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TRAIANO, OTTIMO PRINCIPE

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Nerva fu nominato dal Senato come successore di Domiziano e fu il primo imperatore che non dovette il suo avanzamento alla forza o all'influenza militare. Associò a sé Marco Ulpio Traiano, allora al comando dell'esercito sul Reno. Nerva regnò solo sedici mesi, ma durante questo periodo ristabilì la tranquillità tra il popolo, conferendo felicità e prosperità a ogni classe sociale.
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Ulpio Nerva Traiano (98-117)

La felice elezione del prode Traiano può dirsi il più gran merito e il più bel titolo di lode a Nerva. Questa elezione certamente corrispondeva ai voti generali, perchè la successione di Traiano fu riconosciuta e acclamata dal senato, dal popolo e dalle legioni senza opposizione. Ulpio Traiano era nativo d’Italica, città della Spagna ulteriore, ed egli è il primo imperatore provinciale; dal che si vede come l’opera della fusione mondiale nella romanità procedesse con efficacia: Roma ormai riceve il suo imperatore dalle stirpi dei vinti.

Traiano si trovava negli accampamenti del basso Reno, a Colonia, quando il legato imperiale Adriano gli portò la notizia della morte di Nerva. Ancora vi si trattenne per un anno per assicurare la difesa dell’impero, poi fece ritorno a Roma, dove entrò in maniera assai modesta, a piedi, fra gli evviva del popolo. Il suo alto valore e il senno di cui diede prova nell’amministrazione della Germania, il nobile contegno, i modi affabili, la dignità, la semplicità della vita gli procurarono amore e rispetto; ebbe infatti dal senato il titolo di Ottimo e di Padre della patria.

Busto di Traiano
Busto di Traiano

Egli prese a reggere il governo affermando che nessun cittadino avrebbe avuto a temere per la propria vita o per l’onore, e che uno solo sarebbe stato l’impero: quello della legge. Rivestito della somma dei poteri con la potestà tribunicia, proconsolare e censoria e con l’impero, egli lasciò tuttavia grande libertà all’opera del senato, a cui sottometteva ogni sua deliberazione, con piena libertà e sicuro del suffragio.

Le elezioni alle magistrature, che dal tempo di Tiberio erano ristrette nel senato con proposta o con ricognizione del principe, avevano fra gli stessi senatori prodotto tutta una sorta di raggiro e di brogli, come già prima era successo col popolo; Traiano cercò provvedimenti per frenare questi effetti dannosi dell’ambizione. Nelle sue cure verso il popolo si studiò di migliorare la condizione delle classi lavoratrici con l’esecuzione di grandi opere pubbliche, col favorire i commerci, col mantenere bene provveduta Roma, in modo da tenere sotto controllo il prezzo del grano; e con le rendite delle provincie imperiali fece raccogliere in città abbondanti provigioni, che nelle annate scarse erano vendute ai cittadini al solo prezzo di costo.

Politica economica

La beneficenza pubblica nel tempo che va da Nerva a Marco Aurelio fu somma cura degli imperatori, sia con liberali distribuzioni di vitto o di denaro, a cui partecipava tutto il popolo (congiaria), sia con provvedimenti di soccorso agli indigenti. Traiano diede parecchi e vistosi congiarii durante il suo regno; ma il miglior titolo alla sua beneficenza è quello d’avere ampliato le istituzioni alimentari iniziate da Nerva; queste istituzioni consistevano nell’utilizzo dell’erario imperiale per prestare ai proprietari agricoli d’Italia le somme necessarie al miglioramento dei terreni; gli interessi annui, che venivano corrisposti su questi capitali prestati, erano destinati a costituire una cassa di beneficenza nel comune dove erano i fondi, affinché da questa stessa annualmente si potessero prendere le somme necessarie a mantenere un determinato numero di fanciulli poveri di quel comune. Lo scopo di queste istituzione era duplice, cioè: sovvenire ai bisogni dell’agricoltura italica con prestazioni di capitali a modico interesse, favorire la costituzione delle famiglie e l’incremento della popolazione, con aiuti alla figli dei poveri. Queste istituzioni estesero i loro benefici effetti in tutta Italia.

All’incremento dell’agricoltura Traiano provvide anche con la prescrizione che i senatori avessero almeno un terzo dei loro beni costituito da terreni italici. Ai poveri soccorse anche con distribuzioni di terre nelle provincie, e specialmente nella nuova provincia della Dacia, da lui appena conquistata. Alle classi operaie procurò abbondante lavoro con grandi costruzioni di pubblica utilità.

Opere Architettoniche

Fece ampliare il porto aperto da Claudio ad Ostia, aggiungendovi un nuovo vasto bacino circondato di grandi e splendidi edifici; fece costruire un nuovo porto a Civitavecchia, ed uno ad Ancona. Condusse una nuova via da Benevento a Brindisi, e, per rendere più agevoli le comunicazioni nel vastissimo impero, fece costruire o migliorare altre strade in Italia e nelle provincie.

I due begli archi trionfali ancora esistenti ad Ancona e a Benevento ricordano queste imprese di Traiano. Arricchì Roma con nuovo aquedotto. Abbelli la città delle grandiose Terme e di un Foro, ossia la piazza circondata da grandi edifici, in continuazione dei Fori imperiali aperti da Augusto, da Vespasiano e da Nerva. Impresa grandiosa fu il lavoro per il prosciugamento delle paludi Pontine.

I Mercati di Traiano sono un vasto complesso monumentale di fori imperiali nella Roma del I secolo, costruito sotto l'imperatore romano Traiano, insieme al suo Foro di Traiano.
I Mercati di Traiano sono un vasto complesso monumentale dei fori imperiali nella Roma del I secolo, costruito sotto l’imperatore romano Traiano, insieme al suo Foro di Traiano. Sono da considerarsi alla stregua di una prima forma di centro commerciale della storia.

Alla sapiente amministrazione nell’interno s’accompagnarono, sotto Traiano, le felici imprese, che rafforzarono e più ampiamente estesero i confini dell’impero. Prima d’essere imperatore, egli aveva militato in Siria e poi in Germania, e con molte fortificazioni sulla linea del Reno aveva reso più sicure le Gallie. Ma il re dacico Decebalo, imbaldanzito dalla debolezza di Domiziano ed alleatosi con i Sarmati, era tornato ad assalire le vicine regioni romane lungo il Danubio.

La Colonna Traiana
La Colonna Traiana

La Dacia

Traiano con buon esercito nell’anno 101 si mosse per cancellare le vergogne del suo predecessore ed per sottomettere i Daci;  in una guerra durata due anni (101-102), vinse in due grandi battaglie Decebalo e lo costrinse ad accettare la pace, imponendogli la consegna delle armi, la resa della fortezza e l’alleanza con Roma. Ma nell’anno 104 il re dacico gli mosse di nuovo guerra.

Traiano ritornò al campo sul Danubio, fece costruire un grandioso ponte (presso Cernetz) e portò gli eserciti nel cuore della Dacia, vinse il nemico, occupò Zarmizegetusa, capitale e residenza di Decebalo; il re vinto si uccise. La guerra continuò ancora fino all’anno 106; tutta la regione dacica fu conquistata e ridotta a nuova provincia romana; Traiano stabilì nella provincia di Dacia molte colonie romane per assicurarsi la conquista definitiva e la diffusione della civiltà latina in quel paese.

Sotto la dominazione romana la Dacia fiori in prosperità; sorsero nuove città, le istituzioni, i costumi e la lingua di Roma vi si diffusero tanto che le popolazioni di quella regione parlano ancora oggi la lingua romena, che è derivata dal latino, e si riconoscono come discendenti dai Romani (ma ricordano ancora oggi con fierezza e orgoglio anche il loro primo eroe nazionale: Decebalo).

Reduce a Roma, Traiano, con grandi spettacoli e liberalità al popolo, celebrò il suo trionfo e prese il titolo di Dacico. In memoria di queste imprese fu eretta nel Foro di Traiano la grande colonna, sulla cui faccia corre a spirale una lunga fascia di bassorilievi che rappresentano i singoli avvenimenti delle guerre daciche; è la colonna Traiana che si ammira ancora oggi.

Mappa delle guerre daciche
Mappa delle guerre daciche (clicca sull’immagine per ingrandire)
Scontri tra romani e Daci, dal rilievo della Colonna di Traiano
Scontri tra romani e Daci, dal rilievo della Colonna di Traiano

Decebalo, l’Annibale dei Carpazi

Nell’87 d.C., l’imperatore Domiziano tentò di conquistare la Dacia. I romani furono sconfitti due volte (87 e 88) a Tapas (vicino a Bucov nell’attuale Romania). Le legioni di Roma affrontarono una guerra di imboscate ingaggiata dai Daci.

Dopo la seconda vittoria dei Daci, il condottiero Diurpaneus (così chiamato dai romani) adottò il nome di Decebalo. Nello stesso periodo un tentativo di invadere l’occidente da parte dei barbari impedì ai romani di portare a termine questo tentativo di conquista.

Nel 98 d.C. con la morte di Nerva, Traiano divenne il nuovo imperatore. Le campagne militari con l’obiettivo di espansione territoriale da lui avviate portarono l’Impero Romano alla sua massima estensione.

Umiliati da due sconfitte consecutive contro i Daci, i Romani intrapresero una terza invasione. Nel 101 d.C., nella seconda battaglia di Tapas, Decebalo fu sconfitto. La Dacia divenne quindi uno stato satellite di Roma con un re nominato dai conquistatori.

Determinato a continuare la sua battaglia, Decebalo sconfisse nuovamente i romani nel 104 d.C., provocando una violenta reazione da parte di Roma. La capitale dei Daci, Sarmizegetusa (odierna Hunedoara), subì un lungo assedio e nel 106 d.C., rendendosi conto che la sconfitta era inevitabile e, per non essere fatto prigioniero dai romani, Decebalo si suicidò.

La provincia dell’Armenia

L'Armenia al tempo di Traiano
L’Armenia al tempo di Traiano

Le le armi non tacevano mai sui confini orientali, perchè i Parti minacciavano e molestavano continuamente  la provincia vicina ed i re alleati di Roma. Il re d’Armenia, Exedares, messo in trono dai Romani, era stato cacciato dal regno da Cosroe, re dei Parti, che diede l’Armenia al proprio nipote Partamasiri. Per vendicare quest’offesa, Traiano si portò con un forte esercito in Asia, penetrò nella montuosa regione armena, vinse ed uccise in battaglia il nuovo re e subito ridusse anche l’Armenia a provincia romana (113- 114).

Per assicurare le vie alle carovane che facevano il commercio dall’Egitto coll’interno dell’oriente, Traiano aveva già mandato il suo legato Cornelio Palma a guerreggiare le indipendenti ed inquiete popolazioni d’Arabia; il legato aveva già sottomesso l’Arabia Petrea con una guerra dall’esito felice, e Traiano la ridusse in provincia facendo di Petra, posta sulla via dal golfo Arabico verso la Palestina, un importante centro del commercio orientale.

Mappa moderna dell'Impero Romano all'epoca di Traiano sulla parete posteriore della Basilica di Massenzio. Sotto l'imperatore Traiano, l'impero romano raggiunse la sua massima espansione
Mappa moderna dell’Impero Romano all’epoca di Traiano sulla parete posteriore della Basilica di Massenzio. Sotto l’imperatore Traiano, l’impero romano raggiunse la sua massima espansione

Ma queste fortunate imprese non avevano fatto desistere Cosroe di Parzia dalla guerra. Nell’ anno 115 si tornò alle armi. Traiano passò l’Eufrate, invase la Mesopotamia, sottomise tutta la regione occidentale del regno partico, prese la città di Ctesifonte, con un naviglio discese il Tigri e navigò il golfo Persico, raccogliendo del bottino sulle coste d’Arabia. Ma intanto si accendevano la rivolta e la guerra in parecchie città della Mesopotamia, della Siria ed dell’Egitto, per sollevazioni e discordie intestine, promosse principalmente dai dispersi Giudei; e in varie parti le legioni romane furono sconfitte.

La posizione di Traiano sul Cristianesimo

La corrispondenza tra Plinio il Giovane e Traiano sui cristiani è preziosa perché è una delle poche fonti ufficiali di origine non cristiana.

Plinio, rivolgendosi all’imperatore, chiede consiglio sui delicati problemi che incontra nel suo governo di provincia. Riguardo ai cristiani, contro i quali Plinio ricevette denunce anonime, si chiede quale atteggiamento adottare e cosa dovrebbe essere punito: il fatto di essere cristiano (nomen Christianum) o i delitti ad esso connessi (flagitia cohaerentia nomini). Plinio cerca anche di sapere fino a che punto debbano spingersi il lavoro investigativo e gli interrogatori che forniscono le prove (quatenus quaeri soleat).

Nella sua risposta, l’imperatore rimane ambiguo e non adotta una posizione chiara. Secondo lui, un cristiano non può essere ricercato e perseguito solo per la sua fede (conquirendi non sunt). Ritiene invece che debbano essere puniti se denunciati in modo non anonimo. Se invece, convinti del cristianesimo, accettano di sacrificarsi al genio dell’imperatore, devono essere perdonati.

Morte di Traiano

Amedeo Nazzari, nel ruolo di Traiano, e a sinistra Richard Johnson, nel ruolo del suo ufficiale Tiberio, nel film La Colonna di Traiano (Columna) del 1969
Amedeo Nazzari, nel ruolo di Traiano, e a sinistra Richard Johnson, nel ruolo del suo ufficiale Tiberio, nel film La Colonna di Traiano (Columna) del 1969

Traiano si impegnò attivamente a ripristinare la pace e l’obbedienza; poi si accinse a ritornare in Italia, lasciando ad Elio Adriano, suo legato, il governo della Siria. Ma a Selinunte di Cilicia si ammalò e in breve morì, il giorno 11 d’agosto del 117. Le ceneri dell’imperatore furono trasportate a Roma, e, chiuse in urna d’oro, furono deposte nella base della colonna Traiana, suo trofeo e sepolcro. Durò sempre viva ed onorata la memoria dell’ottimo principe, ed ai futuri imperatori, come sommo ideale, si augurava d’essere più felici d’Augusto e migliori di Traiano.

(Liberamente tratto da Manuale di storia romana di Luigi Schiaparelli, 1865 con aggiunte e integrazioni dalle edizioni multilingue di Wikipedia)

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A Traiano successe il figlio di suo cugino, Adriano, originario della Spagna. Uno dei primi atti di Adriano fu quello di rinunciare alle recenti conquiste di Traiano e di ripristinare i vecchi confini dell'Impero. Le ragioni di questa scelta erano che essi avevano raggiunto i limiti massimi che potevano dare forza al potere di Roma o essere tenuti in soggezione senza continue e costose operazioni militari. I popoli che occupavano le nuove conquiste erano resistenti e bellicosi, sparsi in un paese facile da difendere e certi di lottare costantemente contro un giogo straniero. Adriano si dimostrò costantemente attivo nel viaggiare per l'Impero, per controllarne personalmente l'amministrazione e la protezione. Visitò la Britannia, dove stroncò le incursioni dei Caledoni e costruì una linea di opere fortificate, nota come Vallo dei Pitti, che si estendeva da un mare all'altro I resti di questa grande opera sono ancora visibili e corrispondono quasi al confine moderno tra Inghilterra e Scozia. Visitò anche l'Oriente, dove gli Ebrei stavano creando gravi problemi, e completò il loro abbattimento. Al suo ritorno in città, l'imperatore si dedicò al suo abbellimento. Diverse sue opere, più o meno complete, rimangono ancora oggi. La più famosa di queste è il Mausoleo (Tomba) di Adriano, oggi conosciuto come Castel Sant'Angelo. Adriano era afflitto da una salute cagionevole, soffrendo di molte malattie dalle quali non riusciva a trovare sollievo. Per questo motivo, e per assicurarsi una successione adeguata, associò a sé nel governo Tito Aurelio Antonino, imponendogli di adottare Marco Annio Vero e Lucio Vero. Nel 138, poco dopo la stipula di questo accordo, Adriano morì, lasciando l'Impero a Tito Antonino.

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