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IL SOGNO DI GIUSTINIANO

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A Onorio successe, dopo uno dei più lunghi regni della linea imperiale, Valentiniano III. (423-455). L'Impero non era che una reliquia del suo passato. La Gallia, la Spagna e la Britannia erano praticamente perdute; l'Illiria e la Pannonia erano in mano ai Goti e l'Africa fu presto conquistata dai barbari. Valentiniano ebbe la fortuna di possedere Ezio, uno scita di nascita, che per un certo periodo mantenne il nome romano, conquistando per sé il titolo di ultimo dei romani Fu assassinato dal suo ingrato padrone. Pochi mesi dopo, nel 455, l'imperatore stesso fu ucciso da un senatore, Massimo, che gli succedette, ma solo per tre mesi, quando Avito (455-456), un nobile della Gallia, divenne imperatore. Fu deposto da Ricimero(457-467), un Svevo di notevole abilità, che per qualche tempo gestì gli affari dell'Impero, facendo e disfacendo i suoi monarchi a piacere. Dopo la destituzione di Avito, trascorsero dieci mesi prima che venisse nominato un successore; quindi la corona fu conferita a Maggioriano (457-461). Lo seguì Severo, un uomo troppo debole per interferire con i piani di Ricimero. Dopo la sua morte, Ricimero governò con il titolo di Patrizio, finché il popolo non richiese un imperatore ed egli nominò Antemio (467-472), che tentò di rafforzare la sua posizione sposando una figlia di Ricimero stesso; ma presto nacque la rivalità tra i due. Ricimero reclutò un'orda di barbari d'oltralpe, con i quali prese e saccheggiò Roma e uccise Antemio. Poco dopo, lo stesso Ricimero morì. Nomi che appaiono solo come nomi si susseguono ora in rapida successione. Infine, nel 476, Zenone, imperatore d'Oriente, dichiarò abolita la carica di imperatore d'Occidente e affidò il governo della Diocesi d'Italia a Odoacre, con il titolo di patrizio.
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La dominazione ostrogota in Italia e Giustiniano

Odoacre primo re d’Italia

L'ultimo imperatore romano d'Occidente deposto da Odoacre nel 476 Incisione dell'Ottocento

L’ultimo imperatore romano d’Occidente deposto da Odoacre nel 476 Incisione dell’Ottocento

Con l’insediamento di Odoacre ebbe fine l’impero. Ciò non vuol dire però che quivi l’imperium romanum abbia cessato di esistere, ma soltanto che la dignità imperiale sull’Occidente romano passò in testa all’imperatore d’Oriente a quel tempo Zenone.

Odoacre a lui si rivolse per ottenere la ratifica del fatto compiuto  e il conferimento, che gli fu concesso, di patrizio per sé. La sua prima preghiera fu esaudita a mezzo, dopo la morte di Nipote a Salona (480 d.C.) Odoacre venne pienamente riconosciuto come re d’Italia e vi esercitò i diritti imperiali. Egli dominò in Italia tredici anni e seppe far sì che durante questo tempo la pace del paese non fosse turbata dal di fuori.

Concluse un accordo con Genserico e serbò, versando un tributo annuo, la massima parte della Sicilia; così pure si pose d’accordo coi Visigoti. Ma la sua dominazione fu limitata all’Italia, il che ebbe per conseguenza che nelle rimanenti province dell’impero d’Occidente l’autorità imperiale rimase quasi totalmente soppressa.

Nella Spagna e nella Francia meridionale i Visigoti, sotto il loro valente re Enrico, figlio di Teoderido I, proseguirono nel loro movimento di espansione; e già Antemio aveva invano tentato di ridurli entro più stretti limiti. Verso il 470 d. C. Enrico conquistò gran parte della Spagna e poi ampliò il suo territorio nella Gallia meridionale.

L’imperatore Nepote fu costretto a fargli ulteriori concessioni. Dopo lunghe lotte col romano Ecdicio, figlio dell’imperatore Avito, che fu aiutato nell’Aremorica dai Britanni i e dai Burgundi, i Visigoti estesero la loro dominazione sino alla Loira ed al Rodano (475 d. C.); inoltre alcuni anni dopo caddero nelle loro mani Arelate e Massalia (480 d. C.). Una parte soltanto del nord-ovest della Gallia, la regione intorno a Soissons, restò tuttora in possesso dei Romani sotto Siagrio, fìglio di Egidio, sinché non soggiacque ai Franchi.

Il regno di Odoacre nel 480 d.C.
Il regno di Odoacre nel 480 d.C.

A qual tempo Clodoveo, tolti di mezzo gli altri re franchi, aveva riunite insieme le varie stirpi della sua nazione e fondata così appunto, la potenza dei Franchi. Egli sopraffece Siagrio e si impossessò per sé e per il suo popolo dell’ultimo residuo del dominio romano nella Gallia (480 d. C.). Anche le provincie danubiane della Rezia e del Norico appartenenti alla Diocesi d’Italia caddero insieme con la massima parte delle regioni alpine nelle mani degli Alamani, Turingi ed altri popoli.

A Costantinopoli, Zenone vide minacciato il suo trono dalla ribellione di uno dei più ragguardevoli dignitari, Ilo, che d’accordo con l’imperatrice vedova Verina, gli si levò contro e fece proclamare imperatore Leonzio (484 d. C.). Ma questo pretendente non trovò seguito che per breve tempo in Oriente; Ilo fu ben tosto costretto ritirarsi sin nell’Isauria e fu quivi dopo un lungo assedio preso prigioniero ed ucciso insieme con Leonzio dalle truppe imperiali (488 d. C.). Ilio si era rivolto per aiuto ad Odoacre, e questi venne in sospetto alla corte imperiale di avergli prestato mano. L’imperatore perciò spinse i Rugi, allora dimoranti a nord del Danubio, ad invadere il Norico. Odoacre accorse sul Danubio, sconfisse i Rugi e li ricacciò indietro ; ma non potè mantenere il possesso del Norico e ne condusse seco gran parte della popolazione romana in Italia per domiciliarvela (489 d. C.).

Un nuovo pretendente è pronto ad entrare in scena

Tra l’imperatore d’Oriente e Odoacre sembrava che fossero tornati buoni i rapporti. Ma un nemico pericoloso gli sorse contro nella persona di uno dei capi delle milizie barbare imperiali, il goto Teodorico. Questi apparteneva a quel gruppo di Ostrogoti che dopo la morte di Attila si erano domiciliati nella Pannonia in qualità di federati o discendeva dalla famiglia degli Amali. Già suo padre Tiudimero era uno dei capi della sua nazione. Teodorico aveva trascorsa una gran parte della sua giovinezza come ostaggio alla corte imperiale, era poi divenuto capo dei suoi connazionali al posto di suo padre ed in mezzo a varie vicende, talora come alleato, talora come nemico dell’imperatore, aveva procacciato ai suoi Goti tributi annui sempre più elevati, nuove sedi nella Mesia ed anche delle piazzeforti, come Singidunum (Belgrado) e si era fatto strada personalmente sino ad arrivare alla dignità di figlio adottivo dell’imperatore, di patrizio e di console (484 d. C. ).

Teodorico, figurina Liebig
Teodorico, figurina Liebig

Da ultimo egli era stato mandato nell’Asia Minore per la guerra contro Ilo, ma poi l’imperatore, non fidandosi di lui, lo richiamò. A questo punto Teodorico con una spedizione contro Costantinopoli, costrinse l’imperatore Zenone ad affidargli l’incarico di espellere dall’Italia Odoacre, suo nemico personale, incarico cui Teodorico ambiva già da lungo tempo. A tal uopo egli radunò le sue milizie gotiche; altri barbari si posero al suo seguito, ed egli si pose in marcia nell’inverno del 488/89 d.C.
I Gepidi della Sava, cbe gli sbarrarono la strada, vennero sopraffatti. Odoacre, accorso ai confini d’Italia, fu sconfitto (28 agosto 489 d. C.); dopo una seconda disfatta patita presso Verona, egli si ritirò nella sua capitale Ravenna: una parte del suo esercito, più Roma ed altre regioni d’Italia, defezionarono da lui.

Si ebbe per vero una ripresa da parte sua, giacché una parte dei ribelli gli tornò fedele, ma Teodorico mantenne la preponderanza con l’aiuto dei Visigoti, conseguì una nuova vittoria sull’Adda (agosto 490 d. C.) e chiuse Odoacre in Ravenna tenendolo assediato. Questi però si difese fra molteplici lotte ancora per più di due anni; e soltanto allorché Teodorico mise in piedi una flotta e bloccò Ravenna dalla parte di mare, egli fu costretto a capitolare. Si convenne che Odoacre avrebbe regnato in comune con Teodorico; ma quando Teodorico fu entrato in Ravenna (5 marzo 493 d. C.) Odoacre fu ucciso e con lui furono dappertutto sterminati in Italia i suoi soldati con le loro famiglie.

Teodorico nuovo padrone

Dopo ciò Teodorico organizzò la sua signoria in Italia, compresa la Sicilia che sin dal 491 d.C. era stata da lui acquistata in base ad un accordo coi Vandali. Ai Goti che erano calati nel paese con le famiglie e gli averi, dovette esser ceduto un terzo delle terre d’Italia perché vi si stanziassero e ne traessero il sostentamento. Con le terre passò ai nuovi possessori la quota corrispondente dell’inventario vivo e morto dei fondi, non esclusi i coloni.

Palazzo di Teodorico a Ravenna, mosaico nella basilica di Sant'Apollinare Nuovo
Palazzo di Teodorico a Ravenna, mosaico nella basilica di Sant’Apollinare Nuovo

I Goti vennero a preferenza domiciliati nelle regioni a nord e a nord-est del paese. Essi se ne considerarono i padroni e ne costituirono il ceto militare, non si fusero coi Romani, avevano tribunali e chiese a parte, giacché loro erano Ariani, mentre in Italia vigeva ortodossia. Teodorico divenne il loro re; sotto Ravenna dopo la morte dell’imperatore Zenone (11 aprile 491 d. C.) egli fu acclamato re dall’esercito. Ma nel tempo stesso esercitò la sua signoria sui Romani in nome ed in rappresentanza dell’imperatore.

Passò peraltro un certo periodo di tempo prima che l’imperatore Anastasio, successore di Zenone, lo riconoscesse, fatto che avvenne nel 497 d. C. Teodorico porta il nome di famiglia della casa imperiale, Flavius Theodericus Rex, ed esercita nell’ambito del suo dominio la potestà imperiale come mandatario dell’imperatore. L’Italia fu da lui governata secondo il diritto romano e con le forme tradizionali d’amministrazione. Ebbe a tal uopo al suo fianco funzionami romani, fra i quali Boezio e Cassiodoro.

Egli si dimostrò un principe perspicace e temperato, che seppe tenere a freno anche i suoi Goti e si interessò nel tempo stesso dei suoi sudditi romani. Eresse edifici e compì altri utili lavori, e benché personalmente illetterato, pure protesse le arti e le scienze e sopratutto procurò al paese una lunga pace.

Rapporti con Bisanzio e governo di Teodorico

Il governo imperiale considerò sempre Teodorico come un intruso e perciò Teodorico cercò di stringere legami con le altre nazioni germaniche; nel 492 d. C. sposò una sorella del franco Clodoveo e si imparentò col burgundo Gundobado che nel tempo stesso fu costretto a desistere dalle ostilità contro l’Italia cui prima spesso si dava. Il re dei Vandali Transamundo sposò la figlia di Teoclerico, Amalatrida, che giunse a Cartagine con considerevole seguito e portò in dote Lilibeo, in Sicilia. Del pari Teodorico strinse amicizia con gli Alamani e con i Turingi. Particolarmente intimi furono i rapporti in cui entrò coi Visigoti; Alarico II, figlio di Enrico, sposò una sua figlia. A mezzo di tutte queste relazioni Teodorico esercitò una vasta influenza in tutto l’Occidente e subentrò in un certo senso al posto dell’imperatore d’Occidente.

Guerreri Goti.png
Guerreri Goti.png

Egli potè persino osare di sconfinare nel dominio dell’imperatore d’Oriente, di muover guerra ai suoi nemici, i Gepidi, e di installarsi sul Danubio con la conquista fatta di Sirmio, non senza che ne derivasse una seria collisione fra il suo esercito e alcuni reparti di milizie imperiali d’Oriente (505 d.C.). La forza di Teodorico consisteva nel suo esercito, che mantenne accuratamente in buon assetto, e nell’ordinata amministrazione, che gli procurò un bilancio ricco di considerevoli avanzi, in contrasto profondo con ciò che avveniva al governo imperiale che ebbe spesso a lottare con la mancanza di fondi e con altre calamità.

Il sistema politico di Teodorico, che si fondava sull’accordo e sull’equilibrio dei Germani stanziati nell’Occidente romano, venne turbato dall’espansione dei Franchi. Con una grande vittoria Clodoveo acquistò l’alta sovranità sugli Alamanni (490 d. C.) e si convertìpoco dopo al Cristianesimo, non all’Arianesimo, ma alla fede ortodossa,  di modo che entrò a far parte della stessa chiesa cui apparteneva la popolazione romana. Ciò gli procurò un gran vantaggio sui Goti che erano Ariani e che quindi rimasero separati dai loro sudditi da un abisso incolmabile, mentre egli si assicurò nelle sue imprese l’appoggio e la simpatia delle popolazioni cattoliche.

Egli ridusse dapprima alla sua dipendenza i re Burgundi e poi passò ad attaccare i Visigoti, il cui re, Alarico II, fu sconfitto a Vouglé (presso Poitiers) e cadde sul campo (507 d.C.). I Visigoti furono quasi completamente cacciati dalla Gallia. In ciò Clodoveo agiva d’intelligenza con l’imperatore Anastasio che allora era venuto a discordia con Teodorico e non poteva più vedere nei Franchi dei naturali alleati; una flotta dell’Impero d’Oriente assaltò nel 507 d.C.  le coste della bassa Italia.

Teodorico non aveva potuto impedire l’invasione dei Franchi, ma ora venne in aiuto dei Visigoti. Egli si alleò col re dei Turingi, Erminafrido, vicino dei Franchi, e fece passare il suo esercito nella Narbonese. L’esercito franco-burgundo che assediava Arelate, fu battuto (5(18 d. C.) ed i Burgundi vennero espulsi ; per lo meno le regioni litoranee della Gallia meridionale, compresa Avignone, furono certamente tolte ai Franchi e Burgundi, e dopo ciò governate direttamente da Teodorico. Questi nel tempo stesso regolò la successione al trono visigoto; spodestò Gesalico, uno dei figli di Alarico II, e pose sul trono l’altro figlio più giovane dello stesso re, tuttora minorenne,  Amalarico, suo nipote. Egli stesso assunse la reggenza dei Visigoti (510 d. C.).

Coi Franchi ,Teodorico dovette essersi messo d’accordo; a loro rimase la massima parte dell’Aquitania. Dopo la morte di Clodoveo egli concorse persino coi suoi figli alla guerra contro i Burgundi, cui tolse la estrema parte meridionale del loro territorio (523 d. C.).

La nuova fase dei rapporti con Bisanzio e le campagne militari

Nel frattempo era stato appianato anche il dissidio di Teodorico con l’imperatore e si erano ristabiliti almeno esteriormente i buoni rapporti (510 d. C.). Anastasio invero ebbe a lottare nel suo stesso territorio con anche troppe difficoltà esterne ed interne, e si trovò costretto ad abbandonare l’Occidente a Teodorico. In Oriente dopo l’uscita degli Ostrogoti cominciano a datare dal 493 d. C. le invasioni degli Slavi e particolarmente dei Bulgari, che si ripetono poi quasi regolarmente. Fu necessario, per tutelare la capitale e suoi dintorni, erigere una lunga muraglia attraverso il paese (507 d. C.).

Soldatini guerrieri Goti
Soldatini guerrieri Goti

Nell’Asia Minore si sollevarono gli Isauri (492-497 d. C.); inoltre si dovette sostenere una guerra di più anni, rimasta indecisa, coi Persiani (502-506 d. C.). Poi scoppiarono sconvolgimenti interni, provocati da una dottrina divergente dalla confessione ortodossa che Anastasio favorì.

Anastasio venne a conflitto col patriarca di Costantinopoli e col vescovo di Roma, Ormisda. Nel 512 d. C. scoppiò a Costantinopoli una grande sommossa, e nel 514 e 515 d. C. si ribellò Vitaliano a capo di un esercito in difesa dell’ortodossia e costrinse l’imperatore a cedere. Questa rivolta si ripetè ancora nel 518 d.C. alla morte di Anastasio (10 luglio). Ed ora le truppe della capitale, trascurando i suoi parenti, proclamarono imperatore Gustino, zelante ortodosso, il quale sopra tutto ristabilì l’unità della fede e l’accordo col vescovo di Roma.

Del pari egli si studiò di mettersi in buoni rapporti con Teodorico ed a questo modo acquistò influenza anche in Italia.
Un avvenimento importante fu l’avvento al trono dei Vandali nel 523 d. C., dopo la morte di Transamundo, di re Ilderico, figlio di Eudocia ed amico di Giustino. Egli battè una strada diversa dai suoi predecessori. Cessò sotto di lui la persecuzione degli ortodossi cui si erano dati Genserico e principalmente Unerico.

Ilderico spostò la sua politica verso l’impero d’Oriente; Amalafrida e i suoi Goti che erano stati i sostegni della politica precedente e dell’alleanza gotica, vennero eliminati.

Dopo ciò Teodorico decise di intervenire in Africa e si apparecchiò ad attaccare Ilderico. In questa stessa epoca egli ebbe delle difficoltà da superare suscitategli in Italia dai Romani che posero capo alla condanna e più tardi al supplizio del magister officiorum Boezio e di Simmaco iuniore (524 e 525 d. C.). Anche l’antagonismo religioso fra i Romani e i Goti seguaci dell’Arianesimo, si acuì per influenza dello zelo di Giustino a favore dell’ortodossia. Teodorico intercedette presso Giustino a favore degli Ariani d’Occidente ed ottenne infatti alcuni temperamenti.

Morte di Teodorico e lotte fra i barbari

Mausoleo di Teodorico, Ravenna
Mausoleo di Teodorico, Ravenna

Teodorico non arrivò a compiere la campagna progettata contro i Vandali; egli morì il 30 agosto 526 d.C. In origine egli aveva scelto a suo successore Eutarico, marito di sua figlia Amalasunta. Ma Eutarico era morto prematuramente, e cosi col consenso dell’imperatore fu posto sul trono suo figlio Atalarico, un fanciullo, sotto la tutela di Amalasunta. La morte di Teodorico ebbe effetti gravi.

La guerra contro i Vandali da un lato fu abbandonata e dall’altro cessò immediatamente l’unione fra Ostrogoti e Visigoti. Amalarico incominciò a regnare personalmente sui Visigoti e la Spagna tornò a staccarsi dall’ltalia. Ed ora i Franchi ripresero ad espandersi. Amalarico fu da loro sconfitto nel 531 d. C. e poco dopo perse il trono e la vita. Dopo ciò i Franchi ai volsero contro il Turingio Erminafrido, alleato e parente di Teodorico, lo sconfissero e distrussero il suo regno ; egli stesso vi rimase ucciso. Procedendo, attaccarono la Burgundia e si resero vicini immediati dell’Italia.

Nella stessa Italia, l’autorità regia divenne pericolante. È bel vero che il governo continuò con lo stesso sistema di prima, ma Amalasunta era di tendenze quasi più romane e inclinanti più verso l’impero che non verso i Goti; essa quindi incontrò nei Goti stessi una forte opposizione, contro la quale cercò tutela ed appoggio presso l’imperatore Giustiniano, nipote e successore di Giustino, che era salito al trono nel 527 d. C.

Giustiniano Imperatore

Giustiniano e il suo seguito. Mosaico dalla Basilica di San Vitale, Ravenna.
Giustiniano e il suo seguito. Mosaico dalla Basilica di San Vitale, Ravenna.

Giustiniano segna un’epoca importante nella storia dell’impero romano. Egli si è anzitutto acquistato un nome immortale con la nuova raccolta ed elaborazione delle fonti giuridiche, contenute nel suo Codice, nei Digesti e nelle Istituzioni, che fu compiuta nel periodo dal 529 al 533 d.C. e pubblicata con forza di legge. Egli fu un imperatore che concepì e portò ad esecuzione vasti disegni; una influenza notevole, una specie di correggenza, ebbe sua moglie l’Augusta Teodora, donna accorta ed energica che spesso gli fece anche opposizione.

Il Codice Giustiniano

Il Codice Giustiniano (Codex Justinianus) è una raccolta di leggi imperiali che vanno dal tempo di Adriano a quello di Giustiniano, nonché una revisione di precedenti testi giuridici emanati dagli imperatori romani. Lo scopo era quello di stabilire un codice unico, che fosse possibile studiare e applicare, poiché fino al tempo di Giustiniano (inizio del VI secolo ) l’organizzazione del diritto romano si trovava in uno stato caotico. Il Codice di Giustiniano era la prima parte dell’intero codice, che nel XVI secolo venne chiamato Corpus Iuris Civilis .

L’ispirazione per questo lavoro venne dal più stretto collaboratore di GiustinianoTriboniano, che poi intraprese la composizione di questa audace impresa. Nell’aprile 529, questo sforzo fu completato, risultando nel Codex Iustinianus. Esso era diviso in dieci libri e costituiva ora l’autentico Codice di leggi dell’Impero.

Questo lavoro era essenzialmente una sistematizzazione del materiale di vecchi codici e leggi, con l’intento di rimuovere le contraddizioni che esse avevano, ma senza eliminarle completamente. Dopo tre anni fu pubblicato il nuovo Codice, chiamato DigestumPandektis, e subito utilizzato dai giuristi dell’impero. Nel 534 fu fatta una nuova edizione, a cui fu dato il nome di Novellae ed esso era un supplemento al lavoro originale. Ciò fu necessario a causa delle riforme giuridiche dello stesso Giustiniano. La maggior parte delle nuove leggi di Giustiniano (al contrario del Codice, delle Pandectae e delle Institutiones, che furono scritte in latino ) furono redatti in greco.

L’importanza del codice 

L’importanza dell’opera, al di là della grande semplificazione delle leggi del diritto romano, sta nel fatto che essa costituiva essenzialmente un’armonizzazione delle istituzioni dello Stato e della Chiesa. All’interno di quest’opera è chiaramente visibile l’influenza della teologia politica della stessa Chiesa, poiché essa costituiva essenzialmente la base statutaria della teoria politica di Bisanzio. Nei testi risulta evidente che il corretto esercizio del potere politico presuppone il comune rispetto della legge divina. Con le stesse disposizioni, sono incluse nelle leggi dello Stato alcune leggi che si applicavano nella vita della Chiesa, con particolare riferimento alle norme dei Concili Ecumenici. Questa base statutaria per la convergenza delle due istituzioni era il risultato dell’inclusione del cristianesimo nelle strutture fondamentali della nuova visione del mondo romana, motivo per cui il codice giustinianeo rimarrà il centro di questa convergenza per tutta l’era bizantina.

A livello statale, il Codice evidenzia la posizione dell’imperatore come monarca assoluto, con potere legislativo, esecutivo e giudiziario illimitato.

Egli era amante della sontuosità e molti sono gli edifici da lui eretti in tutto l’impero, specialmente chiese, fra le quali occupa il primo posto quella di S. Sofia a Costantinopoli. Si studiò con zelo, e spesso con mezzi violenti, di stabilire l’unità della chiesa e del dominato e perseguitò gli eretici, sopratutto gli Ariani, allo stesso modo che i Pagani e gli Elleni.

Con l’abolizione dell’accademia platonica e delle scuole superiori di Atene, egli tolse all’antica religione l’ultimo sostegno riposto nella cultura. I Pagani, ancor numerosi specialmente nell’Asia Minore, vennero convertiti. Il suo trono corse pericolo nel 532 d. C. a causa della sollevazione delle fazioni del circo, coalizzate nella cosiddetta rivolta della Nica; in questa occasione molti degli edifici della capitale furono ridotti in cenere. Gli insorti acclamarono imperatore Ipazio, un nipote di Anastasio, e non poterono essere sopraffatti se non con grande fatica.

Lady Randolph Churchill, nelle vesti dell'imperatrice Teodora, nel 1897
Lady Randolph Churchill, nelle vesti dell’imperatrice Teodora, nel 1897

Teodora, imperatrice di Bisanzio

Teodora ( in greco : Θεοδώρα, Theodora ) (ca.  50028 giugno 548 ) fu un’imperatrice romana d’Oriente ,moglie dell’imperatore Giustiniano I.

Fonti storiche

La principale fonte di informazioni che abbiamo su di lei proviene dalle opere dello storico contemporaneo Procopio  dalle quali se ne ricavano tre immagini molto diverse. In Storie delle Guerre è ritratta come una coraggiosa imperatrice che salva il trono di Giustiniano. La Storia segreta , invece, è improntata da un fortissimo risentimento verso la coppia reale dove Giustiniano viene mostrato come un governatore crudele e incompetente e Teodora come una donna volgare dalla lussuria insaziabile. Infine, nel De aedificiis, egli scrive un panegirico sull’opera di Giustiniano e dell’imperatrice.

Biografia

Nata nell’anno 500 in una famiglia umile, Teodora era figlia di Acacio di Cipro, domatore o guardiano di orsi dell’Ippodromo di Costantinopoli per la fazione dei Verdi. Teodora divenne anche uno dei capi della cosiddetta fazione degli Azzurri di Costantinopoli, ma prima ancora fu danzatrice e attrice. Una delle sue sorelle si chiamava Comito

Alla morte del padre, quando Teodora aveva solo cinque anni, il nuovo patrigno non poteva più occuparsi della famiglia e così lei e le sorelle si guadagnarono da vivere come attrici di pantomime e Teodora, per la sua bellezza e licenziosità, divenne ben presto la beniamina del pubblico.

Secondo Procopio, che scrive nella Storia segreta, Teodora ebbe numerosi amanti per tutta la vita. Sembra che all’età di sedici anni, ella conobbe e inziò una relazione con Ecebolo, che era stato nominato governatore della Pentapoli libica, presso il quale rimase quattro anni e, secondo lo stesso autore, ebbe un figlio di nome Giovanni.Alla fine fu abbandonata dal suo amante e si stabilì ad Alessandriadove ebbe una conversione religiosa quando incontrò ilPatriarca Timoteo III , un devoto monofisita.

Intorno al 522 tornò a Costantinopoli dove adottò una vita virtuosa e si ritirò dal mondo in cui era cresciuta diventando una filatrice. Lavorando nei pressi del palazzo reale, il suo aspetto e la sua intelligenza attirarono l’attenzione di Giustinianoche era l’erede al trono nella linea di discendenza dallo zio Giustino I. Teodora fece innamorare il giovane principe, il quale la sposò intorno al 525 (dopo un pochi mesi prima la legge era stata modificata per consentire i matrimoni tra classi sociali diverse), nonostante l’opposizione di diversi membri della famiglia reale, tra cui l’imperatrice Eufemia, moglie di Giustino.

Morì di cancro il 28 giugno 548 e conservò l’amore del marito fino alla fine. Fu sepolta nella Chiesa dei Santi Apostoli, una delle tante che, insieme al marito, lei stessa aveva fondato. Aveva una sola figlia, il cui nome non ci è stato tramandato, e che morì prima.di lei. Giustiniano le sopravvisse per 17 anni.

Nella Chiesa ortodossa è considerata una santa e la sua festa viene ricordata il 14 novembre.

Imperatrice e consorte 

Nel 527 Giustiniano salì al trono e Teodorafu proclamata imperatrice e il marito la associò alla pari come collega nell’impero e pretese che il giuramento dei pubblici ufficiali fosse prestato nel nome di entrambi. Teodora si comportò con grande buonsenso e coraggio e fu di grande aiuto aGiustiniano I. Nella rivolta di Nika nel 532, il suo consiglio di rispondere energicamente ai ribelli salvò Giustiniano dall’esilio. Teodora si distinse nel difendere la tendenza monofisita, contrariamente a suo marito, che era un cristiano calcedoniano, e sostenne Giacomo Baradeo.

Paladina delle donne

Sostenne il diritto all’aborto e la revoca della pena di morte per le donne adultere, nonché la protezione sociale delle donne e delle ex prostitute. Secondo Procopio, Teodoratrasformò uno dei palazzi sullo stretto del Bosforo in un ampio monastero con un spazio per 500 donne per aiutarle a uscire dalla prostituzione. Era anche una sostenitrice dell’ampliamento dei diritti delle donne, specialmente nei casi di divorzio , rendendo più facile per loro essere proprietarie e disporre di strumenti legali per portare gli uomini in giudizio, in caso di stupro, sanzionando questo reato con la pena di morte e vietando l’abbandono dei bambini non desiderati. Tutte queste leggi o simili non avrebbero raggiunto molti paesi europei se non fino al Rinascimento.

La rifondazione dell’impero

Mappa dell'Impero di Giustiniano
Mappa dell’Impero di Giustiniano

L’imperatore si propose soprattutto il fine di ristabilire il dominio imperiale in Occidente; terminata nel 532 d. C. con una pace perpetua una guerra coi Persiani che occupò i primi anni del suo regno, approfittò delle circostanze favorevoli che gli si offrirono per condurre in porto il suo progetto. In primo luogo mosse guerra ai Vandali, guerra cui gli offrì occasione una nuova crisi del trono vandalo. Ilderico cioè, che aveva suscitato il malcontento fra i Vandali, fu detronizzato e sostituito da Geilamiro (Gelimero). Giustiniano intervenne a favore del re spodestato, e non avendo potuto ottenere il suo ristabilimento sul trono, iniziò la guerra.

La renovatio imperii (a volte restauratio imperiirenovatio imperii romanorum), o “rinascita (o restaurazione) dell’Impero”, è il progetto di rifondazione dell’Impero Romano formulato a più riprese sin dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidentee poi durante il Medioevo.

Il regno di Giustiniano fu segnato da una forte volontà di restauratio imperii, mirante alla riconquista dell’ex Impero Romano d’Occidente decaduto in seguito alle invasioni barbariche, al fine di riconquistare l’unità imperiale vigente di prima di Diocleziano. Tuttavia, è importante chiarire che dal punto di vista dei Romani d’Oriente, la deposizione di Romolo Augustolo da parte di Odoacre, che per noi segna di fatto la fine dell’Impero Romano d’Occidente, coincise con la restaurazione dell’unità imperiale, almeno in teoria se non in pratica. I bizantini infatti non si considerarono mai diversi dai romani (greco: Ρωμαίοι, Rhōmaioi), gli unici che potevano legittimamente rivendicare questo titolo. Loro stessi non avrebbero capito la denominazione di “bizantino”, un’invenzione occidentale, coniata 100 anni dopo la caduta degli ultimi resti di questo Impero, quando, del resto, Bisanzio era per loro solo una città greca e defunta da tempo. I bizantini invece chiamavano il loro regno βασιλεία τῶν ῥωμαίων ( Basileía thōn Rhōmaíōn , vale a dire: il Regno dei Romani). Non c’era quindi bisogno di restaurare ciò che ai loro occhi non era mai stato abolito, almeno non da quando le insegne imperiali d’Occidente furono trasferite a Costantinopoli nel 476.

Di conseguenza, il concetto di “renovatio imperii” applicato all‘Impero Romano nella sua versione bizantina consiste piuttosto nella messa all’obbedienza dei nuovi occupanti, considerati de jure come tributari dell’imperatore, degli ex territori imperiali, quando il basileus ebbe la possibilità, o anche solo il desiderio di imporsi come erede di un defunto Impero che sarebbe stato successivamente reclamato invece da Carlo Magno o dai feudatari del Sacro Romano Impero, cosa che fu sempre considerata un’usurpazione in Oriente, poiché, come abbiamo visto in precedenza, i Bizantini non si ritenevano i successori di Roma, ma come Roma stessa, anche dopo aver perso definitivamente la Città Eterna.

(dalla versione francese di Wikipedia)

La guerra contro i vandali

La signoria vandala si manifestò poco resistente; i conflitti, confessionali le persecuzioni contro gli ortodossi, avevano esacerbato i sudditi romani e la nazione dominante era rimasta molto indebolita dalle gravi perdite subite nelle guerre sostenute contro i Mauri. Nell’imminenza dell’attacco di Giustiniano si staccarono da Geilamiro Tripoli e la Sardegna.

Illustrazione di un medaglione che commemora la vittoria romana nella guerra vandalica, 535 circa. (fonte Wikipedia)
Illustrazione di un medaglione che commemora la vittoria romana nella guerra vandalica, 535 circa. (fonte Wikipedia)

L’imperatore aveva affidato il comando in questa guerra ad un generale sperimentato, il suo compaesano Belisario. Amalasunta agevolò l’impresa, concedendo che la spedizione si servisse come punto d’appoggio di Siracusa, d’onde Belisario passò in Africa con forze relativamente poco numerose, vinse i Vandali in due battaglie (533 d. C.), prese prigioniero Geilamiro e lo mandò a Costantinopoli insieme a moltissimi altri Vandali.

Le provincie africane tornarono in buona parte sotto il diretto governo imperiale; peraltro le due Mauretanie rimasero per la massima parte nelle mani di popolazioni indigene e l’Africa con l’annessa Numidia fu spesso turbata dagli assalti dei Mauri e da ripetute sommosse delle truppe.

La conquista dell’Italia

La caduta del regno dei Vandali aprì la via alla conquista l’Italia. La potenza dei Vandali era un sostegno per gli Ostrogoti e perciò Teoderico si ora studiato di stringersi il più saldamente possibile con loro ed aveva saputo in complesso mantenere buone relazioni.

Mappa della guerra vandalica
Mappa della guerra vandalica

E per conseguenza l’aiuto accordato da Amalasunta a Belisario, aveva incontrato in Italia fra i Goti una decisa riprovazione. Essi si erano impossessati in Sicilia di Lilibeo e con ciò avevano dato all’imperatore l’occasione di muover proteste.

Lo scoppio della guerra fu causato da conflitti dinastici verificatisi in seno alla famiglia reale. Il 2 ottobre 534 d.C. morì il re Atalarico ed Amalasunta assunse a regnare insieme con lei Teodato, figlio di una sorella di Teoderico, il quale poco tempo dopo (primavera del 535 d.C.) la fece imprigionare ed uccidere.

A questo punto Giustiniano mosse guerra ai Goti da due parti, e di fronte a questo attacco i Goti si manifestarono mal preparati e furono mal guidati; Amalasunta deve aver trascurato le cose dell’esercito e Teodato fu un condottiero indeciso, incerto. Si aggiunga che la popolazione romana, specialmente i possidenti e la Chiesa, favorirono dappertutto l’esercito imperiale.

La guerra greco-gotica

Nello stesso anno, il 535 d. C., furono rapidamente conquistate la Dalmazia e la Sicilia. Dalla Sicilia, Belisario, dopo aver sedato una sommossa scoppiata in Africa, passò nella bassa Italia. L’esser padrone del mare gli conferì una decisiva preponderanza; egli si avanzò sino a Napoli che assediò e prese. Teodato che si trovava a Roma fu deposto dall’eribanno dei Goti ed in sua sostituzione fu proclamato re Vitige, che sposò la figlia di Amalasunta, Matesuonta. Ma egli non potè impedire che Roma aprisse le porte a Belisario (9/10 dicembre 536 d. C.).

Prima fase della Guerra Greco-gotica. Fonte: Wikipedia
Prima fase della Guerra Greco-gotica. Fonte: Wikipedia

Vitige radunò tutte le forze disponibili, si premunì contro un possibile attacco dei Franchi cedendo loro la Gallia meridionale e tentò con forze superiori di riprendere Roma, ma dopo un lungo assedio che gli arrecò gravi perdite, fu costretto a ritirarsi (marzo del 538 d. C.) e si trovò ridotto alla sola Italia superiore ove era domiciliata la massa principale dei Goti. Quivi la lotta si protrasse ancora per lungo tempo; nel 538 e 539 d. C. vi si ingerirono anche i Franchi a favore dei Goti. Ma essi si mostrarono degli alleati problematici, che proposero a Vitige di dividere l’Italia. Sulla fine del 539 d. C. cominciò l’assedio di Ravenna dal lato di terra e di mare, ed essa dopo lunghe trattative dovette alla fine arrendersi a Belisario (540 d. C.). Vitige venne condotto a Costantinopoli, ove poco dopo morì.


Con ciò peraltro i Goti non erano ancora definitivamente domati. Nel 539 d. C. poi scoppiò in Oriente una nuova guerra coi Persiani, che cominciò con l’invasione in Siria del re Cosroe, continuò poi sino al 545 d. C. nella Mesopotamia, e da ultimo sino al 551 d. C. nel Caucaso; essa non terminò che nel 562 d. C. con la conclusione di una pace di cinquanta anni, pace nella quale Giustiniano in compenso di altre concessioni si obbligò a pagare un tributo annuo. Belisario nel 540 d.C. fu richiamato con le sue migliori truppe in Oriente a causa della guerra persiana e ben poco si potè fare riguardo all’Italia; di modo che la guerra coi Goti riprese. Subito dopo la partenza di Belisario infatti, risollevarono la testa nell’Italia superiore alcuni capi gotici, e sopratutto Totila riportò notevoli successi; questi era un guerriero valoroso ed intelligente e nel 541 d. C. le soldatesche gote lo acclamarono re, ed egli trovò anche nel basso popolo dell’Italia molto favore e molti accorsero sotto le sue bandiere.

I goti si riprendono lo stivale…

Mappa della Guerra Greca Gotica in Giovanni
Mappa della Guerra Greca Gotica in Giovanni

Totila occupò quasi tutta l’Italia, prese Napoli (543 d.C. ) e dopo un lungo assedio, Roma (l.° dicembre 546 d. C.). Belisario, che venne inviato nuovamente in Italia nel 543 d. C., non riuscì a fare gran che; potè bensì riacquistare Roma, ma l’insufficienza delle truppe e la discordia fra i generali imperiali non permise di arrivare ad alcun risultato; Belisario nel 548 d. C. fu quindi richiamato, Totila rioccupò Roma (549 d. C.), formò una flotta, conquistò gran parte della Sicilia ed occupò temporaneamente persino la Corsica e la Sardegna. La sola Ravenna ed alcune piazzeforti marittime rimasero in mano all’imperatore.

…e Giustiniano riconquista tutto di nuovo

Soltanto nel 550 d.C., quando finì la guerra persiana, Giustiniano ebbe modo di imprendere una campagna con maggior copia di mezzi. Dapprima venne riconquistata la Sicilia (551 d. C.). La condotta dell’offensiva dal Nord fu affidata al nipote dell’imperatore, Germano, marito di Matesuenta; morto costui per via, gli successe l’eunuco Narsete, che aveva già partecipato alla prima campagna di Belisario, un generale capace ed energico. Egli radunò anzitutto un grande esercito, in cui accanto ad altri barbari si trovava una grossa mano di mercenari longobardi. Poi penetrò por la via di terra in Italia, raggiunse Ravenna e di qui marciò, su Roma.

Totila lo fronteggiò presso Busta Gallorum (nelle vicinanze di Tadinae in Umbria), ma rimase sconfitto e lasciò la vita sul campo (552 d. C.). Narsete riprese Roma. Però anche dopo questa vittoria decisiva, alcune schiere di Goti continuarono ad opporre resistenza. Levarono
sugli scudi a Ticiuum, il guerriero Teja; questi penetrò ancora una volta molto avanti nella bassa Italia, dove trovò la morte nella battaglia combattutasi sul Sarno nella Campania (553 d.C.)

Gli ultimi residui della lotta si trascinarono sino al 555 d. C. In questa ultima parte della guerra intervennero anche i Franchi, il cui aiuto già Totila si era guadagnato concedendo loro una parte della Venezia.

Un’orda di guerrieri franchi ed alamanni fece nel 554 d.C. una irrruzione devastatrice in Italia e vi si spinse fino all’estremo mezzogiorno; ma gran parte di essa fu distrutta mentre tornava indietro.

Situazione dell’Italia

La prefettura del pretorio d'Italia, suddivisa in province.
La prefettura del pretorio d’Italia, suddivisa in province.

L’Italia, che aveva terribilmente sofferto per le guerre durante un ventennio, fu dopo ciò riorganizzata a provincia imperiale da Narsete e da lui governata.

I suoi confini giungevano sin entro le Alpi, a nord all’incirca sino a Brixen, verso nord-est sino al Friuli. Ma il dominio imperiale non oltrepassò la cresta delle Alpi e le provincie danubiane andarono definitivamente perdute; la Pannonia era stata concessa da Giustiniano ai Longobardi, la Gallia meridionale andò col suo consenso ai Franchi.

Un sogno effimero

L’imperatore riuscì per vero in occasione di una lotta di successione al trono visigoto, a passare dall’Africa nella Spagna ed a riprender piede in questo paese; ma nella realtà il suo possesso si limitò quivi ad alcune città e regioni della Spagna meridionale, come Corduba, Cartagine Nuova e Malaca oltre le Baleari.

Ad una riconquista dell’Occidente su vasta scala le forze dell’Oriente romano non erano ormai più sufficienti. Già la sottomissione dell’Italia e dell’Africa le aveva ridotte allo stremo; i sudditi erano oppressi dalle imposte. Giustiniano stesso ebbe a sentirne le conseguenze, ed anche più di lui i suoi successori. Il confine danubiano non potò essere difeso come era necessario. Ripetutamente, ad esempio nel 549 e nel 559 d. C., orde di barbari, Bulgari e Slavi, irruppero e dilagarono, devastandola, nella penisola Balcanica. Quanto agli Avari, che allora si stanziarono a nord del Danubio, l’imperatore li prese al suo servizio versando loro un tributo annuo.

Giustiniano e la Chiesa

Nella seconda metà del suo regno Giustiniano ebbe molto da fare per ragioni riguardanti la Chiesa. Egli era il capo religioso al pari che dello Stato e la sua legislazione abbraccia anche gli interessi ecclesiastici. Egli si sforzò di stabilire l’unità del dogma non soltanto in Oriente, ma anche in Occidente, ed in particolare di trovare una formula che conciliasse in Oriente i numerosissimi monofisiti con gli ortodossi, formula che egli fece accettare da un concilio tenutosi a Costantinopoli (553 d. C.). Anche il vescovo di Roma, il quale dalla caduta del regno ostrogoto era alla dipendenza dell’imperatore, dovette adattarvisi. Ma lo scopo desiderato non fu raggiunto; nell’Occidente si manifestò subito una viva opposizione, ed anche in Oriente la lotta si riaccese e provocò sotto i suoi successori perturbazioni che furono molto dannose all’impero.

Giustiniano e Teodora contro il tifo violento e gli Ultrà

La rivolta di Nika (in greco: Στάση του Νίκα) fu una rivolta avvenuta nel 532 a Costantinopoli, dopo che l’imperatore Giustiniano I salì al potere nel 527.

Situazione sociale 

La situazione sociale era molto instabile con la popolazione divisa in due fazioni, la fazione dei verdi e quella degli azzurri, proto-partiti politici o bande o fazioni di veri e propri ultrà di tifoseria violenta, come ai giorni nostri avviene nel mondo del calcio, che seguivano diversi rami della teologia cristiana. La fazione verde era composta per lo più dalla classe aristocratica e seguiva il ramo monofisita , mentre la fazione azzurra era composta dalla classe degli operai, artigiani e mercanti e seguiva il cristianesimo calcedoniano. Spesso le due fazioni si sono scontrate in violente rivolte.

La rivolta

Quando Giustiniano salì al potere, intraprese diverse guerre per recuperare i territori romani in Europa, persi secoli prima nelle invasioni degli Ostrogoti e dei Vandali. Per ottenere denaro per finanziare queste campagne, il ministro delle finanze, Giovanni di Cappadocia, introdusse fino a 26 nuove tasse che colpirono, principalmente la classe alta. Ciò fece crescere la rabbia nei confronti della coppia reale, Giustiniano e Teodora, a causa delle alte imposte e delle dure repressioni dell’imperatore degli scontri tra azzurri e verdi.

I seguaci della fazione verde si sentivano respinti dalla coppia reale mentre quelli della fazione azzurra, solitamente favoriti da Giustiniano e Teodora, credevano di aver perso il protezione imperiale. Tutti questi eventi portarono a una ribellione nell’ippodromo della capitale dell’Impero Romano d’Oriente dove i seguaci delle due fazioni iniziarono a gridare Níka (in greco ‘vinci’,grido con cui il popolo era solito incitare i propri campioni nelle corse di carri) in sfida ai loro governanti. Presto una folla scese per le strade della città bruciando tutti gli edifici sul proprio cammino, inclusa la chiesa dove l’imperatore e l’imperatrice si erano sposati, e arrivando a proclamare Ippacio, nipote di Anastasio I, nuovo imperatore.

Giustiniano e i suoi ufficiali si stavano preparando a fuggire quando sua moglie, Teodora, oggi santa per la Chiesa ortodossa, si oppose e li incitò a reprimere la rivolta. Giustiniano, incoraggiato dalla forza della moglie, ordinò ai suoi fidati generali, Belisario e Mundo, di attaccare i ribelli, entrando con le sue truppe nell’ippodromo, dove essi massacrarono circa 30.000 persone (il 10% della popolazione della città), compreso il pretendente alla trono Flavio Ippacio.

Un'illustrazione dal libro Child's Book of Warriors, di William Canton, 1912 che raffigura un angelo che mostra a Giustiniano, in una visione, un modello di Santa Sofia. La cattedrale era bruciata durante una sommossa; quindi Giustiniano l’avrebbe ricostruita una ancora più bella.
Un’illustrazione dal libro Child’s Book of Warriors, di William Canton, 1912 che raffigura un angelo che mostra a Giustiniano, in una visione, un modello di Santa Sofia. La cattedrale era bruciata durante una sommossa; quindi Giustiniano l’avrebbe ricostruita una ancora più bella.

Morte di Giustiniano e inizio dell’Impero Bizantino

Il 14 novembre 565 d. C. Giustiniano morì; già il suo successore Giustino II non fu in grado di mantenere ciò che era stato conquistato; l’Italia fu presa in gran parte dai Longobardi, i quali, alleati un tempo di Narsete contro i Goti, abbandonarono le loro sedi nella Pannonia, emigrarono in Italia (56S d. C.). e in pochi anni ridussero in loro potere l’Italia superiore e gran parte dell’Italia media, riducendo la signoria imperiale alla bassa Italia, a Ravenna ed a Roma col suo circondario. Essi non poterono più essere rimossi dalla penisola e ruppero così il collegamento fra l’Oriente romano e l’Occidente più lontano. Aggiungi che poco dopo (dal 581 d. C.) i Bulgari e gli Slavi si insediarono a mezzogiorno del Danubio e precipuamente in tutto il nord-ovest della penisola Balcanica; il triangolo illirico, cadde in mano degli Slavi, tuttora pagani, e ciò gettò una profonda muraglia fra le due parti principali del mondo cristiano ed incivilito d’allora, tra l’Occidente latino e l’Oriente greco; giacché a datare da Giustiniano, Costantinopoli comincia a diventare completamente greca; la lingua latina va cedendo il posto alla greca come lingua ufficiale.

La Santa Sapienza di Dio

Santa Sofia o Hagia Sophia (in greco: Ἁγία Σοφία, che significa la Santa Sapienza – sottointeso “divina” ) è un edificio religioso situato nel Bosforo orientale di Istanbul, in Turchia. In origine era una cattedrale bizantina ortodossa orientale e fu trasformata in una moschea dopo la caduta dell’Impero bizantino. Le pareti e il pavimento dell’edificio sono di epoca tardoantica e le decorazioni, tra cui mosaici e affreschi, sono per lo più di epoca medievale.

Cattedrale

Hagia Sophia è stata la terza chiesa costruita in questo luogo. Fu edificata tra il 532 e il 537 come cattedrale di Costantinopoli, la capitale dell’Impero Romano d’Oriente durante la tarda antichità. L’imperatore bizantino Giustiniano il Grande ne ordinò la ricostruzione dopo che durante la rivolta di Nika, la chiesa era stata distrutta quasi completamente. Gli architetti furono Antemio di Tralle e Isidoro di Mileto. Lo storico greco Procopio è la nostra fonte sulle fasi della costruzione di Hagia Sophia. Il tetto dell’edificio (una grande cupola) è crollato ed è stato ricostruito più volte nel tempo. Un terremoto nel 994 danneggiò l’edificio, che fu ricostruito da Trdat, architetto armeno.

Hagia Sophia fu utilizzata come cattedrale ortodossa orientale fino al 1453, tranne durante l’Impero latino quando fu trasformata in una cattedrale cattolica romana.

Moschea

Nel 1453, dopo la caduta di Costantinopoli, il sultano ottomano Mehmed il Conquistatore trasformò Hagia Sophia in una moschea.

Essa divenne un museo nel 1935 dopo la decisione del governo turco laicista, sotto Kemal Atatürk, nel 1934. Nel luglio 2020, il governo turco islamista, sotto Tayyip Erdoğan, ha ordinato che la Basilica di Santa Sofia fosse riconvertita in moschea a seguito dell’annullamento da parte della corte suprema di una sentenza del 1934 con decreto presidenziale che ne aveva fatto un museo.

La Basilica di Santa Sofia ad Instanbul
La Basilica di Santa Sofia ad Instanbul

L’occidente romano-barbarico

Nelle provincie europee dell’Occidente romano erano ovunque penetrati i Germani e se ne erano insignoriti. Per l’ulteriore evoluzione ebbe molta importanza il fatto che questo predominio germanico si era venuto preparando da lunga mano. Specialmente a datare da Costantino il Grande, i Germani ed altri barbari avevano in misura ognor crescente, trovato adito nell’amministrazione imperiale e nell’esercito; essi ebbero così il tempo di familiarizzarsi con la vita romana e con le forme dello Stato e del diritto romano.

Particolarmente i Goti, date lo loro lunghe relazioni con l’impero romano, avevano giù raggiunto un notevole grado di incivilimento. Essi si appropriarono della scrittura greca e seppero crearsi una lingua scritta con la traduzione della Bibbia di Vulflla.

Roma Aeterna

Molti Goti seppero assorbire la cultura romano-ellenica del tempo. Fu così che il passaggio della signoria sull’Occidente dai Romani ai Germani non portò la completa distruzione dell’antico incivilimento, che modificò relativamente poco le condizioni generali.

Importantissimo fu per tal risultato il fatto che i barbari, entrando a far parte dell’Impero romano, abbracciarono il Cristianesimo. È vero che perlopiù seguirono la confessione Ariana, come i Goti e i Vandali, ma ad ogni modo erano Cristiani lo stesso, condivisero la fede dei Romani e risparmiarono le chiese ed i sacerdoti, cosa che si vide già nei saccheggi di Roma compiuti da Alarico e Genserico.

L’unità interna dell’impero romano, la coscienza cioè dei vari popoli di non esser estranei l’uno all’altro, non rimase neppure completamente distrutta dal loro distacco da un unico organismo statuale.

All’imperatore rimase tuttora una preponderanza ideale ed inoltre egli continuò a dominare effettivamente su gran parte dell’Italia.

Il sentimento unitario fu sopratutto alimentato dalla comunanza del diritto e della religione.

Il vescovo di Roma, riconosciuto come il primo fra i vescovi della Chiesa comune, subentrò sotto vari riguardi al posto dell’imperatore d’Occidente e mantenne vivo il legame di Roma anche in paesi lontani e prima divenuti estranei all’impero come la Britannia.

Questo sentimento unitario si perpetuò poi nel Medioevo, portò al ristabilimento della dignità imperiale nell’Occidente con Carlo Magno e suoi successori e formò il ponte che unisce l’impero romano coi tempi nostri. Non spetta a noi qui peraltro narrare le sorti ulteriori dell’Occidente.

Roma Aeterna, illustrazione di Derick Batista (derick_batista31.artstation.com)
Roma Aeterna, illustrazione di Derick Batista (derick_batista31.artstation.com)

(Tratto da “Manuale Di Storia Romana”, di Benedikt Niese, 1910 con aggiunte e integrazioni)

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L'Impero Bizantino, chiamato all'epoca Impero Romano d'Oriente, era la parte orientale dell'Impero Romano che sopravvisse per tutto il Medioevo. La capitale dell'impero era Costantinopoli, che sarebbe stata poi rinominata Istanbul dopo la conquista ottomana. Il greco era la lingua più importante dell'Impero bizantino. La cultura e l'identità greca furono d'altronde una parte molto importante dell'Impero bizantino. Nell'800, papa Leone III incoronò Carlo Magno imperatore dei Romani, cosa che suscitò l'indignazione dell'imperatore bizantino, che riteneva di essere l'unico legittimo imperatore romano. I rapporti tra il papa di Roma e il patriarca di Costantinopoli divennero così molto tesi. Nel 1054, il Grande Scisma divise la cristianità in due fazioni principali: la Chiesa cattolica romana e la Chiesa ortodossa orientale. I Bizantini promossero l'ortodossia nei Balcani e nelle terre slave orientali, mentre il cattolicesimo guadagnò proseliti nell'Africa nord-occidentale e nell'Europa occidentale.

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