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LA GUERRA DI TROIA – 33 – FILOTTETE

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Calcante disse che Eleno, figlio di Priamo, che era anche un indovino, conosceva gli oracoli che proteggevano la città. Così i Greci lo catturarono e lo obbligarono a dire in quali condizioni avrebbero potuto prendere Troia. Eleno predisse che per la presa di Troia era necessario trovare le ossa di Pelope, rubare la statua troiana di Pallade Atena (detta Palladio) e che Neottolemo, figlio di Achille, partecipasse alla guerra. I greci ad assolvere a tutti e tre gli obblighi. Neottolemo era sull'isola di Sciro, e così i greci lo rintracciarono.
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Il recupero di Filottete

Cosa più difficile fu il compimento della seconda condizione per la conquista di Troia, dettata dalla profezia di Eleno, visto che l’arco e le frecce di Eracle erano allora in possesso di Filottete, che come abbiamo già detto, i Greci abbandonarono a Lemno, non curandosi del suo dolore per la ferita riportata al piede.

Le micidiale frecce date a lui da Eracle in persona, erano state immerse nel sangue dell’Idra, un mostro che l’eroe aveva ucciso durante una delle sue fatiche. Questo sangue rendeva le punte delle fecce velenose, così che le ferite che con esse venivano inflitte risultavano poi fatali. 

Filottete si trovava con i suoi compatrioti ad Aulide quando i greci salparono per Troia, ma fu morso al piede da un serpente e l’odore della sua ferita era diventato così nauseabondo, che i suoi compagni non potevano sopportarlo. Egli era fu quindi lasciato indietro, su consiglio di Ulisse, e per questa ragionera dunque pieno di rancore nei confronti dei greci.

Lontano in un’isola, soffrendo atroci dolori,
– La sacra isola di Lemno. Là i Greci
Lo lasciarono, torturato da una ferita velenosa
Inflitta dai denti di un serpente. Egli giaceva e si struggeva.

Omero, Iliade , Libro II

Filottete nell'Isola di Lemno, Guillaume Guillon-Lethière, 1798

Filottete nell’Isola di Lemno, Guillaume Guillon-Lethière, 1798

Nonostante ciò, Odisseo, accompagnato da Diomede (o come altri dicono, da Neottolemo), si recò a Lemno, e trovarono Filottete nella stessa grotta dove lo avevano lasciato dieci anni prima. La ferita non era ancora rimarginata, ed egli aveva sofferto molto, dovendo anche trovarsi da solo i mezzi per la propria sussistenza.

Esposto al cielo inclemente,
Abbandonato e sconsolato giace;
Nessun amico o compagno di sventura lì,
Per lenire i suoi dolori e dividere le fatiche.

Sofocle, Filottete

Ancora infuriato per il precedente maltrattamento nei suoi confronti, Filottete dapprima rifiutò la richiesta dei due capi. La loro missione sarebbe fallita se Eracle stesso non gli fosse apparso in sogno e gli avesse consigliato di andare a Troia, rivelandogli che la sua ferita sarebbe stata sanata dal famoso medico Macaone, uno dei figli di Esculapio. Solo allora l’arciere accettò di venire via insieme ad Odisseo e Diomede. Al suo arrivo al campo greco il grande medico lo guarì gettandolo in un sonno profondo e tagliando via la pelle incancrenita dal piede ferito. Filottete si risvegliò in perfetta salute e pieno di forze, si riconciliò anche con Agamennone e subito si unì ai suoi concittadini nella guerra, deciso a fare buon uso delle sue frecce fatali.

(Libera riduzione e traduzione da Michael Clarke, The Story of Troy, 1897)

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Con l'arco di Eracle, Filottete scoccò una freccia mortale contro Paride. Alcune versioni suggeriscono che il principe sia morto sul campo di battaglia, altre che sia riuscito a fuggire ferito e che abbia inviato un emissario alla dimora del suo primo amore, Enone, l'unica che avrebbe potuto salvarlo. Secondo questa versione, la ninfa all'inizio si rifiutò di curarlo, ma pentita andò a cercarlo senza arrivare in tempo: Paride era già morto. Fu allora che Enone si suicidò gettandosi sulla pira in cui fu cremato il suo amore.

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