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SUPREMAZIA TEBANA (371-362 a.C.) 

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Sparta ebbe l’egemonia ed installò dovunque governi aristocratici fantoccio. Ad Atene la democrazia venne rimpiazzata da un’oligarchia oppressiva, I Trenta Tiranni, che furono cacciati dopo otto mesi di malgoverno. Tuttavia ad Atene continuarono le discordie civili di cui fu vittima Socrate, processato e condannato a morte. Intanto, con un esercito di centomila uomini e di circa undicimila soldati greci, Ciro, principe persiano, partì da Sardi, nella primavera del 401 a.C., per prendersi con le armi il trono occupato dal fratello. Marciò fino a Cunassa e fu affrontato da Artaserse, che lo vinse nella battaglia in cui Ciro stesso rimase ucciso. I greci scelsero nuovi generali per ricondurre le truppe in patria. Uno di questi era Senofonte, il grande storico che scrisse una famosa cronaca della spedizione. Iniziava ora una delle ritirate più memorabili di tutta la storia. Agesilao di Sparta, che si trovava anche lui in Asia Minore, dovette tornare indietro per difendere la propria patria dalle rivolte degli stati greci. Ne seguì la Guerra di Corinto che finì con la Pace di Antalcida, che ridiede a Sparta il dominio sugli altri stati dell’Ellade. Ma alla fine contro di essa si accese una nuova e decisa rivolta.

Fu una città della Beozia a guidare la rivolta contro Sparta: Tebe. Il governo oligarchico che i Lacedemoni avevano istituito in quella capitale fu rovesciato da Pelopida a capo del cosiddetto Battaglione Sacro, una compagnia di trecento uomini scelti che erano vincolati da un giuramento a restare a combattere l’uno accanto all’altro fino all’ultimo uomo.

Il Battaglione Sacro

Il Battaglione Sacro,  ἱερὸς λόχος, hieròs lóchos, o battaglione della città (ὁ ἐκ πόλεως λόχος), era una divisione di soldati scelti dell’esercito tebano, composta da 150 coppie, ognuna costituita da due amanti, secondo il costume dell’omosessualità molto diffuso nell’Antica Grecia e dunque anche nell’esercito.

Scena di Battaglia
Scena di Battaglia

Nel IV secolo a.C., questa unità costituiva la forza d’élite dell’esercito di Tebe. Secondo Plutarco, poco dopo la cacciata della guarnigione spartana che occupava la cittadella tebana della Cadmea, questi 300 uomini furono scelti con cura dall’allora capo militare tebano Gorgida; il suo intento era di mettere in sicurezza la roccaforte di Tebe.

Si ritiene generalmente che Gorgida scegliesse questi individui solo in base alle loro capacità e al loro merito, indipendentemente dalla classe sociale cui appartenevano. La composizione delle 150 coppie di soldati era, come già accennato, costituita esclusivamente da amanti di sesso maschile; ogni coppia era composta da un soggetto più anziano, (ἐραστής, “amante”), e dal suo partner più giovane, che era conosciuto col nome di eromenos (ἐρώμενος), che significa appunto amato.

Polieno descrisse il Battaglione Sacro come una confraternita guerriera di uomini legati gli uni agli altri dal sacro vincolo dell’amore e anche Ateneo di Naucrati rileva che un qualsiasi membro di questa truppa d’élite preferiva abbracciare una morte gloriosa piuttosto che vivere un’esistenza disonorevole e riprovevole. Ma perché questa unità è stata definita “sacra”? Secondo Plutarco, il termine “sacro” si riferiva allo scambio di voti, sacri appunto, tra l’amante e l’amato, perché l’amore, Eros, è appunto ispirato dalla divinità.

Il Battaglione rimase nella Cadmea, come forza permanente, probabilmente in difesa di altri possibili attacchi da parte di forze straniere; per questo motivo a volte erano conosciuti anche come il Battaglione della Città, a causa del fatto che la loro formazione militare e il loro mantenimento erano a carico delle polis della Beozia.

Il loro addestramento regolare consisteva in esercitazioni di lotta, nella pratica di danze e nella preparazione in ambito equestre; si ritiene che Gorgida avesse precedentemente prestato servizio come ipparco, cioè come ufficiale di cavalleria; per questo motivo egli aveva incluso anche l’addestramento quotidiano con i cavalli tra gli obblighi del Battaglione Sacro.

L’età media esatta dei membri di questa unità purtroppo non ci viene riferita nelle testimonianze antiche, tuttavia se le confrontiamo con altre truppe greche d’élite come quelle di Sparta e di Atene, possiamo stimare che essa fosse compresa tra i 20 e i 21 anni, quando i ragazzi ricevevano un’armatura completa dai loro erestai e si pensa generalmente che terminassero il loro servizio all’età di 30 anni.

Quanto era efficace militarmente il Battaglione Sacro? Plutarco riferisce che Gorgida originariamente distribuì i suoi membri tra le prime file delle falangi della fanteria regolare; in seguito quando il comando di questa divisione fu trasferito a un comandante più giovane, di nome Pelopida, il Battaglione Sacro fu schierato come una singola unità di truppe d’assalto; la ragione di questo cambiamento da parte di Pelopida era dovuta al fatto che egli, come membro dell’unità originale, si rese conto che la loro funzione principale doveva essere quella di attaccare i nemici e uccidere i loro uomini migliori, così come i loro capi, dimostrando in questo modo il proprio valore sul campo di battaglia.

Gli scrittori antichi celebrarono il Battaglione Sacro come la prima e la migliore unità utilizzata nel corso delle diverse campagne militari.

Il Battaglione Sacro acquisì una notevole fama in tutta la Grecia, ma nel 338 a.C., nella battaglia di Cheronea, questo formidabile corpo d’armata incontrò i suoi avversari definitivi nelle forze macedoni di re Filippo II e di suo figlio Alessandro. Questa battaglia fu il culmine della campagna di Filippo stesso nella Grecia centrale.

Quel giorno, le forze di Atene e il Battaglione Sacro caddero sotto i colpi dei macedoni, ma il Battaglione, pur se ormai sopraffatto, rifiutò di arrendersi. Secondo Plutarco e Teodoro, fu Alessandro a guidare gli opliti armati di picche, dette sarisse, che colpirono gli uomini dell’armata sacra. Plutarco ancora, racconta che Filippo II, vedendo i cadaveri di questi formidabili guerrieri ammassati l’uno sull’altro, intuendo di chi essi fossero essi, li pianse esclamando: “Perisca miseramente”, gridò, “chi sospetta che tali uomini abbiano fatto o subito qualcosa di disonesto!”.

Pelopida fu sostenuto in tutti i suoi sforzi da Epaminonda, uno dei più abili generali che la stirpe greca abbia mai prodotto. Sotto la guida autorevole e l’ispirazione di questi capi patrioti, Tebe si assicurò molto presto un’influenza predominante negli affari della Grecia.

Pelopida (420-364 a.C.), generale tebano, amico di Epaminonda. Contribuì all’espulsione degli Spartani da Tebe nel 378 a.C. Comandò il Battaglione Sacro nella battaglia di Leuctra e venne ucciso nel 364 a Cinocefale in Tessaglia  mentre si lanciava contro le truppe di Alessandro di Fere, il quale ne uscì sconfitto.

Epaminonda, incisione inglese dell'Ottocento.
Epaminonda, incisione inglese dell’Ottocento.

Come molti altri che tanto hanno fatto per la loro generazione, Epaminonda fu spesso ingiustamente accusato e perseguitato. Fu lui che, quando i suoi avversari cercarono di disonorarlo e sminuirlo eleggendolo “Responsabile urbano smaltimento rifiuti “, pronunciò, nell’accettare la nomina, la memorabile frase: “Se l’incarico non porterà onore a me, io porterò onore ad esso”.

A Leuttra (371 a.C.) i Tebani si guadagnarono la fama di essere i soldati più invincibili del mondo, abbattendo completamente, con una forza di seimila uomini l’esercito spartano, che era invece composto da circa il doppio delle loro forze. Si dice che questa sia stata la prima volta che gli spartani siano stati sconfitti in modo equo in una battaglia aperta. Le loro divisioni erano state completamente sopraffate, come alle Termopili, – ma l’annientamento non è una sconfitta, almeno per gli standard spartani.

Alla vittoria di Leuttra risale il breve ma brillante periodo dell’egemonia tebana. L’anno dopo quella battaglia, Epaminonda condusse un esercito nel Peloponneso per aiutare gli Arcadi, che erano insorti contro Sparta. La Laconia fu devastata e per la prima volta le donne spartane videro il fuoco, appiccato dal nemico, divorare le loro case.

Epaminonda, famoso generale tebano. Nato tra il 420 e il 410, morto nel 302 a.C., uno dei capi della democrazia tebana, abile generale oratore eloquente, uno dei più completi rappresentanti dell’ellenismo. Sconfisse i Lacedemoni a e Mantinea, ricostruì Messene e fondò l’egemonia tebana su tutta la Grecia centrale. Fu ferito mortalmente nella battaglia di Mantinea; ma quando seppe che il nemico era in fuga: “Lascio”, disse, “due figlie immortali: Leuttra e Mantinea”. La grandezza di Tebe scomparve con lui.

Moneta tebana riportante il nome di Epaminonda
Moneta tebana riportante il nome di Epaminonda

Per rafforzare il potere di resistenza dell’Arcadia su Sparta, Epaminonda perfezionò una lega tra le città e i cantoni del distretto che fino ad allora erano rimasti isolati. Poiché le gelosie reciproche delle città principali gli impedivano di eleggere una di esse a capitale della confederazione, fondò Megalopoli o la Grande Città e la mise a capo dell’unione.

Nel perseguire questa stessa politica, Epaminonda restaurò anche l’indipendenza della Messenia, imponendo così a Sparta, per quanto riguarda questa provincia, i termini della pace di Antalcida. Affinché i Messeni liberati potessero mantenere meglio l’indipendenza che aveva restituito loro, Epaminonda fondò come roccaforte una città, chiamata Messene, sul monte Itome, un’altura rocciosa resa famosa dalla sua eroica difesa da parte dei Messeni stessi nelle loro antiche guerre con Sparta.

Così, quasi in un giorno solo, Epaminonda, come egli stesso disse, “Ho reso libera tutta la Grecia, restituito l’indipendenza alla Messenia e circondato Sparta da un blocco perpetuo”.

La Tattica dell'ordine obliquo
La Tattica dell’ “ordine obliquo” seguita dai Tebani (a sinistra) contro gli Spartani (a destra) nella Battaglia di Leuttra o Leuctra.

La Tattica dell’«Ordine Obliquo»

La fanteria greca combatteva in formazione di falange: gli opliti, armati di lancia e di scudo, erano allineati in file frontali di eguale profondità, che avanzavano contemporaneamente come un’immensa muraglia. Epaminonda schierò invece la falange in modo da fare massa sull’ala sinistra, la quale sola doveva marciare all’attacco, dirigendosi a sfondare l’ala destra nemica. Un corpo di cavalleria (altra novità di Epaminonda) doveva appoggiare la manovra e piombare alle spalle dell’avversario. Intanto il resto delle forze di fanteria, schierato su poche linee, aveva il compito di tenere a bada il nemico senza impegnarsi a fondo. Questa tattica è passata alla storia con la denominazione di «ordine obliquo» ( Giulio Giannelli).

Eppure, mossa dal timore per la crescente potenza di Tebe, Atene si alleò proprio con la sua vecchia rivale Sparta contro di essa. Per altre tre volte Epaminonda condusse un esercito nel Peloponneso nell’interesse di Tebe e per portare avanti i suoi ambiziosi piani. Durante la sua terza e ultima spedizione combatté con gli spartani e gli ateniesi nella grande battaglia di Mantinea, in Arcadia. Su questo campo memorabile, Epaminonda condusse i Tebani ancora una volta alla vittoria; ma egli stesso fu ucciso e con lui caddero le speranze e il potere di Tebe (362 a.C.).

Tutti gli stati della Grecia ora giacevano esausti, logorati dalle loro interminabili dispute interne e dalle guerre. Era rimasta a malapena la forza sufficiente per sferrare un colpo degno contro la schiavitù del nuovo padrone destinato a venire presto dal nord.

(Trad. dall’inglese da High school Ancient History, Greece and Rome di Philip Van Ness Myers, 1901, con aggiunte e integrazioni)

 Nel prossimo episodio – > :   La fioritura della cultura tra la guerra del Peloponneso e le successive lotte tra le poleis greche non si arresta, ma risente fortemente degli eventi storici contemporanei e della caduta di Atene dalla sua precedente posizione di “Scuola della Grecia”. Continua anche l’intenso sviluppo della retorica, che tuttavia, anche se molto lentamente, inserobalmente si allontana dalla viva pratica nei tribunali per divenire un insegnamento accademico e un genere letterario.  

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