παιδικά” deriva daπαῖς (paîs, “child”) + -ῐκός (-ikós), può essere genericamente tradotto come “figlio adottivo”, ma data la nota relazione omosessuale e pedagogica che intercorreva tra uomini adulti e giovani (il rapporto erastes-eromenos), non è affatto da escludere, anzi è molto probabile, che si riferisca ad legame intimo fra i due. Il concetto sembra ribadito da Platone nel Parmenide, che peraltro ci descrive Zenone come un giovane di bell’aspetto.

3 – Quando Zenone si morse la lingua: Come il suo maestro Parmenide, Zenone fu probabilmente attivo in politica. Secondo Diogene Laerzio, rischiò la vita per rovesciare un tiranno di Elea:

“Essendo partito per rovesciare il tiranno Nearco (altri dicono Diomedonte), fu arrestato (…). Interrogato sui suoi complici e sulle armi che aveva fatto consegnare a Lipara, fece i nomi di tutti gli amici del tiranno, con l’intenzione di isolarlo dai suoi stessi simili. Poi, con il pretesto di fare rivelazioni riservate su alcune persone, morse crudelmente il tiranno all’orecchio e lo lasciò andare solo quando fu ferito a morte (…). Alla fine, si tagliò la lingua con i denti e gliela sputò in faccia.”

Il tiranno non la prese bene perché sembra che poi lo fece gettare in un mortaio dove fu schiacciato e ridotto in poltiglia.

4 – Zenone denuncia i suoi nemici: il solito tiranno Nearco sembra che abbia fatto più di un tentativo di estorcere i nomi dei congiurati a Zenone, e questi denunciò uno per uno, tutti i politici più vicini al despota. Una tecnica simile alle dimostrazioni per assurdo, in cui Zenone era maestro, che assumevano come valida la tesi dell’avversario per ritorcergliela poi contro.

5 – La Corsa di Achille e la Tartaruga: Uno dei paradossi più celebri di Zenone è quello della Corsa di Achille e la Tartaruga. Si racconta che Zenone sfidò i suoi interlocutori a immaginare una gara tra Achille e una tartaruga, in cui la tartaruga parte avvantaggiata di un certo tratto. Nonostante Achille sia molto più veloce, Zenone sostenne che la tartaruga non sarebbe mai stata raggiunta da Achille, poiché ogni volta che Achille raggiunge il punto in cui si trovava la tartaruga, questa avrebbe già fatto un altro piccolo passo avanti. Questo paradossale ragionamento mette in luce l’idea dell’infinità delle divisioni dello spazio e del tempo.

6 – Il paradosso del doppio: In un altro paradossale ragionamento, Zenone propose che il movimento sia impossibile poiché qualsiasi oggetto in movimento deve prima raggiungere metà della sua destinazione, quindi la metà di quella metà, e così via all’infinito. Questo renderebbe il completamento del movimento impossibile. Questo aneddoto illustra il modo in cui Zenone sfidava le intuizioni comuni per dimostrare i concetti filosofici complessi.

7- Antistene spiazza Zenone –  Si dice che Antistene il Cinico, non avendo più argomentazioni per confutare le tesi di Zenone, si sia messo a camminare su e giù per la stanza, fino a che quest’ultimo non esclamò:  “Ti vuoi stare fermo un momento?” E allora il cinico lo prese subito in castagna “Allora ammetti che mi muovo!?”

Eraclito: Tutto scorre

Eraclito, Eraclito, Johannes Moreelse, 1630
Eraclito, Eraclito, Johannes Moreelse, 1630

Dall’altra parte del Mediterraneo, ad Efeso, viveva un altro filosofo, Eraclito (intorno al 540-480 aC). La sua teoria dell’esistenza si pone all’esatto opposto di quella di Parmenide.

Eraclito pensa che tutto sia in uno stato di cambiamento perpetuo, chiamato flusso. Tutto deve muoversi o cambiare per crescere e progredire. A differenza di Anassimandro poi, egli non crede che l’unione dei quattro elementi all’origine dell’Universo.

Eraclito amava spiegare le sue teoria servendosi di immagini: quando si immerge il piede nel fiume, e poi lo si tira fuori, l’acqua è nel frattempo passata, scorrendo via e il fiume non è più la stesso. Se immergi di nuovo il piede nelle stesse acque, in realtà sarà come bagnarsi in un nuovo torrente. La natura perennemente mutevole di un corso d’acqua riflette perfettamente ciò che Eraclito pensava della natura stessa dell’esistenza.

Il detto Pánta rheî : “Tutte le cose sono in uno stato di flusso”, “tutto scorre”, così come l’altra formula: “Non puoi bagnarti due volte nello stesso fiume” riassumono bene il pensiero di questo movimento permanente.

La poesia di Apollinaire “Le Pont Mirabeau” mette a confronto queste due opposte teorie (Pamenidea ed Eraclitea) sul corso della vita:

Sotto il ponte Mirabeau scorre la Senna
E i nostri amori, devo ricordare, la gioia veniva sempre dopo il dolore.
Vienna, la notte batte l’ora
I giorni passano, io rimango […]

Disprezzo per i giochi per bambini:

Si racconta che Eraclito fosse ossessionato dal suo desiderio di contemplazione filosofica e che avesse un atteggiamento serio e distante. Si dice che una volta abbia incontrato alcuni bambini che stavano giocando ai dadi, e abbia iniziato a rimproverarli per il loro atteggiamento frivolo e il loro tempo sprecato. Eraclito sembrava ritenere che il gioco fosse una distrazione dalla riflessione seria e dalla ricerca della verità.

Riscaldamento del fango:

Secondo una storia, Eraclito avrebbe trascorso molto tempo vicino a un fiume e avrebbe applicato fango sul suo corpo nudo per farsi seccare dal sole. Questo comportamento bizzarro potrebbe riflettere la sua filosofia del cambiamento e del ciclo naturale delle cose, ma è anche stato oggetto di scherno e ridicolo da parte dei suoi contemporanei.

Disprezzo per i visitatori curiosi:

Eraclito sembrava non avere molta pazienza per coloro che lo visitavano solo per soddisfare la loro curiosità e non per discutere seriamente di filosofia. Si dice che abbia rifiutato di rispondere alle domande di un visitatore curioso e che abbia risposto bruscamente: “Chiunque venga qui per scoprire qualcosa deve scappare!”

Una capatina in cucina:

Un aneddoto narra che Eraclito, durante un viaggio, sia entrato in una cucina per riscaldarsi. Quando il cuoco gli ha chiesto se voleva un piatto caldo, Eraclito si è rifiutato, spiegando che non voleva un cibo caldo, ma semplicemente il calore del fuoco. Questo episodio enfatizza la sua ricerca di esperienze e conoscenza più profonde piuttosto che il semplice piacere sensuale

Pitagora e la reincarnazione

Ritratto immaginario di Pitagora
Ritratto immaginario di Pitagora

Parmenide ed Eraclito hanno affrontato la questione dell’esistenza, nel loro desiderio di spiegare cosa c’era prima della nascita e dopo la morte.

Altri filosofi presocratici avevano già affrontato l’argomento da un’altra punto di vista. Se Parmenide diceva la verità quando affermava che la materia esisteva prima di noi, cosa succede all’anima, la nostra psiche, una volta che il corpo è morto? Una delle risposte successive fu quella di far ricorso alla reincarnazione.

L’idea della reincarnazione non è greca. Se ne parlava da tempo già in Egitto e in Mesopotamia.

Questa citazione di Empedocle (circa 450 a.C.) la riassume perfettamente:

Ho già visto la luce del giorno quando ero un ragazzo, una fanciulla, un cespuglio, un uccello e un pesce che nuota.

Tuttavia, ‘uomo che rese popolare il concetto di reincarnazione fu Pitagora, probabilmente il più famoso di tutti i filosofi presocratici, nonché il più controverso, influente filosofo e matematico . Originario dell’isola di Samo, trascorse gran parte della sua vita nell’Italia meridionale, nel VI secolo a.C. La leggenda gli attribuisce apparizioni magiche anche in molte altre città dell’Italia meridionale e della Grecia.

È famoso per aver fondato la scuola pitagorica, un movimento che combinava elementi di filosofia, matematica, musica e spiritualità. Pitagora credeva nell’importanza dei numeri come fondamento dell’universo. La sua scoperta dei rapporti armonici nelle scale musicali ha contribuito alla nascita della teoria musicale. L’influenza di Pitagora si estese a molti campi, dalla matematica alla filosofia, e la sua eredità ha avuto un impatto duraturo sulla cultura occidentale.

A lui dobbiamo un gran numero di scoperte e teorie, in particolare il famoso teorema geometrico che porta il suo nome, croce e delizia degli studenti liceali. Sebbene le fonti storiche che lo riguardino siano abbastanza lacunose, si possono comunque ricostruire gli elementi base della sua dottrina:

La sua teoria principale riguarda la metempsicosi: cioè la trasmigrazione dell’anima da un corpo fisico all’altro secondo una particolare forma di reincarnazione, dovuta anche al tipo di esistenza, morale o immorale, che si era condotta. La leggenda narra che Pitagora bloccò un uomo che stava picchiando un cucciolo di cane perché in esso egli aveva riconosciuto uno dei suoi vecchi amici!

Pitagora era famoso per la vastità delle sue conoscenze: gli venivano persino attribuiti poteri magici. Si racconta perfino che avesse una coscia d’oro e che egli avesse ucciso un serpente velenoso mordendolo prima.

Aneddoti su Pitagora

Mentre la vita di Pitagora è spesso avvolta nel mito, ci sono alcune storie divertenti e interessanti associate alla sua figura:

1. Divieto di mangiare fagioli: Si dice che Pitagora avesse imposto ai suoi seguaci il divieto di mangiare fagioli, poiché credeva che i fagioli avessero un’anima e che mangiarli potesse interferire con il processo di reincarnazione delle anime.

2. Il Teorema di Pitagora: Anche se non è un episodio specifico, il famoso teorema matematico attribuito a Pitagora è associato a molti racconti e aneddoti. La leggenda narra che Pitagora stesso scoprì il teorema, ma c’è anche il racconto di uno schiavo chiamato Babilo che avrebbe avuto l’onore di scoprire il teorema e che Pitagora avrebbe sacrificato un bue in suo onore.

3. Il segreto degli angoli degli astri: Pitagora sarebbe stato uno dei primi a scoprire che l’angolo tra la congiungente un pianeta e il Sole sulla Terra è sempre un angolo retto. Questo avrebbe dimostrato la straordinaria osservazione e intuizione di Pitagora nell’astronomia.

4. La scoperta dell’armonia: Pitagora fu anche associato alla scoperta dei rapporti armonici nelle scale musicali. La storia narra che avesse scoperto questa relazione ascoltando i martelli di alcuni fabbri che producevano suoni armonici mentre battevano su un’incudine.

5. Conversazione con un discendente: Si dice che Pitagora abbia intrapreso un dialogo con un piccione che venne catturato e si ritiene fosse la reincarnazione di un’anima umana. Questo episodio illustra la sua convinzione nella trasformazione delle anime.

Queste storie, anche se spesso avvolte nel mito, aggiungono un tocco di leggerezza alla figura di Pitagora e riflettono la complessità delle sue credenze e delle sue scoperte.

Il prestigio di Pitagora fu comunque grande e gli fece guadagnare un gran numero di seguaci. Questi veneravano la sua persona e custodivano gelosamente i suoi insegnamenti. 

La morte di Pitagora è avvolta nel mistero e nel mito. Si dice che sia morto in un campo di fave a Metaponto, nell’attuale Italia meridionale. Secondo una delle versioni, Pitagora si trovò in una situazione difficile: inseguiti da nemici, si nascose in un campo di fave. Tuttavia, era vietato attraversare il campo, poiché le fave erano considerate sacre dai pitagorici. Così, per rispettare i suoi principi, Pitagora rimase nell’area e venne catturato. Alcuni racconti suggeriscono che si sia arreso volontariamente, mentre altri narrano che sia morto per fame in quel campo. Questa morte insolita riflette la profondità delle credenze e dei precetti seguiti da Pitagora e dai suoi seguaci.

I suoi principi pedagogico-educativi includevano lo studio della musica, dell’armonia e l’osservanza di una dieta molto restrittiva (fagioli a tutti i pasti!) e il divieto tassativo di mangiare fave. Molto tempo dopo la sua morte, i suoi principi di vita erano ancora un modello da seguire tra i suoi discepoli.

Empedocle: l’uomo che si gettò nel vulcano

Ritratto immaginario di Empedocle
Ritratto immaginario di Empedocle

Uno dei successori di Pitagora fu Empedocle (c. 495-435 aC). Come Parmenide, Empedocle scriveva in versi. Il suo lunga poema intitolata Le Purificazioni è uno dei primi tentativi di mettere sullo stesso piano la filosofia e la religione greca. Egli ebbe anche il merito di aver fondato parte della filosofia morale, cosa che si rivelerà estremamente importante per i pensatori successivi.

Empedocle credeva fortemente nella metempsicosi e in particolare nell’idea che l’anima fosse immortale e quindi divina. Secondo una tradizione consolidata, egli si propose di dimostrare questa idea gettandosi nel cratere dell’Etna in Sicilia. In precedenza avrebbe chiesto ai suoi discepoli di attendere il suo ritorno in un’altra forma. Lasciò i suoi sandali sull’orlo del cratere. Chissà in quante altre forme si sarà reincarnato fino ad oggi

Fu Empedocle, a ispirare il poeta latino Lucrezio a scrivere il suo poema scientifico Sulla natura delle cose , divulgando la teoria di Democrito ed Epicuro sull’origine del mondo, la teoria degli atomi.Morte misteriosa:

  • Una delle storie più famose su Empedocle riguarda la sua morte. Si racconta che, per dimostrare la sua divinità, abbia deciso di salire sull’Etna, un vulcano attivo in Sicilia, e poi essere sceso nel cratere, presumibilmente per scomparire dalla vista dei suoi seguaci. Questo atto drammatico avrebbe potuto essere un tentativo di dimostrare la sua superiorità spirituale o di affermare il suo status quasi divino. Tuttavia, alcuni racconti suggeriscono che sia morto durante questo evento, forse a causa di un’esplosione vulcanica.
  • Il medico che resuscitava i morti: Fu eccellente oratore e medico, forse fu il fondatore della scuola medica siciliana, anche se altri attribuiscono questo titolo all’amico Acrone. Vari autori ci raccontano del suo talento nel curare le malattie, oltre ad attestare imprese incredibili, come Eraclide, che ci racconta di essere arrivato al punto di resuscitare una donna che non respirava da 30 giorni.
  • L’idea dell’amicizia e della contesa:
    Empedocle è noto per aver sviluppato una teoria sulla natura dell’amicizia e della contesa. Egli sosteneva che nel passato i corpi umani erano formati da parti separate che si unirono per formare individui completi. Secondo lui, coloro che erano attratti gli uni dagli altri divennero amici, mentre coloro che si allontanavano divennero nemici. Questa spiegazione è un esempio della sua concezione filosofica che cerca di spiegare i fenomeni naturali attraverso la combinazione degli elementi.
  • Empedocle come Albus Silente: Si credeva che Empedocle fosse un mago e potesse controllare le tempeste . Lui stesso, nel suo famoso poema Le Purificazioni, sembra asi attribuisse poteri miracolosi, tra cui la distruzione del male , la cura della vecchiaia e il controllo sulla pioggia e il vento

Democrito, l’Einstein presocratico che scoprì l’atomo

Busto di Democrito
Busto di Democrito

La filosofia di Democrito (Abdera, Tracia, intorno al 460- 370 a.C.), porta alle estreme conseguenze l’esigenza di una spiegazione razionalistica e scientifica dell’universo, senza ricorrere al mito, tuttavia conservando l’esigenza parmenidea di affermare che l‘essere non può cessare di esistere e quella di Eraclito che la realtà è diveniente, il tutto connesso con l’idea di Anassimandro ed Empedocle, che gli elementi che costituiscono l’universo si disgregano e si ricompongono.  

Egli è dunque il fondatore in un materialismo meccanicistico atomistico, che sarà poi ripreso da Epicuro e Lucrezio, come abbiamo già detto. Per Democrito la natura è composta di vuoto e di atomi, particelle materiali indivisibili, eterne e invariabili. “Nulla viene dal nulla”, scrive Democrito, e tutto è necessariamente collegato; i corpi nascono dalla combinazione degli atomi e scompaiono dalla separazione degli atomi. L’anima è fatta di atomi, e la conoscenza sensoriale è dovuta all’emissione da parte degli oggetti di sostanze finissime che agiscono sui sensi.

Democrito è uno dei più sorprendenti pensatori greci: egli ha anticipato idee scientifiche che si affermeranno solo nell’età moderna, come il metodo scientifico di una spiegazione puramente fenomenica dei processi della natura, del mondo fisico come un campo di forze e non dimentichiamo la scoperta che ne fa il primo fisico nucleare della storia: l’atomo.

Il sorriso di Democrito:

Una delle storie più famose su Democrito è che avrebbe riso costantemente, considerando il mondo come un luogo di follia e contraddizioni. Si racconta che avesse un carattere allegro e che vedesse l’umorismo nella vita quotidiana. Questo atteggiamento riflette la sua prospettiva filosofica che vedeva il mondo come un luogo in cui le cose apparentemente incongruenti erano collegate da leggi naturali. Democrito era dunque per alcuni era un tipo gioviale e pronto alla battuta, per altri uno studioso serio che preferiva lavorare da solo, per cui veniva chiamato “Il Derisore” e “La Saggezza” allo stesso tempo. In diverse occasioni fu criticato dagli intellettuali ateniesi per le sue risate sguaiate e veniva deriso per il fatto di venire da Abdera, i cui abitanti non godevano della stima degli ateniesi, visto che erano considerati tutti degli idioti. Anassagora fu il bersaglio polemico preferito di Democrito, il quale ridicolizzava la sua concezione dell’intelletto, retaggio secondo lui di alcune antiche credenze riguardanti il Sole e la Luna.

Un’altra storia narra che un giovane studente gli chiese come potesse guadagnarsi da vivere e Democrito rispose: “Impara a prendere in giro gli uomini, guadagnerai molto.”

Uno Schermo per la sua privacy:

Democrito è stato descritto come un uomo che amava la tranquillità e la solitudine per dedicarsi al suo studio. Si dice che, per proteggere la sua privacy e per potersi concentrare meglio, abbia circondato la sua casa con una siepe di rovi. Questo potrebbe sembrare un comportamento strano, ma può essere interpretato come un tentativo di creare uno spazio tranquillo per la sua riflessione filosofica.

La verità in un pozzo

Un aforisma di Democrito dice “In verità nulla sappiamo, giacché la verità sta in fondo al pozzo.” (in greco antico ἐτεῇ δὲ οὐδὲν ἴδμεν: ἐν βυθῷ γὰρ ἡ ἀλήθεια). Questa frase ispirò un celebre quadro di Jean-Léon Gérôme del 1896, La Vérité sortant du puits armée de son martinet pour châtier l’humanité o La Vérité sortant du puitscioè La verità che esce dal pozzo o La nuda verità esce dal pozzo, che rappresenta un nudo di donna che esce appunto da un pozzo.

I professionisti della filosofia: i sofisti

sofista
[so-fì-sta] agg. m. e f.

pl.m. -i, f. -e
1. che, chi si vale di sofismi, di ragionamenti sottili e ingannevoli

2. (filos.) seguace della sofistica

♦ agg. m. e f.

(filos.) relativo alla sofistica: scuola sofista

Etimologia: ← dal lat. sophĭsta(m), dal gr. sophistḗs, deriv. di sophízesthai; cfr. sofisma.

(Garzanti linguistica)

Nella Grecia antica, chiunque possedesse la sapienza e fosse in grado di comunicarla (sophistès). In questo senso venivano chiamati s. i Sette saggi, poeti come Omero ed Esiodo, filosofi come Pitagora. È soltanto nel corso del 5° sec. a.C. che il termine assunse un significato specifico, andando a indicare coloro i quali insegnavano – a pagamento – l’arte della retorica. Accusati di essere interessati più al successo e al guadagno che alla verità (giacché insegnavano a sostenere tesi opposte), i s. passarono alla storia come falsi sapienti: il termine si caricò così di un significato negativo che è rimasto persino nel linguaggio corrente, nel quale ‘sofisticato’ è sinonimo di artificioso o falso. In realtà, oggi gli studiosi tendono a rivalutare il ruolo dei s., per l’attenzione che questi rivolsero ai problemi dell’uomo e della società e per la concezione laica e antidogmatica del sapere. Del resto, tali caratteristiche rispondevano alle esigenze politiche e culturali della democrazia ateniese, il che spiega anche il grande successo incontrato (almeno inizialmente) da essi. Tra i s. si suole distinguere due generazioni: alla prima appartengono gli esponenti più importanti (Protagora, Gorgia, Prodico di Ceo, Ippia di Elide), mentre nella seconda (Callicle, Antifonte, Trasimaco e Crizia) l’arte della retorica poteva dirsi ormai trasformata in eristica, ossia in abilità verbale fine a se stessa.

(Treccani.it)

Protagora e Democrito, Salvator Rosa
Protagora e Democrito, Salvator Rosa

Con la nascita della polis e dunque con la necessità di partecipare ai dibattiti nelle assemblee, presentarsi alle elezioni e quindi illustrare il proprio programma politico e convincere gli elettori, e infine dover intentare una causa o doversi difendere in tribunale, apparve nuova generazione di filosofi, dalla quale lo stesso Socrate fu notevolmente influenzato.

I sofisti erano filosofi che insegnavano l’arte del discorso, per poter prevalere in politica come nei tribunali, ma le loro lezioni potevano comprendere anche argomenti di etica, di gnoseologia, di psicologia, di cosmologia, di sociologia…insomma di tutto, purché questo tutto avesse un’utilità in politica.

Erano dei veri illuministi, affrontando le questioni da un punto di vista puramente razionale, disincantato, laico e improntato ad un pragmatismo talvolta spregiudicato. Per i sofisti, tutto può essere messo in discussione, dalle convinzioni del senso comune alle credenze e perfino alle leggi arcaiche ed incontestabili (finora) della città. Erano convinti che non ci fosse né una verità assoluta, né un unico metro di giudizio per giudicare il bene e il male. Spettava appunto al sapiente, cioè al sofista, indirizzare la polis verso ciò che era di volta in volta più conveniente ed utile.

I sofisti erano dei tecnici professionisti, e quindi si facevano pagare (che si potesse insegnare la virtù a pagamento era una cosa che scandalizzava l’Atene aristocratica del tempo, come testimonia Platone). Potevano essere assunti per ogni occasione, che fosse dover scrivere un discorso convincente da pronunciare in propria difesa in tribunale (quindi per un verso erano i precursori dei nostri avvocati), sia per intrattenere in una cena gli ospiti di un qualche nobile o facoltoso, proponendo argomenti di conversazione interessanti (ed in questo erano i precursori dei nostri talk show). Ma potevano diventare molto più influenti, arrivando all’incarico di consiglieri politici. Pericle assegnò a Protagora il compito di redigere la legislazione della città di turi. 

I sofisti si rifacevano agli stessi principi che saranno poi anche presenti nel dialogo socratico, come la confutazione; ma mentre per Socrate questi saranno orientati a far piazza pulita dei pregiudizi e dei luoghi comuni per cercare la verità, per i sofisti, che non credono all’esistenza di una realtà assoluta, gli strumenti del discorso, della confutazione e della dimostrazione, venivano dirottati appunto verso gli scopi che loro o i loro clienti sia prefiggevano, cioè dover vincere una causa in tribunale, dover vincere le elezioni, dover far passare una legge. Non erano interessati alla verità, né loro, né i loro clienti: gli unici argomenti che contavano erano quelli che servivano a vincere in ogni occasione. Erano talmente bravi nell’arte della retorica, che potevano pronunciare una tesi o un’antitesi sullo stesso argomento, cioè potevano all’occorrenza pronunciare un discorso di difesa e di accusa nei confronti della stessa persona, dimostrare che una stessa cosa potesse essere giusta o ingiusta e via dicendo. 

Alcuni di loro lavoravano per i figli dei ricchi che volevano fare carriera politica. I trucchi della loro retorica erano di grande utilità nella boulé (il consiglio di cinquecento cittadini, un organo centrale nella democrazia ateniese) e servivano a conquistare i voti del popolo.  “La retorica è l’arte di persuadere nei dibattiti su ciò che è giusto o ingiusto, davanti ai tribunali e alle altre assemblee”, dice Gorgia, nell’omonimo dialogo di Platone.

Sofisti famosi

Protagora

(Abdera 486 circa – 410 circa a.C.).

Sofista, trascorse lunghi periodi ad Atene, dove conobbe Pericle e Socrate, e visitò la Sicilia e l’Italia meridionale. Ad Atene fu accusato di empietà e dovette fuggire. Perì in un naufragio.

Della sua opera sopravvivono pochi frammenti, a parte alcune affermazioni secondo cui “tutta la nostra conoscenza deriva dalle nostre sensazioni” e “l’uomo è la misura di tutte le cose”, che danno la direzione della sua filosofia.

Gorgia di Leontini

(nato nel 483 circa e morto nel 376 circa a.C.)

Sofista e retore greco che diede importanti contributi alla teoria e alla pratica retorica. In un’opera perduta sostenne la non esistenza, l’inconoscibilità o l’incomunicabilità dell’Essere. Platone lo tratta, nel dialogo Gorgia, solo come retore.

Ippia di Elide

(443 ca – prima metà del iv secolo a.C.)

Sofista, contemporaneo di *Protagora. Acquistò grande fama e ricchezza come insegnante e oratore, rivendicando competenze in matematica, astronomia, grammatica, poesia, musica e storia, oltre che in vari mestieri e nelle tecniche mnemoniche. Tra le sue voluminose opere figurano un’elegia, una raccolta di materiale storico, un elenco di vincitori dei giochi olimpici e un’opera sulla nomenclatura di vari popoli.

Prodico di Ceo

(5° sec. a.C.)

Sofista e contemporaneo di Socrate. Della sua vita si sa poco. Da Platone apprendiamo che partecipò a missioni diplomatiche e che approfittò delle opportunità che queste gli offrivano per crearsi una clientela e chiedere compensi elevati. Fu soprattutto un insegnante di retorica, con un interesse particolare per l’uso corretto delle parole e la distinzione dei sinonimi. Platone rappresenta Socrate in rapporti amichevoli con lui e rende omaggio al valore del suo insegnamento, anche se di solito con un tocco di ironia. Dei suoi scritti sopravvive solo la parafrasi di Senofonte del suo mito della scelta di Eracle tra la virtù e il vizio. Ha fornito resoconti naturalistici sull’origine della religione, anticipando per certi versi Evemero, e da alcune fonti è considerato ateo.

Antifonte

(480-411 a.C.)

Fu un critico delle leggi e sottolineò l’importanza dell’istruzione. Fu un sostenitore della teoria edonista, secondo la quale le azioni umane sono motivate dalla ricerca del piacere. Scrisse discorsi retorici e politici. Vedeva le leggi come convenzioni artificiali contrarie alla natura umana, caratterizzandole come instabili e quindi soggette a variazioni.

Purtroppo, le fonti che abbiamo sui sofisti sono molto parziali. Platone, tra gli altri, scrisse sui sofisti, criticandoli aspramente. Tuttavia, il pensiero dei sofisti è servito anche per prendere atto che l’antica sapienza sacerdotale era ormai inadeguata e che la nuova realtà della polis richiedesse uno sguardo diverso nei confronti del mondo, dell’uomo, della società e dell’etica. Anzi, questi temi vengono affrontati per la prima volta proprio dai sofisti.

L’opera teatrale più anti-sofistica e più anti-filosofica forse di tutta la storia del teatro, questa è Le nuvole di Aristofane, dove Socrate viene ritratto mentre dirige una “scuola per sofisti” in cui insegna ai giovani a non credere negli dei. Infatti, nel primo atto, il contadino Strepsiade visita la scuola di Socrate, rappresentata come una strana istituzione con allievi che fluttuano in aria discutendo di argomenti astratti. Socrate appare mentre si avvicina camminando sull’aria, dimostrando la sua supposta superiorità e distacco dalla realtà terrena. Nel corso della commedia, Socrate conduce delle lezioni eccentriche che si concentrano sulla retorica sofisticata e l’arte di sostenere argomentazioni assurde. Ad esempio, Socrate insegna agli allievi come far sembrare il peggio il migliore, manipolando le parole e l’argomentazione. Queste lezioni umoristiche riflettono la critica di Aristofane nei confronti del sofismo e dell’intellettualismo eccessivo.Nel corso della commedia, Socrate conduce delle lezioni eccentriche che si occupano della retorica sofisticata e dell’arte di sostenere argomentazioni assurde. Ad esempio, Socrate insegna agli allievi come far sembrare il peggio il migliore, manipolando le parole e l’argomentazione. Queste lezioni umoristiche riflettono la critica di Aristofane nei confronti del sofismo e dell’intellettualismo eccessivo.

A dire il vero non ci risulta che Socrate fosse un sofista o che abbia mai gestito una scuola del genere. Aristofane tuttavia, vedeva in lui l’incarnazione estrema della critica alla società greca tradizionale e del nuovo corso intellettuale, che tanto successo aveva ormai ad Atene, fatto di esame critico continuo di ogni convinzione o affermazione, senza tuttavia che si proponesse un’alternativa. Per un conservatore come Aristofane, questo significava mandare in pezzi le sane ed antiche usanze dei padri e dunque alla lunga, rovinare la città. Vedremo che quella che in Aristofane è solo una caricatura, diverrà più tardi una vera e propria accusa nei confronti di Socrate, alla quale egli sarà chiamato a rispondere in tribunale.

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Socrate è una figura fondamentale nella storia della filosofia antica, vissuto ad Atene nel V secolo a.C. La sua dottrina si basava su un metodo di interrogazione critica e ricerca della verità attraverso il dialogo. Contrariamente a scrivere opere, il suo insegnamento era prevalentemente verbale e interattivo. Socrate credeva che la conoscenza fosse il fondamento della virtù e che l'autocoscienza fosse cruciale per il miglioramento personale. La celebre massima "conosci te stesso" rifletteva la sua convinzione che l'autoesame fosse il punto di partenza per una vita più saggia e moralmente corretta. Il suo metodo socratico coinvolgeva il porre domande provocatorie per sondare le convinzioni delle persone, rivelando le contraddizioni e spingendole a riflettere più profondamente. Questo approccio cercava di sgretolare le opinioni superficiali e favorire la scoperta della verità. Socrate non ha scritto opere filosofiche; la sua filosofia è soprattutto tramandata attraverso gli scritti dei suoi allievi, in particolare Platone e Senofonte. La sua figura è spesso associata a umiltà, ironia e impegno etico. Tuttavia, la sua incisiva metodologia di interrogazione lo ha portato ad attirare sia seguaci che oppositori, e alla fine è stato condannato a morte per "corrompere la gioventù" e "disprezzare gli dèi tradizionali". Socrate rappresenta un punto di svolta nella filosofia, spingendo i suoi contemporanei a esaminare più criticamente le loro credenze e aprendo nuovi orizzonti nell'indagine filosofica. La sua figura e la sua dottrina sono state di ispirazione per generazioni di pensatori successivi e continuano a influenzare il pensiero filosofico e l'educazione.

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