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EFFETTI DELLE GUERRE PERSIANE SULLA CULTURA GRECA: LETTERATURA E TEATRO

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< – Nelle puntate precedenti:
La seconda guerra persiana fu un’invasione persiana dell’antica Grecia, che durò due anni (480 – 478 aC), nel corso delle guerre contro i Medi. Con questa invasione, il re achemenide Serse I cercò di conquistare tutta la Grecia. L’invasione fu una risposta diretta, anche se tardiva, alla sconfitta nella prima guerra contro la Persia (492-490 aC), in particolare alla battaglia di Maratona che si era conclusa con il fallimento del tentativo di Dario I di soggiogare la Grecia. Dopo la morte di questo re, suo figlio Serse trascorse diversi anni a pianificare la seconda invasione, radunando un enorme esercito e una grande flotta. Atene e Sparta guidarono la resistenza greca, a cui si unirono circa 70 polis. Tuttavia, la maggior parte delle città greche rimase neutrale o fu soggetta a Serse.

Periodo di transizione nella cultura greca

Le guerre persiane segnano un’epoca cruciale sia nella vita politica che in quella intellettuale della Grecia. Non solo assicurarono l’indipendenza della Grecia dal dominio straniero, ma suscitarono uno spirito di libertà intellettuale e diedero nuovo vigore e consapevolezza alla mente greca. Il popolo in passato era stato abituato a guardare indietro, ai tempi di Omero, come alla propria “età eroica”.

Ora Erano più inclini a considerare i propri eroi come uguali agli eroi della guerra di Troia. “Aleggiava nell’aria l’idea che la guerra di Troia fosse un atto precedente dello stesso loro dramma, che i guerrieri di Salamina e Platea stessero combattendo per la stessa causa degli eroi che avevano combattuto con Ettore nelle pianure di Troia” (Bury) . Le poesie di Omero divennero ora più popolari; e il nuovo spirito eroico diede nuova linfa alla poesia e all’arte.

Ciò si vede nel maggiore onore che ora veniva dato al coraggio militare nei peana cantati agli eroi caduti e nelle sculture scolpite per rappresentare guerrieri e scene di guerra. La cultura di quest’epoca non può essere compresa in un “periodo” ben definito; ma segna un netto passaggio dalla cultura semplice e arcaica che l’ha preceduta nel periodo formativo a quella più sviluppata dell’età che l’ha poi seguita.

Il nuovo spirito nella letteratura

Poesia lirica: Simonide

La poesia nell'antica Grecia

La poesia nell’antica Grecia

Possiamo vedere l’influenza di questo nuovo spirito nel tono più vigoroso e alto dato alla poesia lirica. Il poeta che più di ogni altro espresse il sentimento patriottico risvegliato dalle guerre persiane, fu Simonide. Nato a Ceo, un’isola vicino all’Attica, trascorse la maggior parte della sua vita ad Atene.

Era un uomo di mondo e respirava lo spirito della sua epoca. Era anche un pensatore, tanto che Platone lo chiamava “il saggio e il divino”. Fu il primo a utilizzare versi lirici nelle nenie funebri e nelle iscrizioni monumentali. Scrisse molti nobili epitaffi in onore di coloro che caddero nelle battaglie delle guerre persiane, ad esempio:

“Nelle oscure Termopili giacciono; 
Oh, che morte di gloria il cadere così! 
La loro tomba è un altare, il loro nome 
Una potente eredità di fama.”

La poesia di Pindaro 

Un musicista, Albert Moore (1841-1893)
Un musicista, Albert Moore (1841-1893)

La poesia lirica greca raggiunse il suo livello massimo in Pindaro. Questo grande poeta era originario della Beozia. Ricevette la sua educazione ad Atene e fu onorato da tutti gli stati liberi dell’Ellade. Era quindi un vero poeta nazionale. Pur non disprezzando il coraggio militare, credeva che ci fossero virtù più durature di quelle mostrate in guerra. L’ostilità alla Persia tendeva ad unire la Grecia in guerra; ma occorreva qualcos’altro per conservare in pace la sua grandezza. E così Pindaro, con un genio di gran lunga superiore a quello di Simonide, glorificò le istituzioni nazionali della Grecia, le feste, i giochi, i santuari degli Dei e le più alte credenze religiose del popolo.

La poesia di Pindaro era alta nel suo spirito, profusa nelle sue immagini e sonora nel suo ritmo. Le sue odi trionfali costituiscono la parte principale delle sue opere pervenute fino a noi. In questi ha espresso la sua ammirazione per le virtù fisiche e morali e per gli ideali religiosi, così come la sua fede in future ricompense e punizioni. E così canta:

‘Le opere che fanno i mortali ostinati
In questo angolo disordinato del dominio di Zeus 
tutti trovano il loro fine; e c’è un giudice laggiù
il cui odioso destino infligge il “dolore inevitabile”.

Ascesa della poesia drammatica 

Epopeya, il teatro greco, 1962
Epopeya, il teatro greco, 1962

Un altro modo in cui lo spirito della nuova era trovò espressione è da trovarsi nell’ascesa della poesia drammatica. Il dramma nacque da una forma della lirica. Abbiamo già visto come la lirica antica acquistasse due forme distinte, l’Eoliana e la Dorica quella espressa nell’ode da cantare o da recitare da parte di un solista, l’altra espressa nell’inno corale da cantare da far cantare ad un certo numero di voci.

L’ode di un unico interprete raggiunse la sua perfezione in Pindaro. Ma l’inno corale, che era stato usato da Arione per il culto di Dioniso e che era noto come il ditirambo, si trasformò nel dramma. Finora il coro era stato accompagnato da danze e mimica e aveva espresso in modo rude e selvaggio le emozioni ritenute appropriate al culto di Dioniso, il dio del vino.

Ma Tespi, poeta lirico dell’Attica, introdusse un attore che assumeva caratteri diversi e conduceva una sorta di dialogo con il capo del coro; ciò servì a spiegare il motivo dell’inno corale. Questa forma di dramma, con un solo attore, fu continuata da Frinico, che prese per soggetto gli eventi delle guerre persiane.

La sua tragedia sulla “Cattura di Mileto” fece sciogliere in lacrime il suo pubblico; ma poiché sembrava rimproverare agli Ateniesi di non aver aiutato i loro compagni al di là del mare, gli fu inflitta una multa e il dramma fu proscritto. In una successiva tragedia, tuttavia, suscitò il sentimento patriottico dell’uditorio descrivendo l’effetto che la notizia della battaglia di Salamina ebbe sulla corte persiana.

Le tragedie di Eschilo

Rappresentazione di una tragedia greca. Incisione ottocentesca
Rappresentazione di una tragedia greca. Incisione ottocentesca

Ma il più grande drammaturgo e genio letterario del periodo delle guerre persiane fu Eschilo, che innalzò la tragedia al dominio dell’arte genuina. Partecipò alle battaglie di Maratona, Artemisio, Salamina e Platea. Superò Simonide nel suo fervore patriottico, Pindaro nel suo spirito elevato e Frinico nel suo pathos.

Perfezionò la forma del dramma, introducendo un secondo attore, in modo che il dialogo diventasse la caratteristica principale, mentre il coro riecheggiava le emozioni prodotte dalla tragedia. Combinando il dialogo e il coro ha rappresentava grandi eventi, storici o mitici, in modo da rivelare gli effetti delle passioni umane sotto il controllo della volontà divina.

Nella sua prima tragedia, “I Persiani”, seguì Frinico nel descrivere gli effetti della notizia della disfatta Salamina sulla corte persiana. I soggetti delle sue successive tragedie furono tratti dalla mitologia, con i suoi eroi, ma pervasi da un profondo sentimento umano e religioso. La sua opera più grande fu probabilmente il “Prometeo Incatenato”, in cui un eroe, legato a una roccia per ordine di Zeus, viene fatto soffrire per le buone azioni arrecate agli uomini.

Figurina Liebig, Serie "Grandi Tragici greci": Eschilo, Prometeo incatenato
Figurina Liebig, Serie “Grandi Tragici greci”: Eschilo, Prometeo incatenato

(Libera traduzione dall’inglese da Outlines of Greek history: with a survey of ancient oriental nations di William Carey Morey, New York: American Book Company, 1903)

 Nel prossimo episodio – > :   Nel periodo classico vi fu una rivoluzione nella statuaria greca, solitamente associata all’introduzione della democrazia e alla fine della cultura aristocratica associata ai kouroi. Il periodo classico ha visto cambiamenti nello stile e nella funzione della scultura. Le pose divennero più naturalistiche (vedi l’Auriga di Delfi per un esempio di passaggio a una scultura più naturalistica) e l’abilità tecnica degli scultori greci nel rappresentare la forma umana in una varietà di pose aumentò notevolmente. A partire dal 500 a.C. circa le statue iniziarono a raffigurare persone reali. Si dice che le statue di Armodio e Aristogitone erette ad Atene per celebrare il rovesciamento della tirannia, siano state i primi monumenti pubblici a persone reali. 

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