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LA GUERRA DI TROIA – 35 – IL PALLADIO

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Con l'arco di Eracle, Filottete scoccò una freccia mortale contro Paride. Alcune versioni suggeriscono che il principe sia morto sul campo di battaglia, altre che sia riuscito a fuggire ferito e che abbia inviato un emissario alla dimora del suo primo amore, Enone, l'unica che avrebbe potuto salvarlo. Secondo questa versione, la ninfa all'inizio si rifiutò di curarlo, ma pentita andò a cercarlo senza arrivare in tempo: Paride era già morto. Fu allora che Enone si suicidò gettandosi sulla pira in cui fu cremato il suo amore.
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Il Palladio

Rimaneva, tuttavia, per i greci la terza e ultima condizione per conquistare Troia: la presa del Palladio; un compito non facile da svolgere. Odisseo, riuscito già nelle altre due, e attirato dalla maggiore difficoltà della nuova avventura, propose di rubarlo, entrando lui solo entro le mura di Troia travestito da mendicante, come prima misura per sapere dove si conservasse la statuetta.

L’uomo dalle mille astuzie, avendo assunto le sembianze di un vecchio e misero mendicante, con addosso i segni delle ferite che si era auto inflitto, una volta introdottosi di soppiatto in città, non fu riconosciuto da nessuno. Andò infatti alla porta Scee e pregò le guardie di farlo entrare. Disse loro che era uno schiavo greco e che desiderava sfuggire al suo padrone che lo aveva crudelmente maltrattato. Le guardie, credendo alla sua storia, gli permisero di entrare in città.

“Si era procurato
Segni di frustate, e sulle spalle si gettò
vili vesti come quelle d’uno schiavo, ed entrò così
nella città del nemico, camminando per le sue ampie strade.
Un altro uomo pareva in quel travestimento -.
un mendicante, non un capo della flotta achea
tanto diverso era il sembiante che portava.
Entrò in Ilio così trasformato, e nessuno
sapeva chi fosse colui che ora passava”.

Omero, Odissea, Libro IV

Odisseo e Diomede rubano il Palladio, Gaspare Landi,1783
Odisseo e Diomede rubano il Palladio, Gaspare Landi,1783

Ma Elena, capitando per caso in un luogo vicino al palazzo del re, dove il finto mendicante si era seduto a riposare, lo riconobbe immediatamente. Egli le fece cenno di tacere, pensando che se Paride era ormai morto, Elena forse era tornata a schierarsi con i Greci, desiderando che prendessero Troia, in modo così ella che potesse tornare da Menelao, al suo paese. In questo Odisseo aveva ragione e lei si rivelò quindi un valido alleato, come apparve ben presto, e come dichiarò la stessa Elena anni dopo, raccontando al figlio dell’eroe, Telemaco, la storia dell’avventura del re di Itaca entro le mura di Troia.

“Perché io già desideravo
la mia vecchia casa, e deploravo profondamente
la malvagia sorte che Afrodite mi portò,
e che mi condusse là, via dalla mia cara terra”.

Omero, Odissea, Libro IV

Elena passò oltre senza dire una parola, ma la sera stessa mandò lì una delle sue ancelle per condurre di nascosto Odisseo nel suo appartamento, nel palazzo. Lì la donna espresso tutta la sua gioia nell’incontrare il suo connazionale e dopo averlo accolto ospitalmente, ascoltò con interesse il suo piano.

Quindi Elena stessa rivelò poi ad Odisseo i movimenti dei Troiani, dove si trovasse il Palladio e come ottenerlo. Avendo così ottenuto le informazioni che desiderava, Odisseo riuscì a tornare inosservato all’accampamento greco. Dopo pochi giorni si introdusse nuovamente a Troia, accompagnato questa volta dal fido Diomede. Entrarono in città scavalcando le mura, e Diomede poi, arrampicandosi sulle spalle di Odisseo, entrò nella cittadella. 

Qui, seguendo le indicazioni date da Elena, trovò la famosa statuetta, e lui e il suo compagno la portarono via dai sacri recenti fino alle navi, e tutti i greci si rallegrarono del successo dell’impresa. La terza ed ultima condizione per conquistare Troia, era stata soddisfatta.

(Libera riduzione e traduzione da Michael Clarke, The Story of Troy, 1897)

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L'assedio dei Greci stava entrando nel suo decimo anno, quando Odisseo escogitò lo stratagemma che avrebbe deciso la guerra. Apparentemente abbandonando l'assedio, i Greci lasciarono un enorme cavallo di legno costruito da Epeio , nel cui ventre si nascondevano alcuni Greci al comando di Ulisse. I greci lasciarono Sinone, che convinse i Troiani dell'autenticità del dono. Sebbene la veggente Cassandra, sorella di Ettore e Paride, li avesse avvertiti, i Troiani trascinarono il cavallo fuori dalle mura della città e crearono una breccia nelle loro mura inespugnabili, poiché il cavallo era troppo alto per le porte della città. Dopo che i Troiani ebbero celebrato la loro vittoria, i Greci nascosti nel cavallo poterono aprire inosservati la porta della città e farvi entrare l'esercito greco di ritorno.

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